Il mondo dei libri

SALONE LIBRO 2008 - BOICOTTARE O NO?


Ogni anno a Torino si svolge la 'Fiera internazionale del libro'. Quest’anno, già dal 20 febbraio è iniziato un dibattito all’interno del salone dove è stato scelto Israele come ospite d’onore. Non tutti hanno apprezzato la scelta e così si è creato un vera e propria divisione. Di seguito la scena rappresentativa della divisione tra chi vuole boicottare la fiera e chi la difende. Segue un’intervista a Tarqui Ali che spiega le motivazioni della scelta di non partecipare come ospite alla Fiera.Ugo Volli e Daniela Santus manifestano con una stella gialla  sul petto e una bandiera di Israele  TORINO.Docenti vestiti con la bandiera israeliana per «non boicottare la Fiera del libro»: è l’ iniziativa di Daniela Santus e Ugo Volli ieri mattina nell’ atrio di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’ Università di Torino.«In questi giorni - spiegano i due docenti - si stanno alzando voci che chiedono il boicottaggio della Fiera del libro di Torino che avrà Israele come paese ospite perchè, dicono, nel 2008 ricorre l’ anniversario di quando 850 mila profughi palestinesi dovettero abbandonare le loro case sotto l’ attacco dell’esercito israeliano. È falso. La verità è che a poche ore dalla nascita dello Stato di Israele, regolarmente sancita dall’ Onu, gli eserciti di sette paesi arabi attaccarono il neonato stato al solo scopo di distruggerlo».Ribattono gli studenti : «Questi professori rappresentano soltanto se stessi. Volli e Santus si devono mettere in testa che da qui alla Fiera del libro gli studenti faranno una miriade di iniziative contro la scelta della Fiera».Quando era terminato il volantinaggio dei professori Santus e Volli pro Israele si è presentato nell’atrio di Palazzo Nuovo il docente di Filosofia Gianni Vattimo, indossando una bandiera palestinese. «Essere contro il governo di Israele non significa essere antisemiti - ha spiegato - ma invitare Israele come paese ospite alla Fiera del libro è stato un atto provocatorio». Secondo Vattimo il presidente della Fiera, Rolando Picchioni, e il
direttore Ernesto Ferrero, «si sono presi il ’pacchetto’ dall’ ambasciata israeliana. Israele è un paese in guerra, invitarlo vuol dire stare dalla sua parte».LA STAMPA 20-02-2008Tariq Ali - Perché non parteciperò alla fiera del libro di Torino 2008 “Una cosa è sostenere il diritto di esistenza di Israele, cosa che ho sempre fatto. Ma da questo estrapolare che tale diritto a esistere significhi che Israele ha un assegno in bianco per fare ciò che vuole a coloro che ha espulso e a coloro che tratta come Untermenschen (termine nazista utilizzato per descrivere "persone inferiori") è inaccettabile”. Quando ho acconsentito a partecipare alla Fiera del Libro di Torino, alla quale ho già partecipato in passato, non avevo idea del fatto che "l'ospite d'onore" sarebbe stato Israele ed il suo sessantesimo aniversario Ma questo è anche il sessantesimo aniversario di quella che i palestinesi definiscono "nakba", il disastro che li ha colpiti quell'anno, quando vennero espulsi dai loro villaggi, uccisi in molti e alcune donne stuprate dai coloni. Questi fatti non sono più in discussione. Dunque perchè il  Libro di Torino non ha invitato in numero uguale i palestinesi? 30 scrittori israeliani e 30 scrittori palestinesi (e vi prometto che esistono e sono ottimi poeti e scrittori) sarebbero potuti essere visti come elemento positivo e pacifico che avrebbe prodotto un significativo dibattito. Una versione letteraria dell'orchestra Diwan di Daniel Bareboim composta per metà da palestinesi e per metà da israeliani. Una simile scelta avrebbe unito molte persone ma non è stata fatta. Gli organizzatori avranno i loro motivi. In passato ho discusso animatamente con alcuni degli scrittori israeliani che hanno visitato il fiera e sarei stato felice di fare altrettanto se le condizioni fossero state diverse. Quanto hanno deciso di fare è una sgradevole provocazione.