VIVERE

3° CAPITOLO


 
SECONDA PARTE---------------Fabio tornò all’improvviso, alla vista di mia mamma diventò livido in volto, non ebbe alcun scrupolo a cacciarla di casa e   mollandogli una sberla, aggiunse:-Non ci provate mai più se volete bene a vostra figlia!-Fabio ti prego! Ho bisogno di lei!E mentre lo imploravo, mi aggrappai a lui che con un movimento brusco indietreggiò scaraventandomi per terra.Avevo perso i sensi e quando rinvenni, notai la presenza della mia vicina che avendo ascoltato tutto era accorsa in mio aiuto, mi aiutò a rimettermi a letto e sussurrandomi disse:-Ha avuto pure il coraggio di lasciarti a terra e andarsene! Cosa aspetti a lasciarlo! Questo prima o poi ti farà morire!Io avrei voluto andarmene! Ma la mia vita era diventata come un incubo dal quale non riuscivo più ad uscire,  la mia coscienza cercava di farmi rendere conto di tutto ciò che accadeva, ma io soffocavo il suo “urlo” e consideravo  chiuso il capitolo precedente perché ero sempre in attesa di un successivo capitolo più bello e avvincente, irrazionalmente continuavo a giustificare, sempre a giustificare, e ancora a giustificare!Sopportavo perfino la presenza di mia suocera, che con la scusa della mia incapacità, si occupava lei del bambino, lo fasciava come una mummia e quando le facevo notare che il bambino piangeva poiché aveva le gambette troppo tese e strette dalle fasce, mi sentivo rispondere  che io non capivo niente e che avrei fatto meglio a stare zitta.Così trascorsero tre mesi, tra le urla del bambino e i silenzi denigratori di mio marito.Mi avevano rubato anche quell’unico e agognato sogno! Quello di dedicarmi al mio bambino!  Dovevo occuparmi di lui solo di notte, tenerlo in braccio e cullarlo poiché il suo pianto era incessante.Fabio,  quando si rese conto che il non dormire affatto  era per me  troppo stressante, cominciò ad aiutarmi rimanendo lui  sveglio fino alla mezzanotte, dandomi così la possibilità di dormire almeno tre ore per notte.Una brutta notte però accadde una cosa raccapricciante,  una cosa che io non avrei mai potuto prevedere o minimamente immaginare!Mi presi la libertà in tutta autonomia di togliere le fasce al bambino, che gli stringevano forte le gambette ritenendole la causa del suo pianto,  non l’avessi mai fatto!  Il bambino smise come per incanto  il suo pianto,  ma Fabio  scattò dal letto come un fulmine!  Me lo strappò di mano come un pazzo e con voce sprezzante disse:-Ti credi più capace di mia madre?-Non ci provare mai più!Cominciò a rimettergli le fasce, e quando il bambino riprese nel suo pianto disperato, lo afferrò con i piedini e con la mano destra gli mollò uno schiaffo sotto al sederino facendolo rimbalzare sul letto.Lanciai un urlo misto a rabbia e dolore, un urlo disumano che andò ad infrangere il cuore di quella notte silenziosa, poiché il bambino, che era già livido dal forte pianto, rimase per alcuni attimi immobile,dandomi l’amara percezione che fosse morto.Non era morto poiché  all’improvviso   emise un vagito fortissimo, infatti buttò fuori tutto d’un colpo,  l’energia che aveva precedentemente trattenuta dentro!Gridai di nuovo anch’io, ma questa volta la mia esplosione di rabbia non era mista al dolore ma alla gioia,  volevo che la mia voce arrivasse a Dio,  per ringraziarlo di non avermelo portato via,  anche la mia rabbia era rivolta a Dio poiché da troppo tempo non mi ascoltava più.Ancora oggi non riesco a capire cosa spinse Fabio ad un gesto tanto crudele, cosa voleva ottenere da quell’ essere indifeso?  Voleva già ubbidienza? Non si rassegnava all’idea che qualcuno non lo stesse a sentire?  Possibile  che non si rendesse conto delle sue ridicole pretese?Penso proprio di no! Visto che continuava a ripetere che doveva educarlo a modo suo e che io dovevo farmi da parte poiché a suo dire ero “un incapace”.Mi ritirai in cucina a riflettere sull’accaduto, sentivo forte il dolore, la sofferenza, ma non era un dolore fisico, quello lo avevo già sperimentato, e sapevo che per quanto grave potesse essere il danno, esso si fermava alla superficie e pian piano scompariva, questo dolore invece no! non scompariva!  