philo-sophia

il potere trascendente dell'anima


percorso: cutino Tagliata (41°45'43.68" N, 16°03'52.04" E) – piscina la Signora – Iazzo S. Michele – abbazia della Trinità – cutino Tagliata [13 km] Anche questa montagna - l’antico monte Dodoneo consacrato al culto di Giove, poi cristianizzato con l’erezione di una chiesa dedicata alla Trinità -, come in genere ogni altura, ha una forza ierofanica (=rivelatrice del sacro) perché, come dice Eliade, “è più vicina al cielo, e qu
esto le conferisce una doppia sacralità: da un lato partecipa al simbolismo spaziale della trascendenza (alto, verticale, supremo, ecc.), e d’altra parte il monte è per eccellenza il dominio delle ierofanie atmosferiche”. E’ l’uomo religioso, per il quale non è prevalente la visione  oggettivante della scienza, colui che è in grado di volgere uno sguardo “ingenuo” alla natura ed essere pertanto capace di coglierne la dimensione simbolica (rinviante): “Di fronte a un albero qualunque, simbolo dell’Albero del Mondo
e immagine della Vita cosmica, un uomo delle società premoderne è capace di raggiungere la più alta spiritualità: comprende il simbolo, è in grado di vivere l’universale”. Aprirsi alla
dimensione simbolica significa andare oltre (= trascendere) i significati ordinari e le connessioni obbligatorie e necessarie della ragione:  avere la capacità di vedere nelle acque la sostanza primordiale, fonte di vita da cui nascono tutte le forme e alle quali tornano; pensare a ciò che trascende la precarietà ed instabilità della condizione umana osservando la durezza e persistenza delle rocce; consid
erare la ciclicità di morte/resurrezione della vita guardando alla forza rigeneratrice degli alberi che perdono e recupera
no le foglie; sentire placato nell’infinita altezza del cielo l’esperienza di pochezza dell’uomo e di angustia del suo spazio vitale; immedesimarsi nel ciclo del sole e della luna (tramonto/morte e rinascita) per superare l’angoscia della caduta nel nulla della morte. L’uomo religioso crede nella forza ierofanica della natura: ma sono gli elementi naturali effettivamente una manifestazione del sacro, o è la nostra anima che assegna un tale significato
all’elemento naturale? Potrebbe essere che l’elemento naturale (montagna, acqua, roccia,…) interpreti solo un’esigenza che proviene dalla nostra anima? Che ciò che intendiamo come originario altro non sia che u
n incastro che completa la nostra condizione, una risposta ad una domanda? Il fascino
imponente della montagna, la possente stabilità della roccia, l’oscurità misteriosa della vegetazione, non riflettono, forse, condizioni e desideri della nostra anima? E’ per questo motivo che l’immersione nella “sacralità” della natura costituisce una grande occasione per conoscere la nostra anima che rimane la grande forza trascendente capace di creare il sacro a cui appartengono gli istinti, le pulsioni, gli eccessi, i mostri, i morti, i demoni, la follia che ognuno di noi avverte dentro di sé. (camminare 16 - precedente  seguente)