PETRONIUS ARBITER

Fratel Arraffa


È mio, è mio, lo prendo io, lo faccio io! Questa la litania che Fratel Arraffa canta tutti i giorni, ogni volta che al lavoro si manifesta la necessità di ricoprire un ruolo, non importa quanto gravoso, non importa quali doti richieda, non è nemmeno necessario che il nostro le abbia. C'è da organizzare una conferenza? Io! Da prenotare un pullman? Io! Da istruire ragazzetti sulle procedure di sicurezza normalmente in uso? Io! Da accompagnare a teatro tre classi (non sue)? Io! Da dimostrare un teorema di fisica quantistica? Io! E non voglio parlare delle sue indubbie doti di docente, in grado di far conoscenza con una classe nuova, spiegare otto argomenti, tre verbi irregolari, far presentare i ragazzi in circasso alto-medievale e penetrare le ragioni del comportamento del ragazzo problematico di turno in un tempo che a te basta si e no per l'alfabeto e i numeri da 1 a 10.Fratel Arraffa ti si avvicina, si interessa a te, sa perfino essere affascinante quando ti chiede con voce melliflua e con un lampo negli occhi chiari se ti candiderai a questo o quell'incarico, cioè se intendi succedere a lui nel posto che lui ha così benevolmente lasciato libero perché qualche collega possa riempire i suoi vuoti pomeriggi di noia. Voci incontrollate - e certo malevole - dicono che tutto questo agitarsi abbia prodotto anche qualche attrito in alto loco, che gli intimi del fraticello avrebbero  lubrificato con il consiglio, pardon, con l'approvazione al suo proposito di cambiare incarico. Vuoi vedere che cambiando cambiando ce lo ritroveremo ministro?