Ignota a me stessa

Vogliamo restare qui


No qui vogliamo restare. Non vogliamo fuggire verso altri luoghi, verso condizioni più sicure - se condizioni più sicure esistono ancora nel mondo. Qui abbiamo messo radici. E se stranieri adesso hanno potere sulla nostra terra – è comunque sempre nostra. Vogliamo sopportare qui la perdita per cui soffriamo. Sia come sia. Noi rimaniamo qui dove siamo. Il nostro cuore adesso – oh non sappiamo più dove si potrà rivolgere! dove? E a chi? - Qui può rimanere. Il nostro cuore sarà con tutti quelli della nostra contrada, con tutti quelli delle contrade di tutti i paesi che oggi possono solo sopportare e soffrire. Siamo tanti, oh tanti, a dover chinare il capo ad affliggerci profondamente, impotenti e addolorati, Sia come sia. Accada quel che deve accadere, - Guarda che fardelli, cuore. Alzali e portali tu. Sarà una consolazione poterli sopportare qui. Haldis Moren Vesaas (1907 – 1996) Pubblicate su “Poesia” n°114 Crocetti Editore Haldis Moren Vesaas crebbe a Trysil, un piccolo paese di campagna della Norvegia orientale. Cominciò a comporre poesie fin dall’età di nove anni. La prima raccolta Arpa e pugnale uscì nel 1929 e rivelò la Vesaas come una voce nuova nella letteratura norvegese dell’epoca. Fin dall’inizio l’autrice si mostrò pienamente cosciente della sua identità di donna. Nella sua poesia è significativo il legame con la natura, il rapporto tra i sessi, la generazione e le persone. La poetessa si concentra sulla luce, fuoco, sole, gioia e speranze. Ha scritto molti volumi, tra i quali L’albero nel 1947 e In un altro bosco nel 1955.Foto di Patrizia Ercole ©