dino secondo barili

GIOVANNI E IL FASCINO DELL'IGNOTO racconto (185) di Dino Secondo Barili


Intrigo … …a Pavia (Queste storie, anche se raccontate come vere, sono frutto di fantasia, pertanto non hanno  nulla a che vedere con persone reali o fatti realmente avvenuti) 185  Giovanni e il fascino dell’ignoto In un società che cambia velocemente… anche gli usi e le abitudini delle persone seguono lo stesso ritmo. E’ accaduto così anche a Giovanni, un anno fa. A settant’anni, rimasto vedovo, non poteva rimanere in casa solo. A fare cosa? Ha cominciato ad usciere. A fare passeggiate in città. Pavia è una città a misura d’uomo. Nel senso che le vie e le piazze sono raggiungibili da più punti con percorsi brevi e variegati. I palazzi sono ricchi di storia e una persona può immergersi nelle varie epoche storiche senza fare fatica. La storia, però, è una cosa… la vita è un’altra. Dopo le prime solitarie passeggiate in città, Giovanni, sentì il bisogno di parlare …di parlare con qualche persona, scambiare informazioni, notizie. Da parecchi anni, Giovanni, non usciva più di casa per curare la moglie ammalata…se non per fare la spesa e andare in farmacia a prendere le medicine. Ora era libero di muoversi… ma nella città, a Pavia (la sua città) non conosceva più nessuno. Bisogna ricominciare tutto da capo. Un giorno di marzo di un anno fa, Giovanni si trovava sotto le Torri di Piazza Leonardo da Vinci. L’aria era fresca, ma la primavera stava regalando le prime tiepide giornate. Decise di sedersi su una di quelle panchine verdi che si trovano nella piazza. C’erano molti studenti universitari (ragazzi e ragazze) che “cinguettavano” tra una risata e l’altra. Ad un tratto, Giovanni vide una figura conosciuta. Era… Enrica, la Signora Enrica. La titolare del Bar che si trovava sotto casa sua e che non vedeva da parecchi anni. “Buon giorno Signora Enrica. Come sta?” – La donna leggermente claudicante fece fatica a riconoscerlo. “Ma lei è Giovanni, Giovanni della Maria. Come sta sua moglie? Me la saluti. Devo andare perché sono di fretta. Ho un appuntamento dal Dottore per un esame clinico. Mi saluti sua moglie.” Giovanni rimase male, ma fece finta di nulla. Si alzò e riprese a camminare. Le viette strette e ghembe di Pavia aiutano a pensare. “Come è fatta la vita.” – Si chiedeva mentalmente Giovanni. “Sembra ieri che conoscevo tante persone… ed ora non conosco più nessuno. Se ne sono andate tutte via… Chissà dove saranno? Chissà se in questo momento qualcuna di loro penserà a me? Perché non può essere che io pensi a loro… e loro, in questo stesso istante, non pensino a me?” Giovanni era giunto in Piazzetta delle Rose. Un luogo romantico dove è facile farsi prendere dalla nostalgia. Giovanni stava quasi per sedersi su una delle poche panchine della Piazza, quando si sentì toccare il braccio. “Giovanni. Giovanni… Ti ricordi me? Sono la Rachele. La tua ex-collega d’ufficio. Ricordi? Allora avevamo diciotto anni. Vieni con me? Vada dalla Signora Gilda, la Maga, colei che legge il futuro…” Giovanni accettò. La casa della Maga Gilda era al piano terra in una vecchio cortile ristrutturato della Pavia del tempo che fu. Gilda, la Maga, ricevette Giovanni e Rachele nella piccola stanza adibita a salotto e cucina. Nulla di straordinario. Gilda era veramente una Maga. Prese Giovanni in simpatia. “Lei è il Signor Giovanni. Non abbia paura… Oggi, le farò provare le più grandi emozioni… mai provate in vita sua. Incontrerà tutte le persone che desidera vedere e rivedere…” Giovanni non disse una parola …e si trovò in un altro mondo…” (185)