IL TEMPO DI UN CAFFè

I GUANTI (TRIBUTO AL NONNO)


Paola notava come la percezione del suo corpo alle temperature glaciali di quei giorni si espletassero in un dolore alla punta delle dita delle mani, lasciate libere da protezione soltanto per estrarre le chiavi dalla borsa e aprire la macchina. I guanti erano diventati la sua seconda pelle, e spesso li teneva anche quando si trovava in locali chiusi: le sembrava così di impedire che il freddo le entrasse dentro... Le strade erano ghiacciate, anche la città era inusualmente coperta dalla neve e la gente sembrava impazzita, come se quell'evento metereologico fosse fuori dalla sua conoscenza. Parevano tutti molto impreparati, intolleranti a quel freddo, quasi fosse una disgrazia mandata dal cielo: in realtà, Paola pensava, il guaio era che il freddo rallentava notevolmente i ritmi velocissimi della modernità. Bisognava guidare piano, camminare piano, mettere in conto di impiegare molto più tempo in tutto, e questo imbestialiva moltissimo. Inoltre i bambini avrebbero preteso di giocare nella neve, si sarebbero sporcati e raffreddati, forse sarebbe venuta loro la febbre, e sarebbe stato un grosso guaio perchè tutti gli incastri del sopravvivere agli impegni quotidiani sarebbero saltati! Oddio!!! Che disgrazia il gelo!!!Ad un tratto, assorta nella sua consueta osservazione di ciò che la circondava, Paola pensò a suo nonno materno...."Ovunque direzionasse il suo sguardo, Pino non riusciva a vedere che bianco. Bianco accecante, bianco infinito, bianco annullante. Tutto quel bianco era spezzato soltanto dalla riga di piccoli puntini scuri, uno dietro l'altro, che avanzavano lentamente e impercettibilmente senza la speranza di essere notati. Lui era uno di quei puntini. Era il 1942. Lui si trovava in Russia, in una località che non sapeva nemmeno ripetere. Era stato chiamato dalle forze armate per difendere la Patria, e lui era partito pieno di orgoglio per la possibilità di proteggere la sua Italia: aveva lasciato a casa moglie e tre figli, più uno in arrivo... Contava di tornare a casa in via definitiva per la nascita dell'utlimogenito. Per tutte queste emozioni la partenza fu sicuramente dolorosa ma anche pienamente accettata. In quel momento non sapeva a cosa andava incontro. L'esercito gli aveva fornito tutte le ultime trovate per la resistenza: gli abiti erano di un panno compresso in maniera speciale, praticamente resistente a qualsiasi condizione metereologica; gli scarponi avevano una suola talmente spessa da rendere difficoltosa la camminata; i guanti erano di lana di prima qualità, non ne aveva mai indossati di così caldi.Presto si rese conto che le ideologie della guerra erano molto lontane da ciò che si viveva sul campo di battaglia: lui era uno considerato "anziano" con i suoi 34 anni, ma quanti ragazzi poco più che adolescenti stava vedendo invocare la mamma affinchè li facesse svegliare da quell'incubo. In quella fila di puntini stremati, con i vestiti che si erano rivelati non certo adatti a giorni e giorni di camminata nel gelo siberiano, con mani e piedi spesso avvolti in bende di fortuna nel vano tentativo di evitarne il congelamento, i giovani ragazzi spesso erano i primi a lasciare la riga. Cadevano giù, e nessuno si fermava a soccorrerli perchè il rischio di non riuscire più a mettersi in moto era troppo alto. Nemmeno le lacrime scendevano più sul viso, si era concentrati soltanto a resistere, resistere per tornare a casa.Pino non sentiva più la punta delle dita dei piedi e delle mani da giorni, ma continuava a trascinarsi nella neve. La forza era la sua piccolina, che aveva potuto vedere appena nata grazie ad un permesso ottenuto tramite conoscenze. Aveva visto Maria, i tre piccoli figli maschi e quello splendore di bambina, una femminuccia!! Quante cose avrebbe fatto con lei una volta arrivato a casa, sarebbe stata la sua piccola principessa! Appena arrivati in un posto abitato avrebbe comperato una bambolina, e poi l'avrebbe spedita a casa: anche se piccolissima la sua bambina doveva sapere che il papà la stava pensando. Tutti quei pensieri lo aiutavano a vedere meno bianco il paesaggio e a sentire meno ghiacciato quel posto dimenticato da Dio. "Paola pensava ai racconti sul nonno, disperso in Russia durante la seconda guerra mondiale e mai conosciuto da sua Madre. Quanto freddo aveva dovuto soffrire... Altro che i -10 di quei giorni. Pensò a come tutta la vita delle donne della sua famiglia fosse stata condizionata da quel freddo siberiano: sua nonna si trovò sola con quattro figli, e sua mamma non diventò mai la principessa di suo Papà, ma la cenerentola della famiglia.. E lei, Paola, cosa stava diventando?