Sentivo dentro come un virus invisibile che implodeva silenzioso, scavando e bucando il mio cuore fino ad annidarsi nell’anima.Non c’erano giustificazioni a quel gesto!Anche se lui da bambino aveva conosciuto la repressione e la violenza, non aveva il diritto di comportarsi da “TALE” e fu proprio questo motivo, che mi spinse a prendere la tanto temuta decisione.Erano le sette del mattino, mio marito era appena uscito, misi tutto l’occorrente di Manuele (il mio bambino) in un sacchetto, qualche cambio di abiti per me, e, vincendo per la prima volta la paura della mia fragilità, mi incamminai verso la casa di mia madre.Mentre spingevo la carrozzina spaccando l’alba di quella triste mattina e lasciandomi alle spalle quello che avrebbe dovuto essere il mio nido d’amore, piangevo e pensavo!Che strana la vita!Era trascorso poco più di un anno da quando insieme a Fabio, avevo lasciato con tanta speranza nel cuore, quella casa dove ora mi stavo dirigendo, l’avevo lasciata per andare con lui! Ed ora ci ritornavo per  mettermi al riparo da lui! Quanta amarezza e quanta delusione avevano sostituito quella  speranza svanita nel nulla.Quei quindici mesi  mi erano sembrati un secolo, mi sentivo invecchiata, finita, e con tanta stanchezza sulle spalle, ne sentivo talmente il peso, tanto da camminare curva, ma nonostante tutto, ero riuscita a trovare  la giusta energia per rimettermi in cammino e continuare la battaglia della mia vita, da “sola”.Nulla era riuscito a trattenermi, ne il mio troppo bisogno d’amore, che mi faceva schiava, ne il  grande disagio che sicuramente avrei dovuto affrontare nella casa di mia madre.Per mettere al riparo mio figlio,  ero disposta a superare qualsiasi ostacolo, anche a costo della mia stessa vita, e non sto affatto esagerando se dico “a costo della mia vita”  poiché il mio inaspettato gesto di lasciare casa, avrebbe sicuramente inasprito Fabio!E questo mi faceva presagire  “il peggio”.Era di nuovo primavera e non provavo per niente invidia di quegli alberi fioriti che mi facevano da cornice lungo il percorso, così come era accaduto l’anno precedente, questa volta no!  Non c’era invidia in me! Perché quella mattina la  primavera era molto solidale con la mia decisione, perfino il cielo nascose il sole dietro grosse nubi, e una fitta pioggia si unì alle mia lacrime.Il battito del mio cuore era tale che se non fosse stato superato dal rumore dei tuoni, tutti l’avrebbero  ascoltato, insomma , questa volta Dio mi aveva ascoltata!  Non mi aveva lasciata sola con il mio dolore.Quell’atmosfera di solidarietà faceva da sfondo alla mia cupa tristezza, non provavo alcuna emozione, ne di rabbia, ne di rancore, ero completamente assente, svuotata nell’anima, ma colma di pensieri che procuravano un caos indescrivibile nella mia mente.Ero inzuppata fradicia dalla testa ai piedi, magra e pallida come un fantasma, tanto al punto di spaventare anche mia madre, che vedendomi  comparire in casa sua  a quell’ora del mattino chiese subito:-Cosa ti è successo?-Ti avrà mica picchiata?- No! Ho solo voglia di starmene in po’ da sola!Avevo mentito ed era palese poiché i segni evidenti di percosse sul mio viso non erano ancora svaniti, solo qualche giorno prima infatti, ero stata colpita violentemente in pieno viso e non ricordo neppure il perché.Mamma sollevò Manuele dalla carrozzina e se lo strinse al petto mentre io continuavo:-Sono molto stanca, Manuele non mi permette di dormire, ne di giorno e ne di notte, vuolestare continuamente attaccato al seno, per cui, o mangia, o piange, e di dormire non ne vuol proprio sapere!.-Gli dai ancora il tuo latte?-Si, solamente il mio latte.-Ma devi cominciare a svezzarlo!  Lui cresce bene! E si vede! Ma tu ti stai consumando!Scoppiai  subito in un pianto isterico e con voce tremula dissi:Nessuno mi ha mai informato circa lo svezzamento! Ora se potete, aiutatemi voi, io non sono capace, io non so fare niente, ne la moglie e ne tantomeno la mamma!Le mie parole disperate fecero saltare Manuele che come per miracolo se ne stava calmo e silenzioso, lo afferrai con dolcezza, lo attaccai al mio seno e mentre gli accarezzavo la testina aggiunsi:- Mamma, posso rimanere con voi?- Io da Fabio non ci voglio più tornare!- Avevate ragione voi, non è il ragazzo che fa per me, siamo troppo diversi! E soprattutto si lascia condizionare troppo da sua madre!-Vi giuro non è un violento, è soltanto una persona arrabbiata, non so per che cosa, ma sento che ha dentro di se un carico enorme di rabbia ed il suo difetto è quello di farla esplodere sempre in occasioni sbagliate.-Finché eravamo da soli potevo anche continuare a sopportarlo!-Ora no! Ora c’è Manuele! E lui continua a perdere il controllo! Se la prende anche con il bambino! Ed io questo, proprio non possosopportarlo!All’improvviso sentii una mano accarezzare i miei capelli bagnati,era mio zio, che aveva ascoltato tutto in un silenzio composto e fu proprio quel gesto che regalò ai miei occhi un filo di luce e di speranza.