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Poveri noi, ex benestanti


In provincia di Pordenone sono 10 mila le famiglie povere o a rischio di povertà. Chiedono lavoro, sostegno economico e alloggio. In gran parte dei casi sono italiane. La fotografia del Centro di ascolto della Caritas
Siamo sempre più “poveri”. La fotografia del Belpaese scattata dal rapporto annuale 2006 dell'Istat, presentato a fine maggio, non lascia dubbi: sono 7,6 milioni le persone indigenti e una famiglia su due ha un reddito mensile netto inferiore a 1.670 euro. Inoltre, ben un milione e mezzo di persone percepisce un reddito mensile basso (mediamente al di sotto di 783 euro) e vive in contesti familiari economicamente disagiati. Per l’Istat sono “povere” 2 milioni e 600 mila famiglie: l’11,7 per cento del totale. Il dato ai riferisce alla povertà relativa (quella misurata sulla base dei consumi) che dal 1997 al 2004 è rimasta invariata. L’emergenza riguarda il Sud dove una famiglia su 4 è povera, ma anche il “ricco” Nordest deve cominciare a preoccuparsi. Batsa guardarsi attorno. Com’è, dunque, la situazione nel nostro territorio? A spiegarlo è la relazione annuale del Centro di ascolto della Caritas di Concordia-Pordenone. Le famiglie in difficoltà economica del Pordenonese, sono 10 mila. Dato che basterebbe da solo per inquadrare una situazione abbastanza consistente di disagio sociale. Povere, o a rischio di povertà, queste non sono solo le famiglie degli extracomunitari, anzi. La componente locale è sostanziosa. Chi bussa alla porta della Caritas chiede lavoro e, sempre di più, sostegno economico, pasti, accoglienza e alloggio. «La sfida più grande – spiega don Livio Corazza, per anni direttore della Caritas – di chi viene al Centro di ascolto è vincere il pudore di mostrare il proprio bisogno. Vincere la paura di non essere preso sul serio e di non trovare risposte. Di andare incontro ad un’altra delusione. Vincere i propri sensi di colpa. Chi ha bisogno si sente sempre in colpa. Si sente sempre accusato di essere un peso per la società, di non essere capace di arrangiarsi. Ma anche chi ascolta deve vincere delle sfide non meno forti. La sfida di capire il bisogno della persona che si presenta davanti. Di essere in grado di saper ascoltare con delicatezza e rispetto. Senza paternalismi e aria di superiorità». La paura di sentirsi inutili, a volte, diventa insopportabile. Non quando si tramuta nel guardare avanti con altro sentimento. «Tutti coloro che vengono qui – prosegue don Livio – hanno nel cuore una speranza. I poveri sono cercatori di speranza per sé e per i propri figli. E in una società che difetta fiducia nel futuro è il più grande servizio che esso ogni giorno offre alla città». Ecco che il Centro di ascolto diventa un luogo fondamentale per il domani di queste persone. Nel corso del 2006 sono state ascoltate oltre 2000 richieste e al primo posto, anche se in calo rispetto agli anni precedenti, si posiziona la richiesta di lavoro con il 27 per cento dei casi. Di questi, ben più della metà (68 per cento, all’incirca come nel 2005) delle persone che giungono alla Caritas dichiara di essere disoccupata o in cerca di prima occupazione. Esiste un rapporto di lavoro solo nel 24 per cento dei casi, ma solo il 13 per cento di questi ha un contratto a tempo indeterminato, gli altri hanno lavori temporanei o non in regola. Le necessità materiali sono tante anche tra coloro che hanno un’occupazione, soprattutto quando si trovano ad essere gli unici percettori di reddito in un nucleo familiare con figli a carico e abitazione in affitto. Una speciale attenzione va dedicata alle persone che chiedono alloggio. Il Centro di ascolto continua a ricevere, direttamente o attraverso segnalazioni di terzi, richieste di alloggio in emergenza, di albergaggio, di soluzioni abitative provvisorie da parte di persone, italiane e straniere, che per i motivi più diversi si trovano senza un posto dove vivere (oltre un centinaio le richieste nel 2006). Per una prima risposta, non certo risolutiva ma segno di attenzione e partecipazione al disagio di chi non ha un posto dove vivere, sono state 66 le notti di albergo pagate dalla Caritas, in gran parte assicurate attraverso la collaborazione con la Casa della Madonna Pellegrina, per una spesa complessiva pari a 2.771 euro. Per situazioni più complesse, vissute da persone segnate da problematiche profonde e bisognose di particolare sostegno, viene proposto l’inserimenti in comunità.Da tener presente che il Centro di ascolto è collegato in vario modo con diverse strutture, prime fra tutte quelle gestite dalla Caritas stessa, per donne sole o con minori (progetto Eloisa); poi i centri di prima accoglienza (gestiti dalle Caritas di Vallenoncello e Roraipiccolo); i progetti di accoglienza per rifugiati e Casa San Giuseppe (con l’attivazione degli operatori della Nuovi Vicini) e altre realtà autonome attive nel territorio (Oasi, Il Segno, Casa Emmaus, Cav) e altre fuori provincia (in particolare gestite da altre Caritas diocesane) con cui il dialogo è frequente. Non essendoci un dormitorio ed una mensa a Pordenone queste presenze non sono evidenti, ma molte risposte vengono date grazie alla presenza diffusa di realtà di accoglienza che cercano di porsi in continua relazione e che tutte insieme garantiscono più di 60 posti. Tra le persone che chiedono accoglienza le più fragili sono le donne, ad esse la Caritas diocesana cerca di dedicare una particolare attenzione, a partire dal primo ascolto fino alla definizione di progetti di sostegno mirati e strutturati. Ecco il perché di una struttura apposita a Pordenone, in via Udine. Su questo fronte il Centro di ascolto collabora strettamente con l’Area Donne della Caritas diocesana (Progetto Eloisa), che gestisce le due strutture di accoglienza. Nel solo secondo semestre del 2006 oltre 20 segnalazioni sono state raccolte dal Centro di ascolto e prontamente condivise con l’equipe del Progetto Eloisa. Riguardavano situazioni di violenza e maltrattamento, richieste di alloggio di emergenza, consulenza legale, tutte con donne protagoniste di storie di profonda sofferenza. Il monitoraggio delle segnalazioni e delle richieste di alloggio ed accoglienza presentate dalle donne, sole o con figli, ha favorito la maturazione di una sempre più attenta capacità di rilevare situazioni di disagio, potenziando i rapporti con i servizi, ottimizzando la gestione e l’utilizzo delle risorse alloggiative e di personale dedicato, affinando l’abilità di creare percorsi di uscita dal disagio. Nell’ambito del progetto Eloisa nel corso del 2006 sono state accolte 10 donne con 7 minori, sono state inoltre sostenute a domicilio altre 3 donne e 4 minori. Sul fronte delle donne la Caritas intende continuare ad investire, senza calare la guardia, affinando la sensibilità dei propri operatori e servizi, migliorando la propria abilità di osservazione e discernimento di situazioni di particolare rischio e debolezza, con l’obiettivo di riuscire ad ascoltare ed incontrare il disagio emergente, a sostenerlo e contenerlo, maturando esperienze di supporto alle donne e alle madri sole. Nel corso dell’anno le persone ascoltate sono state 709, di cui 361 venute per la prima volta.