I viaggi della vita

Ma propio propio...


Ore 18:37, finalmente sono sul trenino, posso tornare verso casa. Solito vagone, solito posto, anche se visto che è sabato sera non c’è nessuno, non pendolari, non borse e cappotti ingombranti ovunque. Solo qualcuno con buste natalizie che depenna da una lista infinita il nome del destinatario di quel pacchetto. E una coppietta di ragazzini, che ovviamente ascoltano musica dallo stesso iPod, una cuffia per uno, col volume così alto che riconosco anche io la canzone. Mi siedo, mi sistemo, apro la borsa, prendo dei fogli da leggere e correggere, approfitterò del silenzio (a parte la musica) per concentrarmi. Certo, se non si fermasse il treno a Trastevere. Luce spenta, buio completo, non si aprono le porte, non si accendono le luci di emergenza. Nulla di particolare, già capitato tante volte. Ma in quel silenzio, in quel buio, in quell’atmosfera poteva il ragazzetto stare fermo?  “Aho’ ma che sei scemo? Guarda che te pisto! Anvedi questo, metti i mano appposto!” “E daje, popio mo’ devi fa’ a prezzziosa!”“O sai che sei proprio stronzo!” La luce torna, la porta si apre. Una furia mi passa accanto, una ferrari non l’avrebbe raggiunta, e soprattutto non avrebbe cacciato lo stesso fumo! Dopo un po’ ecco anche il ragazzetto, mogio mogio, ma non per l’umiliazione, solo perché toccava trovare un’altra! Il pantalone sotto al sedere, le mutande viola (!) di D&G (saranno originali?), le scarpe con i lacci liberi, giubbotto nero con cappuccio impellicciato, cappellino con visiera ed immancabile piercing al sopracciglio e chewing-gum. Escono e cominciano a discutere sulla banchina, proprio davanti al mio finestrino. Mi rimetto a leggere, con il sottofondo di “aho” e “ma chevvvoi”, mi concentro e non sento più rumore. In realtà hanno fatto pace, rientrano sul treno e si rimettono vicini, abbracciati e con una cuffia per uno.  Mah… Beata gioventù