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Una Ricercuccia cacio e pepe


Sul declinare degli anni '60 e per tutti i '70 fu come se una specie di elettrochoc attraversasse la sonnolenta e pigra città di Roma: improvvisamente fu chiaro a tutti che erano tempi nuovi, che proponevano nuovi bisogni, nuovi sogni e nuove risposte. Persino i gatti, i famosi micioni romani, del Colosseo, del Pantheon e di Largo Argentina si tirarono su dal languido torpore che li caratterizzava e cominciarono a darsi un'occhiata intorno con un fremito di energia nuova. La scossa attraversè tutte le discipline, dal teatro alla musica, dal cinema all'arte visiva, dalla poesia ai semplici comportamenti. Ci fu una specie di patto intergenerazionale e i già noti Mambor o Schifano accettarono di lavorare con i più giovani già insofferenti dei dogmi del Gruppo 63. I quartieri del centro storico, ancora abitati da indigeni poveri (artigiani, operai e malvissuti non proprio di arte)offrirono le cantine nelle quali mettere in scene qualsiasi cosa e da là passarono Carmelo Bene, Mario Ricci, gli eroi del Beat '72 e generazioni di neo diplomati all'Accademia d'Arte drammatica: il pane e le rose di Marx e la poesia e 'na gricia col guanciale che ha preso un filo di rancido di Roma.https://www.youtube.com/watch?v=jdI3uSjKE34https://www.youtube.com/watch?v=UpVDzf7HvVU(in memoria)    La cosa più facile, quella che veniva più naturale, la cosa più vitale era innamorarsihttps://www.youtube.com/watch?v=tdiyVI1dQks(per Anna, per i suoi occhi tristi e il suo sorriso sfolgorante)