VIVERE

5° CAPITOLO


       TERZA PARTE--------------- Dopo il matrimonio di Manuele, il mio stato di salute peggiorò, chiunque al posto mio si sarebbe sentita la donna più realizzata del mondo, due figli! Due bellissimi matrimoni! Ma non so perché, sarà stata l’ansia che cresceva per quella figlia, o la lontananza definitiva di Manuele, resta il fatto che tutti i sintomi accumulati negli anni regressi esplosero come fuochi d’artificio, la mia anima andò in mille frantumi e sprofondai in un’angoscia che non sapevo descrivere ma che i medici chiamarono “DEPRESSIONE”.Trascorsi mesi e mesi a letto, sentivo gli arti paralizzati, vivevo una situazione di vita non vita o forse ero io che non volevo più vivere, il mondo esterno non mi apparteneva più, ero in un mondo tutto mio dove i silenzi vivevano in me prendendo sempre più spazio, uno spazio profondo simile ad una spirale che mi risucchiava sempre più in basso, mi offuscava, mi pietrificava, mi impediva di afferrare una mano, la percezione del tempo era distorta, la sofferenza era permeata di eternità.La mia vita era fatta di soli attimi che mi davano la percezione della morte, attimi che giorno dopo giorno solcavano il sentiero della mia vita senza che io me ne accorgessi, ero sottratta completamente al mondo esterno, lo vedevo molto lontano, tutto era visibile ma irraggiungibile, le persone, le cose, la natura, li vedevo come in un film in bianco e nero, privi di suono, di colore e di calore.Nel mio animo c’era un oceano buio  dove regnava prepotente quello squalo crudele, la mia impotenza nel contrastarlo mi faceva sentire una vera nullità e giorno dopo giorno diventavo sempre più assente e più apatica.Eppure mi sarebbe bastato ricucire quelle ferite del cuore e nulla sarebbe più scivolato in pasto a quel mostro, ma non volevo! La vita ormai non mi interessava più di tanto, volevo solo dimenticare per non dover più soffrire, pensavo fosse quella la soluzione giusta, per cui trovavo più facile sotterrare i ricordi, che lottare.Dopo tante cure mediche riuscii ad alzarmi e ripresi perfino a lavorare ma cercavo di non pensare, di reprimere i ricordi e violentavo la mia psiche lottando contro me stessa, lotta che durò ben otto anni.Un maledetto giorno però, a causa di un maltrattamento da parte di un mio superiore, mi sentii completamente disarmata e ricaddi senza volerlo in quell’abisso di disperazione, un abisso buio e terrificante che avevo già sperimentato e che avrei voluto a tutti i costi evitare, fu per questo motivo che decisi di reagire.Avevo un disperato bisogno di guarire le ferite della mia vita che mi inducevano sempre più al pessimismo, ad uno stato d’animo di amaro malessere e di profonda solitudine che mi facevano guardare un futuro occultato da una fitta nebbia, il mio sguardo non andava oltre, mi nutrivo di una energia stagnante che mi rendeva impossibilitata ad agire, mi toglieva ogni respiro, quel respiro che avrebbe permesso alla mia essenza di venire fuori e di abbracciare ogni aspetto della mia realtà, avevo bisogno di sviluppare sensazioni ed emozioni morte e di creare ciò che era necessario per la mia crescita personale.Non sapevo proprio come fare! Ma un bel giorno il mio Angelo Damabiah ascoltò il mio pianto, vide le mie lacrime, e per aiutarmi mi ha presentò un Angelo del suo coro dicendomi:Quest’Angelo si chiama Rosaria, io guiderò la sua mano affinché ti conduca attraverso gli irti sentieri della tua anima, il viaggio sarà lungo, doloroso, più buio di una notte tetra, Fidati! E vedrai che il magico bagliore dell’alba arriverà.L’Angelo Rosaria mi prese per mano e mi condusse in una stanza dove c’erano sedie disposte in cerchio, occupate da persone che lei chiamò “IL GRUPPO”Quanta paura! Quanto stupido scetticismo! Ascoltavo le storie di quelle persone, storie svuotate dalla disperazione, ma non provavo alcuna emozione! Ero troppo concentrata sul mio dolore, la mia storia di mobbing era al di sopra di ogni