VIVERE

3° CAPITOLO


PRIMA PARTEQuella sera aspettai il ritorno di Fabio con tanta ansia nel cuore, per l’occasione preparai una bella cenetta e deposi quella lettera adorata sotto le sue posate, volevo godermi la sua sorpresa e forse anche qualche gesto di tenerezza da parte sua, ero proprio affamata di tenere attenzioni!E soprattutto di comprensione!Tutto questo fu solo fantasia! La sua totale freddezza nei miei confronti, il suo dare per scontato che il figlio sarebbe comunque arrivato e che io non avevo fatto nulla di eccezionale, mi riportarono alla cruda realtà.La delusione aveva allungato la sua enorme mano cancellando tutta la mia gioia facendola sbiadire in un rancore sordo e livido, avevo dentro tanta rabbia, però mi feci forza pensando che la rabbia sarebbe stata una reazione da debole ed io volevo essere forte in nome di quel meraviglioso dono che mi portavo dentro, che cominciava a dare colore e sapore alla mia esistenza.Avrei voluto condividere con lui quella meravigliosa emozione, ma forse era una cosa solo mia, io che pur essendo ancora una bambina, assaporavo già la gioia di diventare mamma, non potevo permettere a nessuno e tantomeno a lui di portami via questo privilegio.Trascorsero tre mesi da quel giorno e nonostante il clima di indifferenza che si era creato tra me e Fabio, nel mio cuore c’era una energia vitale, la mattina mi recavo al lavoro e il pomeriggio lo dedicavo completamente al mio sogno, avevo negli occhi la luce della speranza, quel bambino era per me come un bicchiere d’acqua nel deserto, mi sentivo come un albero rigoglioso avvolto dall’autunno ma che stava preparando in silenzio i germogli di nuove foglie, e con gioia pensavo! O forse semplicemente mi illudevo! Che sicuramente la nascita di quel bambino avrebbe cambiato Fabio! Mi rallegravo e immaginavo già di sentire la sua vocina che rallegrava le nostre giornate spente.Una sera Fabio non fece ritorno a casa, seppi solo a notte inoltrata che era stato arrestato poiché in passato non si era mai presentato al servizio di leva.Fu un duro colpo, ma la mia vita in quei tre mesi della sua assenza non cambiò più di tanto, avevo solo più tempo per sognare, andai anche a fargli visita al carcere militare dove lo trovai molto cambiato, tanto da farmi tenerezza e insieme facemmo mille progetti per il suo ritorno e per la nascita del bambino.Mancavano ormai pochi giorni al suo ritorno, sentivo dentro un’emozione dolce e amara allo stesso tempo; dolce, per il gran dono che mi portavo dentro, amaro perché non credevo alle sue promesse! Avevo però un gran bisogno di credergli!Ero assorta in questi pensieri, quando improvvisamente qualcuno spalancò con violenza la porta della cucina facendomi sussultare, era mia suocera in compagnia di mia cognata Liliana e la cosa non faceva presagire niente di buono.Infatti mi si avvicinò con tono minaccioso e gesticolando con le mani quasi volesse colpirmi, disse:-Sei una disgraziata! Hai parlato male di mia figlia Liliana! Riferirò tutto a tuo marito! Così andrai dritta al cimitero! Lui se ne andrà in galera e “questo” (puntandomi il dito sul pancione) resterà un figlio di puttana!Mi rifiutavo nel modo più categorico di credere alle mie orecchie, era veramente troppo! Anche perché non sapevo di cosa stesse parlando, avrei voluto chiedere il perché di tanta ferocia ma non feci in tempo perché improvvisamente mi si annebbiò la vista e caddi priva di sensi, quando rinvenni, non c’erano più.Dio mio! Come aveva potuto trattarmi in quel modo!E lasciarmi per terra senza preoccuparsi dello stato in cui mi trovavo!Sentivo la testa pesante e le gambe tremanti per cui mi sdraiai a fatica sul letto, cercai di addormentarmi, ero agitata e nello stesso tempo impotente, ero totalmente sopraffatta dal quell’evento terribile quando all’improvviso vidi una sposa al centro della stanza che mi fissava con occhi crudeli ma coperti da un lunghissimo velo, il terrore di quella visione mi paralizzò letteralmente, non riuscivo neppure a muovermi, sentivo una compressione al petto ed il respiro affannoso, e quando finalmente riuscii a lanciare un urlo lacerante, mi resi conto