piazza alimonda

Rai tre


Mentre, nel periodo vacanziero, riflettevo sui fenomeni che portano un bipede normodotato a buttare un verme (no, non c’è l’ho con bossi) attaccato a un filo in acqua, e passare ore e ore a osservare gli spostamento di un galleggiante (dicesi pescare) ma ancora di più riflettevo sui fenomeni che portano altri bipedi presunti normodotati ad osservare quelli che osservano il galleggiamento, un vero e proprio lampo di genio mi ha strappato al mio oziare.   Un omuncolo della lega, ha teorizzato che rai tre deve darsi al dialetto. Lo ammetto, sono prevenuto. E sulle prime la cosa mi sembrava una stronzata. Poi, però, ci ho pensato con calma. E devo ammettere che è una figata. Ci pensi alla beltà di vedere Robin Williams alle prese con “Cerea Vietnam”? Ci pensi ad immaginare un tizio tutto figo fare “Me nom l’è Bond. Giacu Bond”? Te lo potresti mai perdere “Non ci resta che piangere” doppiato da Ivo e Rolando (per chi non sa chi sono Ivo e Rolando….. e come glielo si spiega?)? Chi si vorrebbe perdere gli allievi de “L’attimo fuggente” zompare sui banchi al grido di “O capitan, me capitan. Ne”? Come fare a meno di Silvester Stallone che guarda il cattivo e gli dice: “T rangio mi la pipa ch'a tira”? O di Gerry Scotti ammiccante che afferma: “Viscuma”? O dei film “T’è pi piciu che fol, e che che t’è già fol”, già “Scemo più scemo”; “L’omu rata vuloira” già “Bat Man”; “Malone Burning” già “Mississippi Burning”? E  mentre già mi gustavo queste prelibatezze televisive, sono stato assalito da un dubbio. Ma il dialetto che useranno, è proprio quello che uso io, quello del mio paese? No, perché se per dire si usa quello che usano quei terroni di Borgo San Paolo, a Torino, già noi qui si capisce al cinquanta per cento. E se si usa quello che parlano quei senzadio di Volpiano, al cinquanta forse non ci arriviamo nemmeno. Quindi, nell’attesa di vedere il festival di Sanremo diventare il Festival di San Francesco al Campo, sono certo che i soloni della lega riusciranno a dirimersi in questa sorta di federalismo linguistico, e a soddisfare le esigenze uditive dei portatori sani delle svariate centinaia di dialetti diversi che ci sono nella provincia di Torino (perché, diciamocelo, i dialetti di alessandrini – astigiani –cuneesi – vercellesi – novaresi e compagnia a briscola proprio non hanno ragione d’essere presi in considerazione). Molto più facile che riescano in questa impresa piuttosto che rendersi conto di aver detto una minchiata sesquipedale. L’ennesima, tra l’altro.