altra sofferenza, pensavo continuamente e con rancore alla persona che aveva schiacciatoe oppresso il mio “IO” e che mi aveva costretta con fredda determinazione all’umiliazione e all’emarginazione.Sentivo di vivere in un mondo frantumato i cui cocci erano piume sparse al vento, tutto sembrava impossibile e alimentavo la mia pesante anima dandole in pasto lacrime a fiumi, dolore e rabbia, avrei voluto esplodere ma la gabbia che avevo precedentemente costruita era proprio dura da infrangere.Ben presto mi resi conto, grazie all’angelo Rosaria, che quella parentesi della mia vita, altro non era che la mia presentazione, ossia una persona ferita, che aveva smarrito il suo equilibrio interiore fin dalla prima infanzia, per cui cominciai a farmi guidare senza più opporre resistenza e mi lasciai trascinare attraverso la mia anima scendendo sempre più giù fino al profondo di essa.Quando vidi riflessa la mia anima ingabbiata ed insanguinata, lanciai un urlo di dolore, avrei voluto scappare! Quanta paura mi faceva quel lago impaludato che intravedevo nel fondo della mia anima! Per cui esitai girando in lungo ed in largo ma poi finalmente decisi di tuffarmi, cercai di scoprire quanto più potevo fino a rimanere stremata delle mie forze e quando mi ripresi, rividi la bambina che era in me, con tutto il suo carico delle sofferenze, alla quale era stata violata la propria infanzia, negata la propria adolescenza e calpestato il suo diritto di donna e di madre.Ebbene aveva ragione quell’Angelo, la causa delle mie sofferenze era proprio li, nel fondo della mia anima, li ho rivisto tutte le mie ferite , ferite che più cercavo di portare a galla, più provavo qualcosa che andava oltre il dolore, erano ferite non ancora cicatrizzate perché le avevo nascoste a me stessa, le ferite dell’anima! Le più dolorose da guarire, quelle che ogni tanto mi strappavano una lacrima amara, quelle che mi toglievano il respiro, quelle che giorno dopo giorno implodevano nel fondo della mia anima come un virus contagioso dando origine ad angoscia e solitudine profonda.Fu un viaggio talmente difficile che non saprei descrivere, solo chi ha già vissuto sulla propria pelle l’avventura spaventosa e affascinante nei sotterranei della propria anima potrà capirmi, tutti gli altri dovranno accontentarsi di aver ascoltato increduli.Al ritorno di quel viaggio avevo sulle spalle un pesante carico che non erano zavorre!Bensì un raro e prezioso bagaglio fatto di consapevolezza e di accettazione, infatti quando cominciai ad ammettere di essere stata una persona ferita, ad accettare le mie stesse ferite senza colpevolizzare coloro che me le avevano procurate e soprattutto quando mi resi conto che non potevo seppellire quel passato poiché era il mio passato, ebbene, solo allora la mia rabbia iniziò a svanire lentamente come la nebbia di una calda mattina d’estate.Il gruppo che prima mi inibiva tanto, non solo cominciai ad amarlo ma diventò per me di vitale importanza, era la boccata d’ossigeno che mi permetteva di respirare, lo specchio dove ogni volta potevo riflettermi, non l’immagine che avevo di me! Ma di quella più profonda che non conoscevo, quella stanza diventò a dir poco “MAGICA” perché solo li riuscivo a togliermi la maschera e mettere a nudo la mia anima, non dimenticherò mai quel cerchio di affetto che chiudeva il cerchio di sedie, non a caso l’ho immortalato con un disegno sul mio blog.Quanta influenza positiva aveva su di me quell’Angelo di nome Rosaria, riusciva a trasformare quell’ambiente senza parlare, semplicemente con l’energia che emanava, tanto da cominciare a credere che i miracoli potevano anche accadere per quanto difficile fosse stato programmato il nostro cammino, per cui iniziai a fidarmi ciecamente di lei non solo con la mente, ma soprattutto con il cuore.Solo dopo anni ho capito che anche la depressione faceva parte della mia storia personale, quel maleoscuro che mi aveva chiuso gli occhi e tenuta nelle