Creato da marvet1976 il 03/04/2009

PURA VIDA - DARK-

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LEGGENDE METROPOLITANE

Post n°93 pubblicato il 29 Luglio 2009 da marvet1976
 

HO SELEZIONATO ALCUNE LEGGENDE METROPOLITANE DA RACCONTARE
INTORNO AL FUOCO IN CAMPEGGIO, VISTO CHE ORA E' IL MOMENTO PIU'
OPPORTUNO PER FARNE UNO, PRENDETE SPUNTO PER SPAVENTARE I
VOSTRI AMICI PIU' CREDULONI....

Il dobermann soffocatoNon si scherza col vecchio Fufi!


Il dobermann soffocato Una signora torna a casa dopo aver fatto delle spese. Quando entra, nell’ingresso trova il suo dobermann sdraiato a terra, boccheggiante e con difficoltà di respirazione.
La donna lascia cadere i pacchetti e tenta di aiutarlo. Lo solleva e lo porta alla macchina, dove lo carica per trasportarlo urgentemente dal veterinario.
Il dottore dà un’occhiata al povero cane e annuncia alla signora che probabilmente c’è qualcosa che blocca i canali respiratori. Lo deve operare e le dice di tornare a casa e aspettare una sua telefonata sull’esito.
La signora fa una carezza al cane, che continua a tossire e a guaire. Poi torna alla macchina e a casa.
Appena arrivata, si accorge che il telefono nell’abitazione sta suonando insistentemente. Apre la porta e risponde.
È il veterinario che, in uno stato di grande agitazione, le dice di riagganciare subito il telefono e andare dai suoi vicini di casa.
– Non dica una parola e resti fuori. Arriverà la polizia, l’ho già chiamata io. E non mi chieda nulla, vada e basta!
La donna, scossa dal comportamento del medico, vorrebbe invece sapere cosa sta succedendo. Ma si rassegna ed esegue gli ordini.
Dopo qualche minuto arriva una pattuglia a sirene spiegate e ne scendono due poliziotti.
Uno dei due racconta che il veterinario ha operato il cane e nella gola ha rinvenuto due dita umane, incastrate.
– Ha immaginato che qualcuno sia entrato in casa e il cane l’abbia attaccato – spiega con enfasi – Potrebbe essere ancora lì dentro!
La polizia perquisisce la casa e in un ripostiglio trova un uomo in stato di shock. Il ladro sta cercato disperatamente di bloccare un’emorragia sulla mano destra, da cui sono state staccate due dita.

La leggenda della mano ferita (rielaborata in chiave moderna con l’aggiunta di particolari quali l’automobile o il telefono) ha un’origine antica, e tradizionalmente parla di una strega che, assumendo le fattezze di un animale, viene smascherata per via di un’accidentale amputazione.
Una versione veronese racconta di una giovane famiglia che vive sul monte Baldo. A un certo punto una strana malattia comincia ad affliggere l’unico e amato figlio, preda di difficoltà di respirazione e convulsioni.
Una strega rivela ai genitori che il piccolo è stato vittima di malocchio e che perciò bisogna vegliare su di lui per proteggerlo.
Il padre, notte dopo notte, si rende conto che una gatta nera con la testa bianca fa regolarmente visita al bambino. Ma nessuno, in paese, sa dirgli nulla su questo animale, e una sera decide di spaventare la gatta tirandole un coltellino.
L’animale fugge dalla finestra, ma accidentalmente resta ferito: in terra rimane uno zampino nero, il sinistro, strappatogli dalla lama.
Dopo questo episodio il bambino comincia a stare meglio e il padre continua a essere incuriosito dalla vicenda, senza però riuscire a scoprire nulla.
Un giorno l’uomo si reca da un’anziana parente, che non vede da tempo. La donna è in perfetta salute, ma riserva all’uomo una grande sorpresa: da giorni non esce di casa perché non ha più il braccio sinistro.
Ecco così palesata la sua natura di strega.

