Sottouncielodistelle

Dalle pagine del libro "Io & Marley"


In macchina, Jenny mantenne un distaccato silenzio, premendosi contro la portiera del passeggero, guardando fuori dal finestrino. I suoi occhi erano rossi ma non avrebbe pianto. Cercai parole di conforto senza successo. Che cosa si poteva dire, in realtà? Avevamo perso il nostro bambino. [...] Quando arrivammo, aiutai Jenny a entrare e a sdraiarsi sul divano, poi andai nel garage dove Marley aspettava, come sempre, il nostro ritorno con ansimante trepidazione. Non appena mi vide, si lanciò sul suo gigantesco osso di bufalo e lo portò in giro orgoglioso per la stanza, dimenandosi, la coda che batteva contro la lavatrice come un maglio su un timpano. Mi pregava di cercare di portarglielo via. «Non oggi, amico», dissi, e lo feci uscire in cortile dalla porta del retro. Fece una lunga pipì contro l'albero di nespole e poi ritornò dentro, bevve una grossa sorsata dalla ciotola, spargendo acqua dappertutto, e si spinse lungo il corridoio, cercando Jenny. Mi ci volle qualche secondo per chiudere la porta del retro, asciugare l'acqua che aveva sparso, e seguirlo nel soggiorno. Quando svoltai l'angolo, mi fermai di colpo. Ci avrei scommesso una settimana di stipendio che quel che stavo vedendo non poteva essere vero. Il nostro turbolento, esasperato cane stava adagiato tra le ginocchia di Jenny, il grosso testone posato placidamente sul suo grembo. La coda gli penzolava piatta tra le zampe, la prima volta che non lo vedevo agitarla quando stava toccando uno di noi. Gli occhi erano alzati verso di lei, e guaiva sommessamente. Jenny gli accarezzò la testa diverse volte e poi, senza preavviso, affondò la faccia nel folto pelo del suo collo e cominciò a singhiozzare. Forte, in modo incontrollato. Restarono così a lungo, con Marley immobile come una statua, Jenny che lo stringeva a sé come un enorme bambolotto. Io mi tenevo in disparte, sentendomi un po' come un intruso che interferiva in quel momento privato, non sapendo esattamente che cosa fare. E poi, senza alzare la faccia, Jenny mosse un braccio verso di me, e io la raggiunsi sul divano e me la strinsi contro. Restammo lì noi tre, nel nostro abbraccio di condiviso dolore.