la mappa è il mondo

il mondo dei Lemuri


Il latino, e l’italiano che ne deriva, è una lingua partitiva e tassonomica: se c’è qualcosa al mondo questa ha un nome, se non ha un nome la cosa non c’è, semplicemente. Lo stesso per l’italiano: un rogito non è un contratto perché se no si sarebbe chiamato contratto e non rogito. Basti poi pensare a Linneo che col latino fece una mappa del mondo con la quale classificava, appunto, gli organismi viventi dando un nome a ciascuno e ripartendoli tra loro. La categorizzazione è una forma necessaria per trasmettere la conoscenza in maniera scolastica alle più giovani generazioni. Un procedimento necessario ma non indolore, come sappiamo tutti: può infatti capitare che solo passando dal manuale di Storia di Saitta a quello del Villari si scopra che la III Guerra d’Indipendenza l’abbiamo fatta da alleati con Bismarck. Capita di peggio all’arte, categoria considerata metafisica tra le migliori, che per essere trasmessa deve diventare “Storia dell’Arte” con tutto il corollario dell’apparato di date, periodizzazioni, stili, correnti, e affermazioni, appunto categoriche. Così succede che ci siano persone che, dopo aver fatto lo sforzo di mandare a memoria tutti gli indici dei libri di testo, vogliono imporre al mondo intero queste nozioni. E’ un’operazione anticulturale e antiartistica, profondamente arrogante e, insieme, disgiuntiva e riduzionista. Queste persone arroganti, vivendo di dogmi creati dalle loro carenze psicologiche, negano di fatto che l’atto creativo sia di per sé deviante e antidogmatico (non esiste un’arte mafiosa, esiste una mafia che pretende di praticare l’arte). La favolosa macchina mentale (come la chiamerebbe Morin) genera mistero e continenti sconosciuti: sta a noi provare a esplorarli, senza dimenticare mai che le emozioni si elaborano in sentimento cioè nella consapevolezza del sentimento.