Motociclisti decapitatiLa morte viaggia in moto


Motociclisti decapitati Sarà che la figura dei motociclisti è spesso associata all'idea di velocità e di rischio, ma le leggende che li vedono protagonisti finiscono tutte male, e nei modi più cruenti.

A Genova Pegli, lungo la strada che costeggia il mare, c'è una curva piuttosto pericolosa, detta dagli abitanti del posto "la curva del risveglio". Secondo una leggenda locale, che poi è rimbalzata di bocca in bocca e ha assunto portata nazionale, un motociclista un giorno l'affrontò a velocità troppo sostenuta e perse il controllo del proprio mezzo. Sbalzato in aria, cadde battendo violentemente la testa. Per fortuna indossava il casco. Numerosi passanti, testimoni dell'accaduto, accorsero in suo aiuto e con un sospiro di sollievo lo videro rialzarsi senza un graffio. Il motociclista si disse soltanto scosso: s'era preso davvero un bello spavento. Chiese la cortesia di essere accompagnato in un bar per prendere un bicchiere d'acqua. Entrato nel locale, si sfilò il casco per bere. Appena lo tolse, però, una faglia gli attraversò la testa! Il cranio, fino a quel momento tenuto dal casco, gli si aprì in due e l'uomo morì sotto gli occhi degli altri clienti.

Un altro centauro, si racconta, fu invece ucciso inconsapevolmente dai suoi soccorritori. Si era infilato la giacca a vento al contrario, con la cerniera chiusa sulla schiena, in modo da ripararsi meglio dal freddo dell'inverno. Viaggiando ebbe però un incidente e restò svenuto sull'asfalto. Fu trovato poco dopo da alcune persone. Queste, pensando che gli si fosse ruotata la testa, gliela girarono per rimetterla a posto: gli spezzarono così il collo.

La terza leggenda che riguarda i motociclisti è forse la più agghiacciante. Un camion carico di lamine di acciaio percorreva a bassa velocità la strada della zona industriale di una città. Un uomo che viaggiava su una motocicletta con sidecar lo raggiunse e fece per sorpassarlo. Lo affiancò, ma proprio in quel momento una delle lamine, evidentemente bloccata male, scivolò dalla pila e volò verso di lui, mozzandogli di netto la testa. Il cadavere decapitato, però, per via di residui impulsi nervosi, non abbandonò la presa sul manubrio. Il sidecar tenne in equilibrio la moto e questa continuò il sorpasso: quando il camionista si vide passare accanto il motociclista senza testa, provò uno shock tale da avere un attacco di cuore. Cadde sul volante, e il camion, ormai senza guida, finì dritto contro una fila di persone che aspettavano la corriera sul lato della strada. (Una versione leggermente diversa vede il tutto avvenuto sul Grande Raccordo Anulare di Roma, col camion che alla fine sbatte contro i guardrail.)

Cadaveri senza testa che continuano a compiere azioni, comunque, non appartengono solo al mondo delle due ruote. Si narra infatti che un operaio, in un cantiere edile, fu decapitato da un lastra di acciaio sfuggita al controllo di una gru e proseguì a camminare per parecchi metri (e perfettamente coordinato) sotto lo sguardo dei colleghi.
Durante la seconda guerra mondiale, si sparse invece la voce, a Novara, di un carrettiere la cui testa era stata tranciata dallo spostamento d'aria dovuto all'esplosione di una bomba: l'uomo aveva continuato a guidare il carretto ancora per qualche tempo.

La babysitter cannibaleSapete a chi affidate i vostri figli quando non siete a casa?