“Sembrerebbe che la cultura si stia progressivamente legando alle priorità politiche statunitensi ed europee. L'occidente è cieco alla sofferenza palestinese. La guerra israeliana in Libano, i resoconti quotidiani dal ghetto di Gaza non smuovono le politiche ufficiali dell'Europa. In Francia, lo sappiamo, è virtualmente impossibile criticare Israele. Anche in Germania, per ovvi motivi. Sarebbe triste scoprire che l'Italia stia seguendo lo stesso percorso. Quanto volte devo ribadire che le critiche alla politica coloniale israeliana non devono essere scambiate per antisemitismo? Accettare una simile situazione vuole dire divenire volontarie vittime di un ricatto che l'estabilshment israeliano utilizza per soffocare le critiche. Ci sono alcuni coraggiosi critici israeliani come Shabtai, Amira Hass, Yitzhak Laor i quali non permetteranno che le loro opinioni vengano nascoste. Shabtai si è rifiutato di partecipare. Come potrei altrimenti?Una cosa è sostenere il diritto di esistenza di Israele, cosa che ho sempre fatto. Ma da questo estrapolare che tale diritto a esistere significhi che Israele ha un assegno in bianco per fare ciò che vuole a coloro che ha espulso e a coloro che tratta come Untermenschen (termine nazista utilizzato per descrivere "persone inferiori") è inaccettabile.Personalmente auspico un solo stato israelo-palestinese. Mi è stato detto che è utopico. Forse lo è ma è anche l'unica soluzione a lungo termine. A causa dei temi affrontati nelle mie storie spesso mi viene chiesto (l'ultimo caso a Madison nel Wisconsin) se non sarebbe possibile riproporre un periodo aureo come quello andaluso e siculo quando tre culture convissero per lungo tempo. La mia risposta è la stessa: oggi il solo posto dove questo possa verificarsi è Israele/Palestina.Viviamo in un mondo dove si applicano standard doppi ma non siamo obbligati ad accettarli. Qualche volta capita che individui o gruppi a cui è stato fatto un torto a loro volta infliggano dolore ad altri. Ma la prima parte di questo assunto non giustifica la seconda. E' stato l'antisemitismo europeo che ha tollerato il genocidio ebraico della seconda guerra mondiale e questo ha reso i palestinesi vittime indirette. Molti israeliani ne sono consapevoli ma preferiscono non pensarci. Molti europei considerano adesso i palestinesi ed i mussulmani come una volta consideravano gli ebrei. Questa è l'ironia percepibile nei commenti della stampa e della televisione presenti in quasi tutta Europa. E' un peccato che la burocrazia della Fiera del libro di Torino abbia deciso di fare da mezzano ai nuovi pregiudizi che spazzano il continente. Speriamo un tale esempio non venga seguito altrove. “( Tariq Ali è uno dei direttori della rivista «New Left Review», noto e brillante esponente degli Studi Culturali, è anche storico, analista politico culturale, romanziere e regista cinematografico. Ha pubblicato alcuni celebri studi sull’islamismo e sui suoi rapporti con le culture occidentali. I suoi romanzi storici, raggruppati sotto l’etichetta di «Islam Quintet», comprendono anche Un Sultano a Palermo, The Book of Saladin, The Stone Woman e All’ombra del melograno, che è stato insignito del premio Archibishop San Clemente dell’Istituto Rosalia de Castro come «Miglior romanzo in lingua straniera» pubblicato in Spagna nel 1994. Attualmente sta lavorando all’atto finale del quintetto che verrà pubblicato come gli altri per BCDe.)