Pensieri sparsi

Le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.


LE BUGIEL’energia elettrica in Italia è più cara perché in nostro mix di produzione è troppo sbilanciato verso il gas naturale e non abbiamo centrali atomiche. Ciò è assolutamente falso. L’alto costo dell’energia elettrica italiana è dovuta a quattro principali fattori:1. Il sistema di formazione del prezzo dell’elettricità nella borsa elettrica, detto anche “sistema del prezzo marginale”. Con questo sistema l’energia elettrica offerta non viene remunerata in base al singolo prezzo richiesto da ogni produttore, ma in base al prezzo più alto offerto tra i produttori, con il risultato di consentire loro grossi extra-profitti e un prezzo finale per i consumatori più alto anche del 10%.2. I cosiddetti “oneri generali di sistema”, che pesano per un altro 10% sulle bollette elettriche e che servono a pagare lo smantellamento delle 4 vecchie centrali nucleari italiane (212 milionidi euro nel 2008), a ripagare le imprese elettriche e l’Enel in  particolare per gli investimenti fatti prima della liberalizzazione(680 milioni di euro nel 2007), e soprattutto per incentivare le fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la produzione di elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la cogenerazione a gas naturale. In particolare, queste fonti non rinnovabili, nel 2008 hanno rappresentato l’83,3% dei ritiri obbligati CIP6 e il costo per i consumatori è stato di 1.720 milioni di Euro.3. L’inadeguatezza della rete elettrica nazionale sia in alta, che media e bassa tensione. La rete di trasporto e di distribuzione è stata progettata negli anni‘60 del secolo scorso, gli anni del monopolio, e realizzata principalmente come monodirezionale e quindi passiva. Le odierne esigenze sono invece di sviluppare reti di trasmissione attive, cioè in grado di accogliere e smistare efficientemente anche i flussi provenienti dai tanti piccoli e medi impianti (la cosiddetta generazione distribuita). Nel Sud Italia e nelle Isole poi, la rete di trasmissione è particolarmente insufficiente e congestionata, con il risultato che l’energia elettrica raggiunge prezzi molto elevati con punte, nella Borsa Elettrica, di 180 €/MWh contro medie di 70 €/MWh del resto dell’Italia (vedi GME). Possiamo sostenere quindi che un'altra buona fetta della tariffa elettrica è imputabile alla inadeguatezza della rete elettrica italiana.4. Infine, quasi il 20% della bolletta elettrica se ne va in tasse e IVA. Secondo una indagine svolta da Confartigianato la tassazione dell’energia in Italia risulta superiore del 30% rispetto alla media europea. Certamente la tassazione più consistente riguarda i prodotti petroliferi, ma anche sull’energia elettrica lo Stato non scherza.L’impatto di questo sistema d’imposizione è particolarmente pesante sull’industria: escludendo l’iva, un’impresa che consuma 160 megawattora all’anno, paga il 25,4% di imposte sui suoi consumi elettrici, contro una media del 9,5% in Europa.Mettendo assieme questi elementi scopriamo che la modalità con cui si produce la corrente elettrica non c’entra proprio nulla e che l’alto costo dell’elettricità in Italia è dovuto esclusivamente ai privilegidi cui ancora godono i produttori di elettricità e i petrolieri,all’inefficienza del sistema elettrico italiano e alla voracità dello Stato.In Francia l’energia elettrica costa meno perché ha il nucleare.E’ il cavallo di battaglia dei fautori del nucleare, purtroppo incapaci di comprendere la storia e l’intimo rapporto che ha legato da sempre il nucleare civile con il nucleare militare.Continua LE PAURELa sicurezza dell’approvvigionamento energetico.Questa è una delle più forti pressioni ideologiche e mediatiche operate per convincere gli italiani della necessità dell’energia nucleare: il petrolio proviene in prevalenza dai paesi arabi, il gas dalla Russia e dalla Libia, tutti paesi politicamente inaffidabili, per non parlaredel Venezuela di Chavez e della Bolivia di Morales che nazionalizzano le industrie del petrolio e del gas.Ebbene, pochi sanno che su un fabbisogno mondiale annuo di circa 70.000 tonnellate di uranio, solo 20.000 tonnellate, pari al 28%, provengonoda paesi cosiddetti stabili, quali Australia, Canada, USA; altre 20.000 tonnellate arrivano da Kazakhstan, Russia, Niger, Namibia e Uzbekistane le altre 30.000 tonnellate necessarie a equilibrare il fabbisogno dei reattori nucleari provengono dagli arsenali militari in smantellamento,per lo più ex Sovietici.La caccia all’uranio è ormai uno degli sport preferiti dei Capi di Stato.Il tema centrale della tournée di Nicolas Sarkozy in Africa nel marzo di quest’anno è stato l’uranio. Accompagnato dal presidente di Areva, la più grande multinazionale dell’energia atomica, Sarkozy si èassicurato i diritti di esplorazione e di sfruttamento di tutti i giacimenti di uranio della Repubblica del Congo. Poi è volato a Niamey, in Niger, dove si è assicurato, battendo la concorrenza dei cinesi, i diritti di sfruttamento sul gigantesco giacimento di Imouraren destinato a diventare una delle maggiori miniere di uranio del mondo.In cambio Sarkozy ha promesso che, oltre che investire 1,2 miliardi didollari nel paese, avrebbe smesso di fomentare la rivolta dei Tuareg armando il Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ) in lotta contro il governo centrale per via dell’espropriazione degli immensi territori ricchi di uranio.Se non rientriamo nel nucleare saremo “tagliati fuori” dallo sviluppo tecnologico.E’ la grande preoccupazione dell’industria italiana dopo la sigla del memorandum tra Enel e EdF per l’avvio del nucleare in Italia. L’allarme è stato lanciato da Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, intervenendo a un convegno su “Innovazione energetica e rilancio del nucleare”, organizzato dall’Oice, associazione delle organizzazioni di ingegneria, il 18 marzo a Roma.Zampini ha spiegato infatti, che l’impostazione di fondo dell’intesa Enel-EdF prevede la scelta della tecnologia francese EPR con il rischiodi essere colonizzati in una situazione in cui l’80% delle attività ingegneristiche per la realizzazione delle nuove centrali sarebbero in mano a società e aziende transalpine, incluse le attività di manutenzione.Ha affermato Zampini: “se non c’è una ricaduta per le nostre aziende in termini di partecipazione tecnologica, perché fare il nucleare?”Già, perché fare il nucleare? Non certo per produrre energia elettrica a costi minori: tutti gli studi internazionali seri riferiscono ormai che il costo del kWh nucleare dei nuovi impianti sarà inevitabilmente più elevato del kWh prodotto con il gas o il carbone;nessuna banca è disponibile a finanziare nuovi impianti senza garanzie dallo Stato, nessuna società è disponibile ad assicurare il rischio di incidente, i costi per il trattamento delle scorie nucleari sono sconosciuti e soprattutto non si sa ancora dove metterle.L’unica solida ragione per avventurarsi nella costruzione di un sistema nucleare in Italia può essere quello di dare lavoro a poche grandi imprese. Questo perché una filiera nucleare non è cosa da piccole e medie imprese: è un affare per giganti.Continua