VIVERE

3° CAPITOLO


 PARTE TERZA----------------Quella sera Fabio venne a bussare alla porta di mia madre con l’umiltà tipica di un bambino che chiede scusa dopo una marachella,  ma io gli gridai in faccia che non volevo sapere più niente di lui, urlavo, imprecavo, e pregai mio zio affinché lo cacciasse.La mia decisione di metterlo alla porta con violenza e la mia incoerenza di giustificarlo allo stesso tempo, confondevano mia madre ma soprattutto confondevano me stessa, non riuscivo a confessare il mio vero dramma perché pensavo che nessuno mi avrebbe capita, come una bambina riuscivo solo ad arrabbiarmi, a gridare, a ferire, volevo affrontare da sola il mio dolore, ma la poca stima che avevodi me, mi permetteva solo di ingoiarlo.Quella sera infatti, ingoiai il mio dolore tutto d’un fiato e non gli permisi di emergere per tutta la notte, dormii beatamente fino al mattino seguente, la cosa più sorprendente fu che anche Manuele, per la prima volta, dormì senza interruzioni di pianto.Nei giorni a seguire, provai quasi un senso di sollievo, di benessere fisico e mentale, Manuele come per incanto si era calmato, mangiava e dormiva, cresceva di giorno in giorno, ma tutto questo non bastò ad evitare di farmi rifugiare di nuovo nel silenzio, riflettevo tanto sulla mia situazione e mi chiedevo continuamente se stavo vivendo una vittoria oppure una sconfitta.Ero sola nella solitudine dei silenzi, dei ricordi di un burrascoso passato recente, troppo recente! Per cui le mie ferite sanguinavano ancora, quanta voglia di gridare!  Ma l’animale che era in me, era muto, feroce e crudele come uno squalo bianco, che se ne stava lì silenzioso, nell’immenso lago della mia anima, pronto ad ingoiare tutte le mie cose belle, appetibili poiché graffiate e sanguinanti.Come avrei voluto trasformare quello squalo, in un delfino, per poter manifestare il mio dolore attraverso i suoi suoni metallici che seppure deboli, mi avrebbero permesso di comunicare.Anche una semplice passeggiata mi era negata dalla paura di incontrare Fabio che insistentemente si appostava ad ogni angolo di strada per potermi incontrare, forse era spinto dalla sola voglia di vedere Manuele, ma io lo evitavo, ero troppo terrorizzata dal fatto che potesse farmi del male, e il dubbio che stessi facendo una cosa giusta o non, mi trascinava in un rimorso angosciante.Trascorsi così tre mesi, ma un giorno il gran caldo di agosto fu più insopportabile della paura e mi incamminai con il passeggino lungo le stradine di periferia ombreggiate dai grandi alberi di noce, ma fui all’improvviso raggiunta da Fabio, che vedendomi irrigidire, prima mi tranquillizzò dicendomi che voleva solamente vedere il bambino, poi con voce sommessa e con gli occhi velati di lacrime disse:-Ti prego! Torna a casa! Ti renderai conto da sola di come sono cambiato!-Non ti credo! E poi io sto bene così, cerca di fartene una ragione e prosegui per la tua strada!Non so se fu la reazione alle mie fredde parole o perché aveva semplicemente mentito, cambiò subito atteggiamento e con tono minaccioso aggiunse:-Ti toglierò il bambino! Questo è quanto mi hanno promesso in caserma poiché ti ho denunciata per abbandono del tetto coniugale e sottrazione di minore!Sarebbe poca cosa se dicessi che quelle parole mi ferirono, perché mi uccisero letteralmente, furono un colpo letale per la mia anima, non mi aspettavo che sarebbe arrivato a tanto, per cui presa dallo spavento che potesse togliermelo subito, li, in quel momento, cominciai a spingere la carrozzina ad una velocità incredibile, volevo subito chiedere a mia madre se era vero che la legge avesse permesso a Fabio di farmi quella cosa tanto mostruosa.Quando arrivai a casa però, la mia gola era talmente stretta da una morsa soffocante che non riuscii a pronunciare neppure una parola, ma quando sul tardi della sera riuscii ad esporre le mie