La babysitter cannibale Una sera marito e moglie decidono di uscire per andare a uno spettacolo a teatro. Telefonano alla loro babysitter abituale ma, con rammarico, scoprono che la ragazza ha un impegno e non potrà andare a occuparsi del loro bambino, che ha pressappoco un anno di età.
Per non rinunciare all’evento chiamano un’agenzia e si fanno mandare un’altra ragazza.
I due escono, lasciando la giovane (spesso una straniera) con il piccolino.
Durante lo spettacolo avviene però un imprevisto.
La madre si sente male, sente di dover andare a casa. Il padre si arrabbia, perché è da molto tempo che non escono insieme da soli, da quando hanno avuto il figlio. Ma di fronte all’insistenza della donna è costretto a riaccompagnarla.
Non appena arrivano in casa la moglie, spinta da un inspiegabile istinto, si precipita in cucina: lì trova la babysitter che, dopo aver disposto il bambino su un piatto con del rosmarino e altri aromi, lo sta infornando per cuocerlo a puntino.
Quando si dice, l’istinto materno…

Di questa leggenda metropolitana esistono infinite versioni e varianti, provenienti da ogni capo del mondo o dall’Italia.
In una di queste, la madre del piccolo, durante la serata, riceve una serie di telefonate dalla babysitter. La giovane domanda dove si trova prima il sale, poi il rosmarino, poi altri ingredienti. La madre, insospettita e angosciata, convince il marito a riportarla a casa, in tempo per scoprire i terribili intenti della bambinaia e salvare il figlio.

In altre versioni, a metà dello spettacolo la mamma del bambino telefona a casa per sapere se è tutto a posto. Ma, a seconda della variante, o non c’è nessuno a rispondere oppure la babysitter le dice di aver “già preparato il capretto ed essere pronta a infilarlo nel forno”. Anche qui, insospettita, la donna si precipita a casa e riesce a impedire che il figlio venga cucinato.

Della leggenda esiste però anche qualche versione non a lieto fine. La babysitter, in realtà una strega cattiva, riesce a fare strage dei bambini affidatole e scompare nel nulla lasciando nella disperazione i genitori.

I segni degli zingariIl codice segreto di chi viene a rubare nelle vostre case


Il primo ad avere l’idea di contrassegnare - per uno scopo ben preciso - delle case fu Mosè, il quale, per convincere il Faraone a lasciar andar via gli Ebrei dall’Egitto e a liberarli dalla schiavitù, cominciò a mostrargli i prodigi di Dio, come la trasformazione di un bastone in serpente o l’invasione dell’Egitto da parte delle rane.
Il Faraone non aveva alcun interesse a credere che Mosè non fosse un semplice stregone e gli schiavi che poteva liberamente percuotere o far percuotere facevano parte delle sue ricchezze e del suo potere.
Così, inascoltato, Mosè ordinò a tutti gli ebrei di uccidere un agnello di età inferiore a un anno e, con il suo sangue, dipingere l’architrave e gli stipiti della porta di casa, per poi chiudersi dentro fino al mattino. Il popolo obbedì e, durante la notte, sull’Egitto passò l’angelo del Signore che uccise tutti i primogeniti delle case che non erano state contrassegnate.
Nelle ore seguenti, il Faraone concesse al popolo ebraico di partire.

Secondo una leggenda metropolitana, anche gli zingari si servirebbero di una serie di simboli speciali per contrassegnare le case da colpire e i momenti più favorevoli per farlo.
Il codice usato dagli zingari prevede una serie di indicazioni sulle case più “deboli” - quelle in cui, per esempio, vi è una donna sola in casa oppure donne disposte a dare soldi - e sulle abitazioni più ricche, dove è più facile poter realizzare un bottino cospicuo.
Ci sono delle case che vanno assolutamente evitate: quelle dei membri delle forze dell’ordine oppure di persone amiche degli zingari; o, ancora, le case di coloro che si sono mostrate gentili o hanno dato lavoro a qualcuno della comunità.
Tra i simboli trovano posto anche alcune lettere che indicherebbero quando effettuare il furto: la notte, il pomeriggio, la mattina, la domenica.

