dino secondo barili

L'UFFICIO DI CLARA racconto (465) di Dino Secondo Barili


Intrigo … …a Pavia (Queste storie, anche se raccontate come vere, sono  frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla a che vedere con persone o fatti realmente avvenuti) 465 L’Ufficio di Clara Ci sono Uffici dove gli impiegati sono come una famiglia, anzi meglio. Tutti si sentono coinvolti in un progetto comune il cui fine ultimo è “il piacere di tutti”. Anche nell’Ufficio di Clara, trent’anni, bella ragazza, single, vigeva lo stesso principio. Tutti per uno… uno per tutti. Gli impiegati maschi erano tre e le impiegate dodici. Totale quindici persone che lavoravano all’unisono… come fosse una sola persona. Il Titolare dell’Ufficio ne era orgoglioso e non cessava mai di sottolinearlo. In realtà, in quell’Ufficio di Milano, c’era un segreto. Una volta al mese, tra gli impiegati si svolgeva una specie di “rito”. Ogni impiegato scriveva il proprio desiderio su un biglietto che veniva posto in un scatola. Ogni mese veniva sorteggiato “un desiderio” …e tutti quanti concorrevano e davano il proprio contributo per realizzarlo. Un anno fa il sorteggio ha favorito Clara, appunto, l’impiegata trentenne, la quale oltre ad essere bella e single, aveva una voce che incantava. Nel biglietto aveva scritto: “Desidererei cantare”. Il desiderio sembrava uno dei tanti, ma suscitò subito interesse di tutti componenti dell’Ufficio. Una volta la gente si sfogava…cantando. Cantava per il piacere di cantare, di sentire la propria voce, di udire le parole che pronunciava. Ed il piacere era doppio quando le persone che ascoltavano erano soddisfatte. Poi, sono arrivati soldi, il successo, la fama, il lusso e, oggi, le persone che hanno qualità vocali “non cantano più”… se “non” sono pagate. Per Clara, invece, era come se il tempo “non” fosse passato. Fosse rimasta… a cento anni fa. Clara sapeva di avere una bella voce, di amare le canzoni italiane, quelle degli anni cinquanta, sessanta … e prima (tipo “Portami tante rose”). Non chiedeva altro che di poter cantare. Cantare è un dono di Dio. I suoi Colleghi dell’Ufficio ne erano consapevoli. Inoltre, il canto è contagioso. Quando una persona sente cantare… è invogliata a fare altrettanto. Ecco perché, quando il desiderio di Clara venne sorteggiato, tutti, impiegati e impiegate, si offrirono di dare una mano. Michele, uno degli impiegati, aveva una Cascina in Lomellina nella quale c’era spazio per fare le prove di canto. Si poteva cantare liberamente a squarciagola. Detto fatto venne fissato l’appuntamento. Ogni domenica mattina alle ore dieci… prove di canto. Quando le attività si fanno per il puro e semplice “piacere”… lo spazio e il tempo si trova sempre. Infatti, oltre alle canzoni cantate da Clara in modo sublime, si formò “un coro” che cantava le stesse canzoni di Clara … con qualche variante in più. L’appuntamento della domenica mattina era ormai diventato un appuntamento irrinunciabile. La compagnia di canto si dette un nome… “L’Ufficio di Clara”… Dell’Ufficio non c’era niente… o meglio c’era solo il personale impiegatizio. Quando il Titolare dell’Ufficio venne a conoscenza dell’iniziativa volle prendervi parte. Incoraggiò l’idea con contributi in denaro per l’acquisto di eventuali “strumenti di lavoro”. Non solo. Tutte le domeniche, il primo ad arrivare in Cascina era proprio il Titolare , il cinquantenne, single, Dott. Roberto, il quale, segretamente, era innamorato della voce di Clara (solo della voce?). Siccome, il Dott. Roberto, conosceva “mezza” Milano, cominciò a portare nella Cascina della Lomellina, Registi, Produttori e Giornalisti. La voce di Clara e il “suo Coro” hanno cominciato a ricevere offerte di spettacoli. In poco tempo, il Gruppo “L’Ufficio di Clara” ha avuto bisogno di un Agente. E chi poteva essere? Il Dott. Roberto, il quale aveva, non solo l’Ufficio vero, ma anche quello “canoro”. Naturalmente la Compagnia passò di successo in successo. Il Dott. Roberto, un giorno prese coraggio e dichiaro il proprio amore per Clara… la quale non aspettava altro. Infatti, è giusto “cantare per piacere”… ma se poi, c’è pure “il piacere di qualcos’altro”… tanto meglio. - (465)