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psicologi di quartiere


E' da rilevare che lo stato di bisogno anche temporaneo in cui molte persone possono trovarsi, è da addebitare ad una serie di con-cause difficilmente ricostruibili a posteriori. L'eziologia, in particolare per i disagi di natura psichica, è, in gran parte dei disturbi, di natura oscura, per la scarsa conoscenza del corpo umano e in particolare del cervello che il genere umano è riuscito ad accumulare in secoli di storia. La sola ricerca scientifica che riesce a trovare canali di finanziamento significativi è quella strettamente legata alle case farmaceutiche ed è quindi qui che si sono fatti i maggiori progressi. Se però prendiamo in considerazione il disturbo psichico (nelle sue diverse articolazioni) dobbiamo senza ombre di dubbio ammettere che il solo utilizzo di farmaci non è tante volte sufficiente a risolvere il problema, anche se costituisce innegabilmente un fondamentale ausilio. L'uso della parola, per es., soprattutto nei casi di depressione, è considerato da molti esponenti del mondo accademico e professionale, come un irrinunciabile strumento di cura, cui andrebbero aggiunti altri strumenti che possano “alleggerire” la patologia (si pensi al ruolo -spesso poco esplorato- dell'inserimento sociale e lavorativo). E' evidente però che tale linea di pensiero comporta dei costi (finanziari e umani – in termini di lavoro da svolgere) che spesso non vengono sostenuti sufficientemente. Le strutture pubbliche preposte alla funzione di riabilitazione del paziente affetto da disturbi della psiche, lasciano molto a desiderare sia in termini di strumentazioni che in termini di risorse umane (scarse e spesso poco motivate). E' da considerare inoltre che l'attuale panorama politico offre all'opinione pubblica un unico paradigma di pensiero che vede nella crescita economica il prioritario e basilare strumento dello sviluppo umano. Prescindendo da considerazioni filosofiche su tali aspetti, è importante sottolineare quanto la mancanza di produttività (anche “solo” SOCIALE) di tali soggetti è causa di una minore crescita economica. Se infatti noi (lo Stato) riuscissimo nell'intento di ridurre drasticamente i casi di disagio psichico, recupereremmo un gran numero di persone all'interno del processo produttivo (ripeto anche “solo” di natura sociale), che contribuirebbero non poco allo sviluppo e alla crescita, anche economica. Basterebbe studiare i sistemi sociali più inclusivi che probabilmente esistono al mondo (quelli, cioè, dei Paesi nordici europei) per vedere quanto la partecipazione alla vita sociale aiuti il benessere della collettività, diffondendo fiducia (non cieca) nelle istituzioni e stimolando ulteriore partecipazione. Tale processo può garantire nel medio-lungo periodo anche tassi di crescita dell'economia più stabili. E' altresì evidente che tale obiettivo è raggiungibile, nell'attuale fase storica, solo grazie ad un servizio pubblico importante ed efficiente, in quanto solo grazie ad interventi gratuiti sarà possibile “avvicinare” o “farsi avvicinare” da persone in stato di bisogno. Anzi nella prospettiva di un miglioramento della struttura sociale di un Paese, la gratuità da sola non basta neanche: servirebbe un intervento pro-attivo da parte dei professionisti del settore, in grado di valutare i casi di possibile disequilibrio individuale e di consequenziale e potenziale disequilibrio sociale. Molto spesso infatti la mancata conoscenza “da vicino” (da parte delle istituzioni) delle situazioni di singoli individui è causa di potenziali danni alla collettività. Se noi potessimo ipotizzare un intervento capillare in ambito socio-sanitario che sia finalizzato alla conoscenza del sostrato sociale e culturale della popolazione, fino alla conoscenza di casi singoli di disagio, sarebbe possibile intervenire tempestivamente ed evitare peggioramenti di situazioni che possono sfociare in vere e proprie patologie individuali, foriere di danni non solo ai singoli e alle loro famiglie, ma anche potenzialmente alla collettività (non sono rari purtroppo i casi di azioni disperate che sfociano in reati penali). Tutto questo ha un costo latente per lo Stato che non viene contabilizzato. Lo Stato, attraverso le sue ramificazioni territoriali, interviene a posteriori per “mettere una pezza” ad una situazione che nella maggioranza dei casi si presenta già fortemente critica. Per tali ragioni si potrebbe ipotizzare una proposta “provocatoria”: utilizzare degli operatori socio-sanitari “di quartiere”. In altre parole una rete di operatori specializzati in grado di relazionarsi con individui e famiglie del territorio, “entrando” nelle case, e in grado di valutare situazioni di potenziale pericolo per i suddetti soggetti. Si potrebbe parlare di “psicologo di quartiere”, così come per la questione sicurezza si parla di poliziotto di quartiere. Il costo di una tale operazione potrebbe a prima vista sembrare elevato (retribuire un elevato numero di persone e fornire strumenti idonei per un efficace svolgimento del loro compito), ma va paragonato con il costo che la P.A. sostiene per interventi a posteriori, generalmente di lungo periodo, sia che si tratti di persone affette da gravi disturbi psichici sia, peggio, che si tratti di persone che, proprio a causa dei propri disturbi, commetta atti criminosi (con l'aggiunta di spese anche per il settore giustizia).Sarebbe importante quindi richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e, soprattutto, dei decision maker sull'importanza dell'avere in Italia un servizio pubblico di qualità che offra assistenza socio-sanitaria gratuita (o quasi) per una larga fascia di utenza al di sotto di un certo reddito e al di fuori di “canali relazionali” che consentirebbero di ottenere migliori cure.