tenebre fin dalla prima infanzia, e solo grazie a quell’angelo (Dott.ssa Rosaria Raspanti) che ho potuto riscoprire la luce! Una luce che mi ha fatto ritrovare gli affetti dimenticati, mi ha fatto ritrovare spazi di riposo e di riflessione, tanto da cominciare a relativizzare i problemi e a godermi quello che ho.A volte mi assale il dubbio di essere diventata più debole, poi mi accorgo invece che sono solo più consapevole dei miei limiti e più aperta a nuove possibilità di essere.Sono riuscita a spodestare il dolore dalle mie cellule, dalla mia testa, dolore al quale non ho dato più in pasti i miei giorni e le mie notti, la mia vita è ritornata ad essere un sogno meraviglioso, ho iniziato a colorare lo scorrere del mio tempo ed il mondo stesso non mi appare più grigio, ne piatto e neppure frantumato.A conclusione di quel viaggio attraverso la mia anima, il mio cuore era pervaso da una gioia indescrivibile perché assaporavo già la speranza di una riconciliazione con i miei figli, volevo ricostruire le trame spezzate, avevo ormai tutti gli strumenti necessari per poterlo fare, soprattutto ero diventata una persona completamente diversa, giorno dopo giorno stavo costruendo la mia vita interiore, il mio modo libero di essere, stavo migliorando il rapporto con gli altri perdonando cose che non avrei mai pensato, soprattutto cominciai a perdonare me stessa, a comprendermi e ad avere stima di me.La mia fragilità, oggi non la considero più unadebolezza ma semplicemente l’antitesi del potere, non della forza e neppure del coraggio, infatti coloro che credono di essere potenti, non hanno il coraggio di mostrarsi veramente per quello che sono e collezionano maschere del falso apparire, vivono con la serenità stampata sul volto e la tempesta nel  cuore, dai loro occhi non trasparemai una lacrima, la trattengono per apparire forti ma non sanno che sono proprio loro, “le persone deboli”Io, persona considerata debole, ho invece il coraggio di non nascondere la mia fragilità mostrando con fierezza la presenza continua della consapevolezza del mio “proprio limite” Mostro il mio viso rigatoda lacrime perché non mi vergogno che gli altri vedano la mia sofferenza, ogni mia lacrima è una goccia di dolore ed il dolore è pura espressione di nobiltà d’animo.Fu proprio in nome di questo coraggio, che sentii forte il bisogno di comunicare con i miei figli, soprattutto con Manuele che all’epoca era in servizio in Afghanistan, per cui gli scrissi subito una lettera.    Al mio adorato figlio  Ciao Manuele, vorrei dirti tante cose ma non so proprio come cominciare e di questo ti chiedo immensamente perdono, perdono soprattutto per non essere stata capace di creare quel giusto e armonioso rapporto di comunicazione che avrebbe dovuto esserci da quando eri bambino.Penso però che qualcosa di speciale nella vita io lo abbia fatto per essermi  meritata  un figlio                               speciale come te ed è per questo che mi sono decisa a scriverti.Innanzitutto ti dico grazie per aver colorato il mio tempo quando era buio, per avermi procurato notti insonni e per aver messo punti esclamativi nella mia vita.Sei stato per me un sorriso allegro in un mondo grigio e tempestoso.Sono molto orgogliosa di te e, credimi, mi vanto con fierezza non solo per il tuo successo ma soprattutto perché sei un bravo ragazzo, un ottimo marito e un padre dolcissimo.Spero di essere altrettanto orgogliosa di te anche in futuro, non tanto per le tue imprese ma, perché sarai sicuramente una persona assennata, gentile e rispettosa, in un mondo in cui queste qualità sembrano ormai poco importanti.Qualsiasi posizione raggiungerai, avrai sempre successo perché non si rivolgeranno a te con timore, paura o invidia, ma con affetto e rispetto.Ti auguro “FORZA” e “CORAGGIO”Forza: di resistere quando la speranza vacilla.Coraggio: di affrontare tutti i cambiamenti, i rifiuti, i fallimenti ma soprattutto la solitudine.Con tutto l’amore….tua mamma