philo-sophia

il bello della natura


percorso: Mergoli (41°45'08.69" N, 16°09'00.97" E) - Vignanotica [AR 4 km]La facoltà che entra in gioco quando si cammina in un paesaggio naturale non è prioritariamente quella dell’intelletto interessato alla spiegazione meccanica delle cose - tipica della conoscenza delle scienze che formula un giudizio determinante, secondo la definizione kantiana -, ma quella del sentimento che tende ad oltrepassare la riduzione oggettivante della conoscenza scientifica senza abbandonare l’orizzonte fenomenico in cui essa si svolge. Questo rapporto sentimentale col mondo è ciò che Kant definisce giudizio riflettente perché riflette sulla natura per comprenderla attraverso le nostre esigenze di finalità ed armonia. Una “riflessione” c
he si sviluppa sempre in una sensazione di piacere soggettivo. Non tutti i piaceri sono uguali. Esistono, ad esempio, quelli interessati che nascono dal possesso di qualcosa, e proprio perché dipendono dal possesso non favoriscono un’esperienza di libertà nel soggetto che prova piacere. Ma quando il piacere è indifferente all’esistenza dell’oggetto perché gode unicamente della sua immagine, allora la sua caratteristica è il disinteresse. Questa caratteristica costituisce il nucleo del piacere del bello che, come scrive Kant, è “disinteressato e libero p
erché in esso l’approvazione non è imposta da alcun interesse, né dai sensi, né dalla ragione”. Non solo disinteressato, ma anche universale nel senso che è universale la soggettività del sentimento del bello (si tratta di un’universalità completamente diversa da quella caratterizzante i giudizi conoscitivi della scienza). Si tratta di un piacere definito da Kant “un sentimento di qualità superiore perché è possibile goderne senza provare sazietà o stanchezza; oppure perché presuppone una sensibilità dell’anima che le consente
di provare commozioni virtuose; un sentimento raffinato che si distingue in due specie: il sentimento del sublime e il sentimento del bello. Ambedue provocano nell’animo una deliziosa commozione, ma in modo completamente diverso. La visione di un monte le cui cime innevate si levano sopra le nubi, la descrizione d’infuriare di una tempesta, suscitano piacere misto a terrore; invece, l’occhio che spazia su prati in fiore, valli percorse da rivi serpeggianti, disseminate
di greggi al pascolo, procurano anch’esse sensazioni deliziose, però liete ed aperte al sorriso. Per far sì che le impressioni del primo tipo possano verificarsi in noi con la dovuta intensità, dobbiamo avere un sentimento del sublime; per godere quelle del secondo tipo in modo adeguato, un sentimento del bello. Alte querce e ombre solitarie in un bosco sacro sono sublimi, le aiole fiorite, le siepi basse, gli alberi potati a figura sono
belli; sublime è la notte, bello il giorno. I temperamenti che possiedono un sentimento del sublime, vengono, dal calmo silenzio di una sera d’estate, quando la luce tremolante delle stelle fende le ombre brune della notte e la luna solitaria posa all’orizzonte, portati gradatamente ad un eccelso senso d’amicizia, di disprezzo del mondo, di eternità. Lo splendore del giorno ispira alacrità solerte e sentimenti gioiosi. Il sublime commuove, il bello attrae”. Rimaniamo affascinati dalla universalità del senti
mento del bello: ci chiediamo come sia possibile che tutti concordino nel definire qualcosa “bello”. Forse perché abbiamo la fortuna d’incontrare cose “oggettivamente” belle nel senso che la bellezza è una loro proprietà costitutiva? O, piuttosto, è vero quanto dice Kant e cioè che la bellezza non risiede nelle cose, ma in un’esperienza tutta interna al soggetto conoscente? In altri termini non è la natura ad esser bella oggettivamente, ma il piacere del bell
o sarebbe il frutto dell’accordo tra il nostro sentimento e la finalità e l’armonia con cui pensiamo soggettivamente la natura. Se le cose stanno così, l’esperienza della bellezza dovrebbe risolversi in una celebrazione della potenza creatrice e trascendente della nostra mente e, pertanto, a dirla con Kant, non si tratta di un favore che la natura fa a noi, bensì di un favore che noi facciamo ad essa, innalzandola al livello della nostra umanità: “siamo noi che accogliamo la natura con favore, non è essa che offre un favore a noi”. (camminare - 11  precedente  seguente)