dino secondo barili

LA BORSETTA DIMENTICA A VIENNA racconto (220) di Dino Secondo Barili


Intrigo … …a Pavia (Queste storie, anche se raccontate come vere, sono frutto di fantasia, pertanto non hanno  nulla a che vedere con persone reali o fatti realmente avvenuti) 220 La borsetta dimenticata…a Vienna Chi è che, avendo partecipato ad un viaggio in comitiva, non ha dimenticato o perso qualcosa? Sono pochi coloro che possono dire di “non” aver mai smarrito o dimenticato qualcosa… da qualche parte. La Dott. Isabella, trentacinque anni, single (in attesa di incontrare l’uomo della sua vita), un anno fa, era tra coloro che rimpiangeva… la “sua” perdita. Si trattava di una borsetta, una borsetta speciale, la “sua”. Non era un capo firmato, ma il valore era affettivo in quanto era un regalo di sua mamma in occasione della Laurea. Isabella, a quella borsetta ci teneva. Per tale motivo aveva voluto portarla con sé nel viaggio a Vienna. Vienna è una delle Capitali del turismo musicale. In tale “luogo” (Capitale è dire poco) confluiscono amanti di musica particolare, “il valzer”. Il valzer non è solo viennese. Grandi musicisti (come Chopin, Liszt, Ravel) hanno scritto partiture importanti con quel tipico ritmo. Tuttavia coloro che amano il valzer non possono fare a meno di visitare e ascoltare il valzer a Vienna. La Vienna del valzer… dove ci sono “gruppi di appassionati” i cui ruoli (e obiettivi) sono veramente originali. Infatti, tra gli amanti del valzer vi sono artisti “speciali” il cui fine è quello di cogliere la magia del valzer, la “metafisica” del valzer. Qualcuno li considera un po’ “esaltati”, ma non è cosi. Spesso si tratta di veri geni che vogliono “percorrere nuove strade del sapere”. Il valzer è una musica magica. Basta chiudere gli occhi per finire in un “labirinto di sensazioni” uniche e indimenticabili. A Vienna, la Dott. Isabella aveva aderito ad alcuni appuntamenti. Durante tali “incontri particolari” c’era la novità. Gli incontri erano riservati ad un numero ristretto di persone appassionate. C’era un “conduttore” che introduceva e spiegava via via l’argomento mentre un piccolo e qualificato complesso eseguiva con abilità le musiche scelte. Insomma… roba da neofiti. Al primo incontro la Dott. Isabella era rimasta scioccata dall’originalità. Ad un tratto il “conduttore” aveva ordinato di chiudere gli occhi. La Dottoressa lo aveva fatto. Per un tempo imprecisato aveva vissuto “un’avventura musicale” eccezionale. Al secondo incontro le cose erano andate ancora meglio… Ed era stato proprio in tale occasione che la Dott. Isabella aveva dimenticato (e smarrito) la borsetta. Della scomparsa si era accorta solo sul pullman durante il viaggio di ritorno. Inutile farsene una colpa. Ormai, la borsetta non c’era più. “Perduta… perduta per sempre” – pensò la Dottoressa… con un “groppo” in gola. Passarono alcuni mesi e Isabella teneva d’occhio le “cronache musicali” sul quotidiano che leggeva ogni giorno. Una mattina notò un trafiletto. Diceva. “A Venezia, martedì’, è di passaggio il “Complesso del Valzer di Vienna”. Un’occasione unica per i “patiti” di tale musica.” Per la Dott. Isabella era come il “richiamo del fauno”. Lo stesso che i cacciatori usano per attirare la selvaggina. Telefonò per fissare l’adesione. Quel giorno a Venezia c’era l’acqua alta. Solo coloro che assistono ad un simile spettacolo sanno cosa vuol dire ascoltare un valzer davanti a tale scena. L’incontro si svolgeva in piccolo locale dell’antica Venezia (chiamarlo Caffè sarebbe esagerato). Le pareti scure, soffitto basso, un’impalpabile penombra. Prima che iniziasse l’incontro musicale, la Dott. Isabella, notò sul tavolino accanto al suo una borsetta. Sembrava la sua. La prese tra le mani per controllare “un marchio speciale” che vi aveva impresso. Era veramente la sua. Chiese all’Organizzatore, un Signore dal fascino irresistibile, come mai la “sua borsetta” si trovasse in quel luogo. L’affascinante Signore sorrise… “Non lo so. Non ho mai visto quella borsetta. So solo che il valzer… un giorno, mi avrebbe fatto incontrare l’amore. Quell’amore sei tu.” (220)