Gruppo Scout Pesaro2

Per amore del mio popolo non tacerò.


Don Giuseppe Diana, prete scout, ucciso dalla camorra per difendere la libertà del suo popolo Il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, veniva ucciso dalla camorra nel corridoio che dalla sacrestia porta alla chiesa don Giuseppe Diana, mentre stava per iniziare la Messa. “Don Peppino Diana ha avuto una storia strana, una di quelle che una volta conosciuta, bisogna poi conservarla da qualche parte nel proprio corpo. In fondo alla gola, stretta nel pugno, vicino al muscolo del petto, sulle coronarie. Una storia rara, sconosciuta ai più”.. Don Peppe era nato il 4 Luglio 1958 a Casal di Principe, in provincia di Caserta; Don Peppino aveva studiato a Roma e lì doveva rimanere a fare carriera lontano dal paese, lontano dalla terra di provincia, lontano dagli affari sporchi. Ma d’improvviso decise di tornare a Casal di Principe come chi non riesce a togliersi di dosso un ricordo, un’abitudine, un odore… Nel Marzo 1982 è ordinato sacerdote. Don Peppino divenne giovanissimo (nel Settembre 1989) parroco della parrocchia di san Nicola di Bari a Casal di Principe. Era uno scout, prima capo reparto dell’Aversa 1, poi assistente del gruppo, impegnato in zona e in regione, assistente nazionale dei Foulards Blancs, assistente generale dell’Opera pellegrinaggi Foulards Blancs. Essere prete e scout significavano per lui la perfetta fusione di ideali e di servizio. “Ricordo il fiume di scout che avevano dimesso la loro aria scanzonata da bravi figli di famiglia e sembravano portare annodata ai loro bizzarri foulard gialli e verdi una rabbia forte, perché don Peppino era uno di loro… Aveva deciso di interessarsi delle dinamiche di potere: voleva comprendere i meccanismi della metastasi, bloccare la cancrena, fermare l’origine di ciò che rendeva la sua terra una miniera di capitali e un tracciato di cadaveri” (R.Saviano). Aveva l’ossessione del fare, aveva iniziato a realizzare un centro di accoglienza dove offrire vitto e alloggio ai primi immigrati africani. Era necessario accoglierli, evitare – come poi accadrà – che i clan potessero iniziare a farne dei perfetti soldati. Con questo spirito di servizio aveva intrapreso la lotta alla camorra che infesta la sua zona. Con lo scritto e la parola si era posto a capo della comunità parrocchiale e cittadina per il loro riscatto. La sua voce ora è divenuta un grido che scuote le coscienze.
«Dove c’è mancanza di regole, di diritto, — scriveva don Peppe — si affermano il non diritto e la sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la radice che è marcia. Una Chiesa diversamente impegnata su questo fronte potrebbe fare molto. Dovremmo testimoniare di più una Chiesa di servizio ai poveri, agli ultimi; dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e disagio è facile che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi». Ai giovani lanciamo l’invito di farsi avanti, di far sentire la propria voce e partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale. Invitiamo infine i camorristi a tenersi in disparte, a non inquinare e affossare ancora una volta questo nostro caro paese, che ormai ha bisogno solo di Resurrezione». Il seme gettato nella terra muore, e dalla sua morte nasce tanto frutto: don Peppe è il seme, le coscienze di tutti noi il frutto maturato dal suo sacrificio. Ieri, 19 marzo 2009, a 15 anni della sua uccisione, a Casal di Principe…  in tanti e non solo per ricordarlo...http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1101