che avevo semplicemente sognato.Non tanto semplicemente! Era un incubo! Che perdurò per tutta la settimana, puntualmente di notte, sempre alla stessa ora, e sempre la stessa sposa! Che pur essendo in abito bianco calzava scarpe da contadino, insomma ogni mattina mi svegliavo con il terrore negli occhi e con una angoscia stressante nel cuore, e questo fino al ritorno Fabio.Il ritorno di Fabio tanto atteso, non migliorò per niente la situazione, infatti quando arrivò a casa era livido in volto, agitato, pronto ad esplodere, sembrava essere stato imbottito di tritolo e, pensando che fosse passato prima da sua madre, gli chiesi con tono sommesso:-Come mai non sei corso subito ad abbracciarmi?-Abbiamo tante cose da raccontarci!-Ecco come ti abbraccio! (mollandomi una sberla che mi fece girare su me stessa)-Come ti sei permessa di mancare di rispetto a mia madre? E sparlare di mia sorella?-Da oggi in poi non parlerai più con tua madre! E poiché abbiamo deciso che partorirai in casa, guai a te se ti azzardi a farla salire!Restai paralizzata da quelle parole, pensavo a “l’ABBIAMO DECISO” quindi senza neppureascoltarmi, lui e sua madre avevano deciso la mia punizione! E per quale reato! Io ero innocente! Possibile che la persona con la quale avrei voluto vivere la mia più bella favola, non riusciva neppure a leggere nei miei occhi le mie emozioni? Il suo sguardo accusatorio mi confondeva, mi toglieva ogni sicurezza, non parliamo poi dei silenzi che ci furono nei giorni a seguire, silenzi che riuscivano a ferirmi più di ogni altra cosa, che mi facevano sentire inadeguata, incapace, colpevole, mi toglievano la forza di ribellarmi, il mio forte desiderio di essere amata, compresa, mi rendeva schiava e mi induceva a subire.Mancavano due mesi al parto, per fortuna ero già in maternità e quindi potevo fare a meno di uscire, incontrare mia madre o chiunque altro mi avrebbe procurato un forte disagio perché avrei dovuto mentire, si, era questa purtroppo la triste realtà, mi vergognavo di far sapere agli altri che nonostante tutto,continuavo ad amare e a stare insieme a quella persona, dalla quale avrei invece dovuto difendermi.Il giorno tanto atteso del parto arrivò e fu a dir poco, traumatizzante, penso proprio che non lo dimenticherò fino alla fine dei miei giorni.Ero sola con il mio dolore, non fecero sapere niente a mia madre nonostante l’ostetrica (mia madrina di cresima) continuasse a chiederne la presenza.Accanto a me c’era solo la strega di mia suocera che nonostante fosse stata avvertita che il parto si presentava difficile, imponeva al figlio di non far salire mia madre, fregandosene completamente di ciò che invece avrei voluto io, si preoccupava solo ed esclusivamente che il bambino nascesse sano e che soprattutto fosse “un maschio”Per me neppure una parola di conforto! Eppure era il mio primo Parto! Ed ero soprattutto poco più che una bambina!Ero terrorizzata! Invocavo continuamente mia madre! E quando la mia madrina chiese con urgenza la presenza di un medico e non venne ascoltata, crollai perdendo tutte le mie forze, adesso muoio pensai! Fu la disperata voglia di guardare negli occhi il mio bambino a darmi la forza di reagire, di lottare, ero stremata ma dovevo farcela!Quando fui investita da una emorragia, la mia madrina si impegnò al massimo sostituendosi al medico, mi tagliò con le forbici da cucina, estrasse il bambino, lo coprì con una tovaglia annunciando che era ormai morto e mentre mi ricuciva, persi completamente i sensi, non so se per il dolore fisico o per la drammatica notizia di aver perso il bambino.A farmi rinvenire fu il vagito assordante di mio figlio che squarciava letteralmente quel silenzio atroce.Non era morto! Allora gridai con tutta fa forza che Dio potette darmi:-Dio ha voluto nonostante tutto, darmi questo bambino! Andate via tutti! Vi odio!Ero come impazzita! Non temevo più nessuno ed ero disposta a tutto!Volevo difendere quel Dono di Dio anche a costo della mia vita, perciò il giorno dopo fregandomene degli ordini ricevuti, feci salire mia madre per mostrarle il bambino che nonostante i travagli subiti, era bellissimo come un angelo biondo.