piazza alimonda

C'è scrivere e scrivere


Questa cosa non la volevo neppure scrivere, perché poco c’è da scrivere. Mi ci hanno tirato per i capelli. E assicuro che c’è parecchio da tirare. La vicenda di fondo è che c’è scrivere e scrivere, leggere e leggere. Nel senso che leggere o scrivere può essere un fatto meccanico. Conosco molte menti semplici e, nella fattispecie, destrorse che scrivono perché davanti ad una pc, la combinazione dita – tasti fa sì che si producano delle parole. Se poi hanno più o meno senso è un altro paio di maniche. Sempre nella fattispecie di senso non ne aveva. Anche mettersi davanti ad un giornale, o a ad uno schermo, può essere un fatto meccanico. Si può leggere per ore senza capire una beata fava. Il che si riferisce sempre alla fattispecie. La fattispecie è che nel processo per il G8 sono stati chiesti 225 anni di galera (complessivi: lo dico per le menti semplici di cui sopra). E quindi c’è chi si è sentito in dovere di dire, con un carpiato di originalità: erano tutti delinquenti – avevamo ragione noi – un morto solo è poco – finti pacifisti – quando c’era lui ecc ecc. Allora, dopo aver letto (già da tempo) provo a scrivere. I 225 anni sono stati chiesti. Non c’è sentenza, non c’è condanna. In linea teorica tutti quegli imputati potrebbero, a fine processo, essere messi fuori con tante scuse. Il pm chiede perché lo pagano per chiedere. Il giudice lo pagano per giudicare. Quando avrà giudicato se ne potrà parlare. Ora che ci diciamo? Magari diciamo che, oltre a scrivere e scrivere e leggere e leggere, c’è anche guardare e guardare. Sono abituato a farlo. Ho visto. Credo che nessuno potrebbe mai dire che non c’è stati atti di violenza. Ci si potrebbe chiedere perché c’è stata, chi ha iniziato, da che parte stavano ‘sti black bloc. Ma ci porterebbe lontano. Sono stati chiesti, sempre lontani da una sentenza, i danni. Per il danno di immagine provocato al ministero dell’Interno. Chi ha sbagliato pagherà. Per il momento ha pagato il ministro degli Interni (non richiesta: sentenza). Non per il danno di immagine, ma per il danno arrecato dai calci e dalle manganellate dei poliziotti. Ma chi ora punta il dito dicendo: «Ecco, vedete chi sono i cattivi?» quelle manganellate e quei calci non li ha visti. Se poi 16 anni per gli «atti di devastazione» sono tanti o pochi o giusti non lo so, faccio un altro mestiere. Saranno pochi, magari, per chi ci ha rimesso del suo. Però la giustizia è, teoricamente, una cosa asettica, che passa sopra i voleri, anche legittimi, personali, e giudica con la tecnica del codice e non col cuore. Dicevo, non so se 16 anni sono tanti o pochi. Proprio in questi giorni mi è capitata sotto gli occhi una cosa di tal Luigi Ciavardini. Uno di destrissima. Dei Nar. Questo si è beccato 10 anni (condanna, non richiesta) per aver ucciso Mario Amato, un giudice. Sarà perché faccio un altro mestiere, ma ammazzare un giudice mi sembra un po’ più grave di un atto «di devastazione». Poi se ne è beccati 13 per aver ammazzato Francesco Evangelista, un poliziotto (sai, quelli che la destra difende sempre….). Sempre per lo stesso motivo, cioè il mio fare altro, ammazzare un poliziotto mi sembra più grave della «devastazione», ma magari sbaglio. Poi se ne è beccati altri 30. 30 è molto più di 16: un po’ meno del doppio. Per prenderne trenta quanti ne avrà fatti fuori? Fatte le debite proporzioni verrebbe da dire due o tre. Sbagliato. La risposta esatta è: 85. Quelli della stazione di Bologna. Se quindi 16 anni siano tanti o pochi non lo so, faccio un altro mestiere. Traggano le loro conclusioni quelli che, come me, fanno altri mestieri. C’è leggere e leggere, scrivere e scrivere, guardare e guardare e poi c’è parlare e parlare. Anche parlare può essere un fatto meccanico. Succede quando lo si fa solo tanto per fare. Per fare un esempio, Mario Lozano è il marine che ha accoppato Calipari. Ieri al tiggì ha detto che gli spiace: ma non è colpa sua, né degli Usa (quando mai è colpa loro?) né del governo italiano. La colpa è della Sgrena che si è fatta rapire. Mia moglie, solitamente poco avvezza a cristonare (lascia a me il compito), tranne quando cade per le scale, il che accade con una certa frequenza, non si è potuta trattenere dal sibilare: «che bastardo…». Ecco, quello è parlare senza collegare il cervello. Perché io, che provo a pensare, allora poteri dire: ma perché dare 30 anni a Ciavardini? La colpa è di quei poveri stronzi che stavano alla stazione. I bambini bombardati nelle scuole dell’Afghanistan? Coglioni loro che andavano a scuola. E se vogliamo dirla tutta, pure Kennedy è stato un po’ minchione a mettersi sulla traiettoria, per quanto arzigogolata, del proiettile…. Un altro che parla senza pensare è gasparri. Leggo sul suo blog che è contro la commissione d’inchiesta sul G8 perché è l’ennesima prova dell’ostilità del centrosinistra contro le forze dell’ordine. Quelle forze dell’ordine che, costrette a pagare (condanna, non richiesta) elargivano manganellate, calci e cazzotti. Ma lo facevano ma senza ostilità.