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L'enigma del sigillo imperiale

Post n°628 pubblicato il 31 Marzo 2015 da pedro_luca
 

Eniuga del sigillo imperiale

.

L'enigma del sigillo imperiale

Traccia XXX

 

“Io devo andare dal mio compare che giace ammalato per riportarlo casa dai suoi.”
“E dov’è questo tuo compare ? Nell’ospizio del borgo?”
A rivolgermi la domanda è un uomo dall’apparente età matura, i capelli lunghi, unti e bianchi come la barba fluente che gli copre il volto scavato. E’ molto magro e veste una tunica chiara ed un mantello porpora. Se ne sta chino appoggiandosi ad un bastone lavorato con pregio, ha gli occhi semichiusi come fanno quelli che hanno il dono della vista consumato.
“Sta su, in montagna, in un eremo che dista da qui più di tre giorni di cammino a cavallo, a piedi penso che ne occorrano almeno il doppio perché ci sono parecchi monti da valicare. L’ho lasciato alle cure caritatevoli di persone pie e devote.”
“E’ in custodia da una comunità di monaci? Beh, allora non ti preoccupare oltre, non lo sai che nei monasteri il tempo non esiste?”
Nell’aria risuona una voce ridanciana:
“Il tempo non esiste perché non si vede.”
La frase, seguita da risolini sarcastici si leva dal gruppo di gente che nel frattempo si è radunato attorno a noi. Il vecchio risponde annuendo più volte:
“Si. Si. Il tempo non esiste per chi vive l’eternità.”
Il canuto non si volge nemmeno verso di loro, rimane fermo al suo posto e continua a fissarmi, almeno, a me pare che cerchi di farlo, perché il suo sguardo ha la fissità di chi non trova le immagini che sta cercando, mentre il tremore della sua mano sinistra, quella che non si appoggia al bastone, ma pende inerte lungo il fianco sembra rimarcarne l’insistenza.
Mi sento al centro dell’osservazione e non è quello che cerco perché avverto un forte  disagio, a trarmi d’impaccio è un giovane arruffato e vestito con gli indumenti degli addetti alle stalle, mi affianca e dà segno di conoscere bene il vecchio:
“Salute a voi, Orduil,”
Il saluto è accolto da alcune risatine di scherno :
“lo trovi dappertutto per il castello. A vederlo pare uno che faccia fatica a stare in piedi e invece te lo trovi dove meno te l’aspetti. A dire il vero lui ne sa di cose che riguardano le ordini delle confraternite, i monaci e gli scrivani. Ha fatto il buffalibro per tanti anni al servizio dei miniaturisti del monastero di fratello Marcus.”
Il giovane stalliere parla sorridendo ed i suoi occhi chiari fissano divertiti quell’uomo appoggiato al bastone. Il suo atteggiamento è intriso d’allegria ma non trovo tracce di malignità e nel tono della voce c’è una vaga leggerezza canzonatoria, tanto che sono indeciso nel credere se stia parlando seriamente oppure stia solo scherzando.
“A furia di soffiare la farina essicante dalle pagine scritte, a furia di asciugare le miniature dei libri si è convinto di aver respirato il sapere che è impresso su quelle pergamene. Povero vecchio Orduil, in tutti questi anni si è solo consumato gli occhi cercando di comprendere quello che uno come noi, gente che non sa leggere, è impossibilitato a fare. Eppure, strano a credersi, col tempo qualcosa gli è rimasto, anche se non sa comprendere la scrittura, ogni tanto gli scappa un po’ di quella sapienza. Può darsi che siano solo dei frammenti disordinati dei discorsi appresi dai  frati.”
Da come si guarda attorno, dal suo gesticolare squilibrato deduco facilmente che quel vecchio è uno di quelli che sono andati un po’ fuori con la testa, ecco, a questo punto mi ricordo di Bernardo. Chissà, spero proprio che si rimetta com’era prima di quella botta in testa.
Dall’androne vedo comparire la figura di Aldobrando, anche se non ha ancora messo piede nel cortile ed il suo viso è ancora avvolto dall’ombra, lo riconosco dall’incedere.
Gli vado incontro d’impeto, voglio sapere se possiamo lasciare il castello oppure c’è da attendere chissà cosa.
“Credo che tu sappia già cosa è successo. Comunque per questo hanno deciso di fare una indagine affidandola al capitano Cadeur. Il principe mi ha chiesto di affiancarlo in questo compito perché, essendo io forestiero, posso dare all’investigazione un ulteriore e superiore carico d’imparzialità. Insomma, pare che non si voglia  dare adito a chiacchere, perché il capitano ucciso è quello di cui si vociferava avesse una relazione con la dama del signore.”
Da come mi osserva e dall’accenno di sorriso spontaneo che gli è spuntato sul volto capisco di aver manifestato la mia delusione in modo appariscente. Cerco di darmi un contegno adeguato ma il disappunto per la mancata partenza monta in me. Lui si sofferma ad osservare il palazzo come se avesse notato qualcosa di strano, e poi prosegue:
“Comunque non preoccuparti che sarà una cosa breve, perché questa non è una sedizione, non è una rivolta, questa è una faccenda circoscritta al castello. Conti da saldare tra  loro a cui serve una rappresentazione che li legittimi. Poi, un delitto, un assassinio, che è? Cose che si risolvono nel giro di poco tempo.”
Lo ascolto con poca attenzione perché improvvisamente e senza alcun motivo ho come una strana sensazione spiacevole, come per l’incombere di una avvenimento a lungo temuto. Non so perché ma inizio ad avere parecchi dubbi sul fatto che la faccenda di cui parla Aldobrando sarà di breve durata, e il timore che si finirà con l’andare per le lunghe trascinandoci dietro altre fastidi e altre complicazioni si fa sempre più forte. Il fatto è che mi  sento come preso in una trappola da cui non ho nemmeno la più piccola idea di come uscirne, e poi, cosa posso fare? Penso di non avere altra scelta che questa, di rimanere al fianco di Aldobrando, in una posizione che mi dà più garanzie di sicurezza piuttosto che tentare l’azzardo di un allontanamento solitario dal castello. E per andare dove, con che mezzi? Così accetto ilo fatto compito, anche se non era nei patti, mi metto l’animo in pace e rimango al mio posto, scudiero al servizio di Aldobrando. Se la volontà del padre eterno è questa, vorrà dire che attenderò che si compia il tempo destinatomi prima di ritornare all’eremo da Bernardo, e poi non è forse vero che è meglio arrivare tardi a destinazione che non arrivarci di fretta.”
“Hai compreso?”
Aldobrando quasi si mette a ridere per come assiste ai miei muti indugi, ma poi mi rassicura:
“Fidati.”
Rispondo di si con il capo, cos’altro posso fare, affronto gli sviluppi della vicenda perché è ormai chiaro che il mio ritorno all’eremo non può prescindere da quello di Aldobrando.

 
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