dino secondo barili

REMIGIO E LA MASCHERA racconto (157) di Dino Secondo Barili


Intrigo … …a Pavia (Queste storie, anche se raccontate come vere, sono frutto di fantasia, pertanto non hanno  nulla a che vedere con persone reali o fatti realmente avvenuti) 157 Remigio… e la maschera La maschera è un “artefatto” per alterare i lineamenti originali del volto… Questo è quanto dicono gli esperti…La maschera è presente, da sempre, in tutte le civiltà del mondo. E’, però, a Carnevale, che la maschera trionfa e dilaga…Il Carnevale è il momento della “liberazione dalla propria identità”… anche “da ciò che si è”. Lo si vede nei bambini che, per mezzo delle maschere, prendono i “lineamenti” degli “eroi” prediletti. Negli adulti… la maschera ha, invece, altri significati e altri effetti. Primo fra tutti quello di “celare” la propria identità. Questo è avvenuto in tutte le epoche e sotto tutti i cieli. Anche a Pavia e provincia, nel 1813, la maschera ha avuto usi “multiformi”: nei singoli, nelle famiglie, nelle associazioni segrete e non. Sulle rive del fiume Ticino, in mezzo ai boschi, duecento anni fa, c’erano delle case isolate. Erano abitazioni, con tutti i confort… nelle quali, però, si entrava solo… mascherati (e non solo a Carnevale). I motivi erano diversi. A volte si trattava di incontri d’amore… altre volte, incontri di interesse o legati a particolari finalità (spesso illegali). Così raccontavano le “leggende” dei paesi rivieraschi del Ticino pavese. Parecchie di tali storie… non erano leggende, ma fatti realmente avvenuti. Nel 1813, poco distante da Pavia, in mezzo ai boschi c’era una di queste “case isolate” nota e assai frequentata. Si chiamava la “Lucertola”. Il proprietario e gestore della “casa” guardava solo ai soldi. Il fatto che gli incontri avvenissero di notte … non era un problema. L’importante che “il promotore dell’incontro” pagasse l’importo pattuito. Nel periodo di Carnevale del 1813, un Gruppo di Buontemponi Pavesi organizzò una “festa mascherata alla Lucertola”. I Buontemponi in questione erano dodici, ma solo undici erano sposati. Uno, invece, a cinquant’anni era ancora scapolo e si vantava di essere il più “abile conquistatore di donne di Pavia”. Si chiamava Remigio, era un bell’uomo, aveva i capelli brizzolati e un fascino inconfondibile. Che fosse (e si vantasse) di essere il più irresistibile conquistatore di donne della città non era gradito agli altri undici amici. Per l’ultimo sabato di Carnevale del 1813, gli undici Buontemponi (gelosi) decisero di punirlo. Tendere a Remigio… una “trappola matrimoniale” in piena regola. La Compagnia dei Buontemponi Pavesi si ritrovò puntuale a mezzanotte alla “festa mascherata alla Lucertola”, in mezzo al bosco. Mancava solo Remigio … il quale arrivò con qualche minuto di ritardo. Quando la Compagnia si ritrovò al completo nel grande salone delle feste illuminato a dovere… si rivelò che tutti i componenti avevano la stessa maschera ed erano vestiti in modo identico. Remigio, capì di essere finito in un tranello. Usò, quindi, tutta la sua astuzia per uscire da una simile situazione. Prese la parola. “Cari amici, mi rendo conto di essere finito in una trappola. Sarei contento di riparare ad eventuali torti fatti. Basta che uno di voi si tolga la maschera.” Nessuno fiatò. Poi uno degli undici si tolse la maschera. Era una donna. La prima donna che si era innamorata di Remigio, ma che non aveva sposato. Ormai era chiaro. Le altre dieci maschere non potevano essere che… donne, le donne che avevano subito la stessa sorte. Infatti, tutte si tolsero la maschera confermando l’opinione di Remigio. Non c’era tempo da perdere. Remigio doveva trovare la soluzione. Intinse le dita nell’acqua di un vassoio che si trovava sul grande tavolo del salone. Si toccò gli occhi…e si tolse la maschera. … Era una donna. Remigio si era trasformato, per “magia”, in una donna. E’ noto che una persona… non ha bisogno della maschera… per apparire ciò che non è. (157)