LE_ALI_NEL_CUORE

La lepre d'argento - 2 parte


---Quand'ecco uno schiamazzo lo svegliò. Socchiuse gli occhi. La stanza era illuminata e molte paia di mani, eguali a quelle della sera prima, guizzavano, s'intrecciavano, accennando verso di lui. - "A che giuoco si gioca? Alla palla. Giochiamo alla palla con quel tale che dorme? Chi dorme? Là, nel letto, non lo vedete?" E attraverso le ciglia socchiuse, il principe vide le mani avvicinarsi. Afferrarono le lenzuola e, tenendole tese agli orli, cominciarono a farlo sbalzare con risa rauche e sibili acuti. Egli teneva le ciglia chiuse, fingendo di dormire. "Non vuole svegliarsi! Lo sveglieremo! Lo sveglieremo!" E raddoppiarono la foga del gioco crudele. Al primo canto del gallo le mani lo sbalzarono nel letto e disparvero. Aquilino si palpava le ossa indolenzite, quando udì un fruscio e si vide accanto la lepre d'argento. Invece delle quattro zampe aveva due piedi e due mani bianchissime di donna. "Principe Aquilino, io sono la principessa Nazzarena, quella che il vostro cuore scelse per compagna. Quando giunsi col mio corteo nel bosco, un mago mi trasformò, imprigionandomi con la mia gente in questo castello. Sarò salva se passerete qui dentro tre notti simili a questa. Il mago è quegli stesso che si presentò al vostro cospetto tentando di farvi sposare la sua nanerottola" La lepre disparve. Aquilino attese ansioso la seconda sera. Mangiò, servito dalle due mani volanti, andò a letto, s'addormentò. Si svegliò allo schiamazzo: molte mani lo ripresero dal letto, sollevarono le lenzuola, cominciarono il gioco, più furenti della sera innanzi. "Non vuole svegliarsi! - Se non si sveglia siamo perduti" Allora le mani lo sbalzarono un'ultima volta, appiccandolo a un chiodo delle travi. E disparvero sibilando. Aquilino aprì gli occhi, vide la lepre d'argento. Aveva ormai tutto il corpo di donna; solo la testa restava di lepre e lo guardava con dolci occhi umani. "Povero principe! Soffrite per amor mio ancora una notte e saremo salvi" Giunse la terza notte. Riapparvero le mani più furiose che mai. "Si gioca? - Giochiamo! - Ma questa notte dobbiamo finirlo! - Dobbiamo finirlo" E cominciò il rimbalzello crudele. Aquilino giungeva al soffitto, picchiava, restava aderente come una tartina di pasta, ricadeva nel lenzuolo teso, rimbalzava ancora tra le risa infernali. E non apriva gli occhi per amor di Nazzarena. "Non si sveglia! Siamo perduti! - Siamo perduti! - È l'alba! Siamo perduti" Le mani furibonde s'appressarono alla finestra, tesero le lenzuola, sbalzarono Aquilino ad un'altezza vertiginosa. Egli salì, salì, cadde per dieci minuti, picchiò sull'erba, si tastò le ossa peste, aprì gli occhi, ancora vivo. Si trovava ai piedi dell'albero incantato. Presso di lui stava la sua vera fidanzata Nazzarena, bella di una bellezza mai più vista. E aveva il suo seguito di carrozze, di dame, di cavalieri liberati con lei dal malefizio del mago. Il principe li condusse al suo castello, adunò tutta la Corte nella sala del Gran Consiglio, fece condurre il gobbo barbuto e la figliuola laida, e rivoltosi ai ministri disse: "Avevo ordinato un cofano d'oro e di gemme; un malandrino me lo tolse strada facendo e lo sostituì con un altro di legno tarlato. Fortuna vuole che io ritrovi il primo. A quale darò la preferenza?" - "Al primo!" sentenziò la Corte. "E del ladro e del cofano tarlato che dovrò farne?" - "Bruciarli sulla stessa catasta" Così fu fatto. E la sentenza e le nozze ebbero luogo fra gli applausi di tutto il popolo. (fiaba di Guido Gozzano)