piazza alimonda

Un castoro sugli zebedei


Quando andavo a studiare in biblioteca cercavo sempre di trovare un banco solo, vuoto. Non che detestassi la compagnia, ma mi piaceva quella sorta di roulette russa del destino, che ti faceva capitare a fianco persone improponibili, anonime, meravigliose. Certo, se poi capitava che trovavo un tavolo dove stava una sola fanciulla, magari mi appropinquavo, ma più che altro per non privarla del piacere della mia compagnia…. E non dico altro. Se non il fatto che in biblioteca si becca pochissimo…. Comunque, quando mi sedevo, in genere capitavano tre tipi di persone. Quelli che tolto un notes e una biro non avevano nulla, per cui non davano fastidio. Quelli con montagne di libri, quaderni, righelli, evidenziatori, bottigliette d’acqua, matite, busti di ghisa di padre pio e cose varie. E iniziavano a sistemarsi: un libro qui, uno la, il panino con la mortadella di fianco, l’orologio davanti, le liquirizie, sedici quaderni ecc ecc. In tre secondi avevano invaso il mio spazio. Ma la cosa non era preoccupante, perché te me accorgevo subito. Per cui bastava dare un’occhiata, dire: «Ciccio, hai riempito talmente questo tavolo che se ci cade sopra un po’ della tua forfora si rompe per il troppo peso», e lui capiva. Riponeva tutto nella valigia che aveva e non c’erano problemi. Il terzo tipo era il più nefasto. Cumuli di roba, ma tutti riposti nel bagaglio portato dagli sherpa. Tirava fuori solo il libro e una matita. Tu facevi i fatti tuoi. E lui, subdolamente, con calma, senza dare peso a quello che faceva, iniziava a conquistare terreno: la frittatina, la gomma, l’immaginetta di domenico savio. E quando te ne rendevi conto eri invaso dalla sua roba. Lo guardavi per dire qualcosa ma lui ti anticipava: «E’ da una vita che è qui questa roba… proprio adesso inizia a farti noia?». Ed eri fregato. E quello che chiamo, con francesismi a me abituali, avere un castoro attaccato ai marroni. E’ lì, buono, tranquillo, e intanto ti rosicchia, ti rosicchia… Un po’ per volta, e prima che te ne accorgi sei fregato. Ecco, mi sembra che ci sia un grosso castoro attaccato agli zebedei di questo paese. Noi, che abbiamo la (dubbia) fortuna di vivere in questo posto ci siamo abituati. Per il primo maggio qui si fa una grande festa. Non dei lavoratori. Si fa la festa «di primavera e del lavoro» (che, come ho già detto, è come chiamare natale festa dell’inverno e delle renne). Lentamente (ma ce ne siamo accorti, ci siamo fatti sentire) ci hanno scippato i lavoratori. Per il 25 aprile le classi delle elementari cantavano «Fischia il vento». Ma una versione ad hoc, meritevole dello zecchino d’oro. Edulcorata dei tratti più interessanti. La rossa primavera diventava la bella primavera, il fascista vile e traditor diventava qualcos’altro. Anche li ce ne siamo accorti. E provvedeva il subcomandante Guerrino, che ha due polmoni e una voce da fare invidia a placido domingo, a cantare le parole giuste. Adesso il castoro inizia a rosicchiare anche altrove. Fateci caso. La Moratti, che prima di diventare sindachessa di milano sfilava per il 25 aprile con il padre ex partigiano, ora non partecipa più. E lo annuncia. Il sindaco di alghero inibisce l’esecuzione di «Oh bella ciao» perché divide. Magari tra un po’ pure l’inno di mameli lo mettiamo in soffitta perché «divide» legatoli e non? Ora, con tutto il bene che si può, e deve, volere agli animali, na bottarella in testa a sto castoro bisognerebbe proprio darla. E comunque… Stamattina, mi son svegliato…… PS. Invito chi passa a fare un salto al blog di Bea (Mangiare bene, qui a lato) per firmare una petizione on line. Io il mio autografo l’ho già lasciato