Nonostante si tratti di una bufala senza fondamento, anche recentemente alcune amministrazioni hanno sollecitato i loro cittadini perché adottino delle precauzioni e stiano attenti che i segni non compaiano sui loro campanelli o sugli stipiti dell’ingresso: nel marzo 2006, per esempio, il comune di Ospedaletto Euganeo (Padova) ha diffuso un volantino in cui mette in guardia gli abitanti e riporta i simboli sospetti.
Eppure, sarebbe stupido pensare che gli zingari utilizzino ancora un codice già conosciuto dalle possibili vittime. E sarebbe sciocco anche contrassegnare le case più appetibili per un furto, con il rischio che a rubare ci vada qualcun altro a conoscenza del codice…

In ogni caso, per soddisfare la curiosità di chi non li avesse mai visti, pubblichiamo l’immagine dei simboli utilizzati dagli zingari. Qualcuno dice di averli visti anche in dei bagni pubblici.

Ora scusate, ma devo andare a dare una pulita agli stipiti del mio ingresso: dei cialtroni ci hanno inciso una X e una N.
Che incivili…

 

 

Il cagnolino messicano: il Rat DogDonne, attente a quello che portate a casa dai vostri viaggi all'estero...


Il cagnolino messicano: il Rat Dog Una donna single, in vacanza in un paese straniero, si imbatte in un cagnolino. Lo trova per la strada e, intenerita, gli dà un po' di cibo. Il cucciolo, naturalmente affamato, la prende in simpatia e non la lascia più. Alla sera la donna è in qualche modo affezionata al cucciolo e decide di portarlo a casa con sé.

Il problema è legato alla frontiera: è illegale trasportare un animale attraverso il confine senza i dovuti controlli sanitari e il periodo di quarantena. Ma la donna non può aspettare, nasconde il cagnolino nella macchina tra i bagagli e passa senza problemi.
Appena a casa lava per bene il cucciolo, giocano insieme, lo nutre e poi tutti a nanna!
Alla mattina la donna si accorge che l'animale ha gli occhi arrossati e la bava alla bocca. Spaventata, perché potrebbe essere rabbia, corre dal veterinario. Il medico visita il cane e chiede subito la provenienza. La padrona, sospettosa e preoccupata, mente dicendo di averlo trovato vicino a casa. Il veterinario non le crede e le spiega che l'animale non è un cane ma un enorme topo di fogna!

La leggenda metropolitana del cane-ratto inizia a circolare nel 1983 diventando probabilmente una delle più famose del mondo. Tutte le versioni hanno alcuni punti in comune. Prima di tutto la donna è in vacanza da sola in modo da non poter parlare con nessuno (amici, famiglia, fidanzato) dell'animale. Il paese in cui si trova è il Messico tanto che la leggenda è conosciuta anche come Il cagnolino messicano. Le differenze riguardano proprio l'animale clandestino. Nella casa dall'amata padroncina il cane, al mattino dopo, viene trovato o morto, o malato, o semplicemente può essere portato dal veterinario per una visita di routine.
L'esito, comunque, è sempre lo stesso: altro che cane, quello è un topo.

A dir la verità c'è anche la versione raccontata da Paolo Toselli (fondatore del Centro per la Raccolta delle Voci e delle Leggende Contemporanee) dove l'animale si rivela un cucciolo di orso polare ma, sinceramente, pensare di aver raccolto un topo fa decisamente più ribrezzo.

La leggenda del cagnolino messicano è talmente famosa e conosciuta da aver dato il titolo al libro di Jan Harold Brunvand: The Mexican Pet (Il cucciolo messicano), divertente, interessante e curiosa raccolta di leggende metropolitane. La storia è stata poi studiata dal punto di vista sociologico.
Secondo la sociologa francese Véronique Campion-Vincent il ratto straniero è il simbolo dell'immigrato che entra in modo clandestino in un paese civile ma che poi svela tutta la sua aggressività.

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Commenti al Post:
DolcePrinciFessa
DolcePrinciFessa il 29/07/09 alle 10:42 via WEB
sai che io i segni degli zingari sul muretto di casa li ho trovati davvero??? casa sempre abitata e polizia in casa...
 
 
marvet1976
marvet1976 il 29/07/09 alle 10:59 via WEB
allora non è proprio una leggenda ....
 
chiaracarboni90
chiaracarboni90 il 04/04/11 alle 17:13 via WEB
Bella la storia della babysitter decapitata! Un bacione, Chiara.
 
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