dino secondo barili

L'ARCHITETTO FORTUNATO racconto (501) di Dino Secondo Barili


Intrigo ……a Pavia (Queste storie, anche se raccontate come vere, sono frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla a che vedere con persone o fatti realmente avvenuti)racconto del Mercoledì501L’Architetto Fortunato e le nuove idee Le crisi economiche sono come le guerre… Ogni persona le affronta come può… sperando che tutto vada per il meglio. L’Architetto Fortunato, con Studio avviato in Milano, aveva una sua logica. “Coloro che non si rinnovano… muoiono”. Non basta fare quello che si può… Bisogna fare molto di più. Capire dove ci sono i punti deboli e intervenire. Un anno fa, L’Architetto Fortunato, aveva notato che nel suo Studio mancava vivacità e entusiasmo. Aveva alle proprie dipendenze sette Architetti, tre donne e quattro uomini. Facevano il loro lavoro, in modo isolato, senza neppure rivolgersi lo sguardo. Mai una parola… che non fosse di circostanza. A giudizio dell’Architetto un simile atteggiamento portava all’isolamento, alla mancanza di dialogo, di stimoli. Un lunedì mattina di un anno fa, decise di intervenire, di cambiare sistema. Convocò il personale per una riunione urgente. I sette Architetti si sentirono sulle spine. Si aspettavano una dei quelle “lavate di capo” di cui il “Capo Supremo” (come veniva chiamato) era un campione. Invece, con voce tranquilla l’Architetto parlò. “Cari Colleghi… (gli Architetti si guardarono in faccia, ma non dissero nulla… le pensarono tutte) Cari Colleghi… da oggi cambiamo sistema. Questo Studio non mi piace così com’è. Ogni volta che entro qua dentro mi sembra di entrare in “una Sala Operatoria”. Tutti in silenzio, tutti tesi come elastici per il timore di non sbagliare o di fare qualcosa che non va. Non un sorriso… non una parola. Questo non è uno Studio di Architettura… O meglio, non è lo studio di Architettura che voglio io. Da questo momento, una volta alla settimana facciamo una “mattinata” di aggiornamento.” I sette Architetti si guardarono in faccia come dire “…di quale novità si tratta?”. L’Architetto Fortunato continuò. “La mattinata di aggiornamento, però, non la facciamo qui dentro… ma fuori, nella città, per le vie di Milano. Una volta al Bar, un’altra in Piazza del Duomo… al Museo Brera, Poldi Pozzoli o altri… o sopra al Duomo… tra le guglie… o al Castello Sforzesco… o non so dove. Dappertutto insomma, tranne che qua dentro. Il motivo è subito spiegato. L’architettura è una “attività creativa”… Non è un’attività “cervellotica” da persone che “amano vivere con i fantasmi della loro mente”. L’architettura è al servizio delle persone… non le persone al servizio dell’Architettura. Per fare in modo che l’Architettura sia al servizio delle persone… bisogna che gli Architetti, cioè noi, viviamo la vita delle persone, in mezzo alle persone, con loro … nei vari momenti della giornata.” Detto fatto l’Architetto Fortunato con i suoi sette Architetti usci dallo Studio e si avventurò per la città. Milano è una fonte di ispirazione … illimitata. Basta passeggiare, guardarsi intorno e… c’è di tutto e di più. I sette Architetti cominciarono a parlare tra loro a fare domande al loro “Capo Supremo” che adagio adagio divenne sempre meno Capo e sempre più Supremo… Tutti hanno cominciato a “respirare un’altra aria”. Il “vizio” degli Architetti è quello di avere sempre un blocnotes tra le mani e … scarabocchiare in continuazione. L’Architetto Claudio era attratto dalle stupende gambe della collega Federica. Quasi senza volerlo disegnò un paio di gambe da fine del mondo… seguito dalla scritta “Federica hai le più belle gambe dell’universo”. Qualcuno sbirciò il blocnotes e si mise a ridere… Anche Federica aveva notato il disegno di Claudio… Era da tempo che ci pensava. Non sapeva se fare il primo passo… o se aspettare che lo facesse Claudio… Ora, Claudio l’aveva fatto…al resto ci avrebbe pensato lei. L’Architetto Fortunato aveva aperto un “vaso di Pandora”… perché “da cosa nasce cosa”… dal niente… non nasce nulla. (501)