paure, ebbi l’amara conferma da mio zio che certamente avrei corso quel rischio.La mia gola ritornò a chiudersi tanto da non permettermi di ingoiare quel dolore così grande, reso ancora più grande dalla delusione del mancato appoggio di mio zio e di mia mamma dai quali avrei voluto sentirmi dire che avrebbero lottato al mio fianco per evitarlo, che avrebbero fornito ai carabinieri una giusta motivazione a quel mio estremo gesto! Purtroppo anche loro come Ponzio Pilato, se ne stavano lavando le mani!Non cenai, andai a letto per poter dimenticare ma il ricordo delle parole di Fabio, più taglienti di una spada, continuavano a colpire la mia testa e per alienare un poco il mio dolore, iniziai a scaricarlo su di un foglio dedicandogli una triste poesia. AMORE FANTASMA   Chiudo gli occhi per vedere il fondo dell’anima miae pian piano il dolore mi porta all’agonia.Scorgo in quell’abisso il mio amore calpestatoe cresce la mia rabbia per ciò che sei stato.Mastico amarezza per la mia stupida fragilitàe per te che mi hai regalato solo falsità.Tu guerriero che mi insegnasti la battaglia d’amore,col tuo soffio accendesti la fiamma del mio cuore.Ho creduto di vincere quella difficile battagliaed  ora c’è solo dolore e sofferenza che mi attanaglia.Il fardello della tua storia, forse era troppo pesantee non ha retto le mie pene che sono tante.Mi hai conquistata, amata, combattuta e disarmatae in un lago di sangue poi mi hai lasciata.La tua vittoria altro non è che solo apparenzaperché ottenuta con menzogne e violenza.La mia sconfitta è vera gloria e mi fa onoreperché subita con dolore e vero amore.Non sento più quel dolce aleggiarema solo una cascata di lacrime amare.La fiammella si è spenta nell’anima miae tu rimani solo un fantasma della mia utopia.  Quella notte non ho chiuso gli occhi neppure un istante ma quando alle ore sei del mattino mi alzai, avevo in testa le idee ben chiare, cioè di tornare di nuovo  con Fabio, anche se quella decisione mi proiettava in un oscuro mondo di incertezze, quella era l’unica soluzione, se non volevo perdere il bambino, almeno questo è quanto mi aveva fatto capire mio zio. L’unico problema era quello di ricomporci una casa poiché avevo disdetto la precedente e restituito i mobili che erano ancora da pagare, ma non mi persi d’animo, chiamai Fabio e gli comunicai di voler tornare con lui.Della mia decisione furono tutti molto contenti, tutti compresi i miei, che presi da falsi e stupidi pregiudizi,  pensavano che rimetterci  insieme sarebbe stata la soluzione giusta, pensavano unicamente a come scrollarsi di dosso ogni responsabilità, poco importava a che cosa sarei andata incontro, per cui, furono ben lieti di impegnarsi per una nuova casa e ricomprare i pochi mobili che mi sarebbero serviti.Ci stabilimmo in quella piccola casetta, ancor più piccola della prima, ma questo poco importava, avevamo ambedue tanta voglia di ricominciare, di dimenticare il passato, quel passato insito dentro di me come una macchia indelebile, e che sentivo sempre presente.Mi sforzavo al massimo però di essere una perfetta moglie e un’ottima madre e per un bel poco tutto sembrò andare per il verso giusto, tanto da decidere di ripartire per il Nord Italia alla ricerca di un lavoro che ci avrebbe permesso di vivere una vita più agiata.Dovevo però fare una rinuncia molto dolorosa, quella di lasciare Manuele a mia madre, almeno fino a quando non avremmo trovato una casa decente e un lavoro sicuro, non potevamo assolutamente trascinarlo con noi nell’incognita.Mia madre fu ben lieta di tenersi Manuele per cui decisi subito di partire, spinta solo da un debolissimo filo di speranza  e da tanta voglia di farcela!Questa volta non potevo e non dovevo fallire! Lasciavo dietro di me, non un pezzo, ma il mio intero cuore!  Manuele!  Che aveva appena otto mesi ed era l’unica e vera ragione della mia vita.