piazza alimonda

Curiosamente contento


Ieri mi sono trascinato in tipografia. Per mettere i visti. Cioè dire che una cosa si può stampare. E’ una cosa che, all’inizio, mi metteva un’angoscia allucinante. Davo l’ok e poi iniziavo a pensare che magari mi era scappato uno «squola» con la q, un è senza accento (o con l’accento laddove non serviva), una ha con o senza acca. Queste cose non succedevano, ma a volte ne succedevano altre. Comunque col passare degli anni l’angoscia è diminuita. Infatti me la sono cavata in dieci minuti. E poi, visto che la tipografia è anche in uno dei Comuni che seguo, ho fatto un giro in municipio, per vedere delibere e pinzillacchere simili. Mentre uscivo sbuca un omino da un condominio. Anziano, coi jeans più che usati, sporchi di calce. Mi guarda e mi dice: «Scusi, capo». Ora, quelli che chiamano capo qualcun altro non li sopporto (tranne Nicoletta: continua a chiamarmi capo ad anni di distanza: è l’unica autorizzata a farlo senza farmi ribollire la bile). Come non sopporto quelli che chiamano Guido l’autista del bus. Non mi sfugge, però, il fatto che abbia usato il lei. Ecco, una cosa che mi è sempre stata tanto sugli zebedei, ma proprio tanto, è quando incontri qualcuno che, senza averlo mai visto prima, dà del tu ad uno con il triplo dei suoi anni solo perché è di colore. Vabbè, queste sono divagazioni. Comunque, mi dice: «Scusi capo. Mi trova il campanello della famiglia….» e qui m dice un cognome. Guardo il citofono condominiale con venti e passa campanelli. Guardo lui senza capire. Lui capisce il mio non capire, e mi dice: «Sa, io non so leggere». Gli sorrido. Gli dico: «C’è di peggio. C’è gente che non sa parlare e fa il ministro» (senza riferimento ad alcuno, per una volta). Lui sorride. Cerco il campanello. Suona. Si fa aprire. Mi saluta e ringrazia. Dico: «Di niente». Ne accendo una e me ne vado. Curiosamente contento