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l'uomo è antiquato

Post n°92 pubblicato il 06 Aprile 2012 da m_de_pasquale
 

percorso: valle dell'Inferno (41°39'35.60" N, 15°47'56.30" E) - [5 km]

Il nome è azzeccato: Valle dell’inferno, per il luogo impervio e difficile da abitare. Fa un certo effetto pensare che le caverne, di cui sono costellate le pareti scoscese, siano state abitate dall’uomo preistorico, un uomo che, certamente, si muoveva in questo ambiente con maggiore facilità rispetto a quello di oggi. Sembra strano, ma l’assenza della tecnica ha favorito un maggior sviluppo delle potenzialità umane facendo sì che il primitivo potesse sopravvivere in ambienti anche molto ostili. La ragione ce la ricorda Rousseau: “Poiché il solo strumento che l’uomo selvaggio conosca è il suo corpo, lo adopera per vari usi di cui, per mancanza di esercizio, il nostro non è capace: è la nostra industriosità che ci toglie quella forza e quell’agilità che la necessità obbliga lui ad acquistare. Se avesse avuto una scure, la sua mano sarebbe riuscita a rompere rami così grossi? Se avesse avuto una fionda, il suo braccio avrebbe lanciato pietre con tanta energia? Se avesse avuto una scala si sarebbe arrampicato sugli alberi con tanta leggerezza? Se avesse avuto un cavallo, sarebbe stato così veloce nella corsa? Lasciate all’uomo civile il tempo di radunare intorno a sé tante macchine, e senza dubbio supererà facilmente il selvaggio; ma se volete vedere una gara in condizioni ancora più diseguali, metteteli l’uno davanti all’altro nudi e disarmati, e riconoscerete subito quale sia il vantaggio d’aver sempre a disposizione tutte le proprie forze, d’essere sempre pronto a ogni evento e di portare sempre se stesso, per così dire, tutto intero con sé”. Quindi l’uomo moderno, al netto della tecnica, non potrebbe competere con un primitivo in un ambiente ostile. La tecnica, nella vicenda umana, ha supplito alle mancanze dell’uomo fornendogli gli ausili per sopravvivere, anche se, nella modernità, essa è arrivata ad un punto di tale sviluppo da far vergognare l’uomo della propria arretratezza di fronte ad essa. Sembra che la nostra anima non sia stata capace di stare al passo con le trasformazioni che la tecnica imponeva come ci ricorda Anders che parla della “incapacità della nostra anima di rimanere up to date, al corrente con la nostra produzione, dunque di muoverci anche noi con quella velocità di trasformazione che imprimiamo ai nostri prodotti, e di raggiungere i nostri congegni che sono scattati avanti nel futuro (chiamato ‘presente’) e che ci sono sfuggiti di mano. La nostra illimitata libertà prometeica di creare sempre cose nuove ci ha portati a creare un tale disordine in noi stessi, esseri limitati nel tempo, che ormai proseguiamo lentamente la nostra via, seguendo di lontano ciò che noi stessi abbiamo prodotto e proiettato in avanti, con la cattiva coscienza di essere antiquati, oppure ci aggiriamo semplicemente tra i nostri congegni come sconvolti animali preistorici”. L’uomo moderno rimane soccombente sia nei confronti del primitivo che nei riguardi della produzione tecnica.  (camminare 13 - precedente  seguente)

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