Creato da: piccola_sarta_cinese il 17/08/2005
la notte di luna non accendere la torcia, se l'accendi la luna si addolorerà.

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« Domani partoA piccola sarta... »

Tempo di migrazioni...

Post n°33 pubblicato il 28 Agosto 2005 da piccola_sarta_cinese

Piccola sarta è partita e ha preso la via delle montagne...
Yosh è partito e forse ora sta scrutando nuovi orizzonti...
Io sono in procinto di prendere la via dell'avventura e del divertimento...

Che sia ormai tempo di migrazioni qui, sulla montagna della Fenice del Cielo?

Forse questi luoghi rimarranno solitari per qualche giorno, ma ogni partenza che non sia definitiva prevede un ritorno, quindi un saluto a tutti i viandanti occasionali che passeranno da queste parti e a quelli che sono sono più 'assidui' e... non preoccupatevi, ci rivedremo presto!

Rondine di Giada

 
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Commenti al Post:
LovingOphelia
LovingOphelia il 29/08/05 alle 20:20 via WEB
Il viaggio di ritorno alla vita di sempre aveva immancabilmente un sapore diverso. Fresco di entusiasmo, sorridente di progetti. Ogni volta che ci galleggiava sul pavimento di nubi spesse distese sotto le ali dell'aereo, lo turbava piacevolmente un sentimento di letizia. Sapeva che in fondo non lo avrebbe che atteso un anno di lavoro gemello a tutti quelli a cui, in quella terra straniera, aveva ceduto la polpa più matura della suo tempo di Uomo. Ma questa consapevolezza non lo distraeva dalla seduzione del sogno, dalla speranza irriducibile che potesse soprenderlo l'imponderabile e che questo imponderabile potesse avere il nome impronunciabie della Felicità. Pensava che anche questo viaggio potesse respirare del mistero dell'attesa senza attesa, di quel vagheggiamento ubriaco del domani incerto, quando lo pretendiamo amico, lo corrompiamo amico. Pensava. Se dentro la valigia non fossero capitati, per mano incauta, pensieri dell'estate, venti dell'estate, che aveva creduto svaporati per solo repulisti del cuore, e della mente. E quella valigia sentiva che avrebbe pesato sulla mano, che avrebbe gravato il suo passo, che gli avrebbe sporcato ogni letizia con l'ombra di una nostalgia strana, inspiegabile. Sapeva che gli avrebbe riaperto sotto gli occhi un mondo di intime parole ancora troppo vivide per lasciarsi seppellire. E che gli avrebbe agganciato il cuore alla terra di ieri. Al di là delle nuvole. Ophelia
(Rispondi)
 
LovingOphelia
LovingOphelia il 29/08/05 alle 20:23 via WEB
Il viaggio di ritorno alla vita di sempre aveva immancabilmente un sapore diverso. Fresco di entusiasmo, sorridente di progetti. Ogni volta che ci galleggiava sul pavimento di nubi spesse distese sotto le ali dell'aereo, lo turbava piacevolmente un sentimento di letizia. Sapeva che in fondo non lo avrebbe che atteso un anno di lavoro gemello a tutti quelli a cui, in quella terra straniera, aveva ceduto la polpa più matura della suo tempo di Uomo. Ma questa consapevolezza non lo distraeva dalla seduzione del sogno, dalla speranza irriducibile che potesse soprenderlo l'imponderabile e che questo imponderabile potesse avere il nome impronunciabie della Felicità. Pensava che anche questo viaggio potesse respirare il mistero dell'attesa senza attesa, quel vagheggiamento ubriaco del domani incerto, quando lo pretendiamo amico, lo corrompiamo amico. Pensava. Se dentro la valigia non fossero capitati, per mano incauta, pensieri dell'estate, venti dell'estate, che aveva creduto svaporati per solo repulisti del cuore, e della mente. E quella valigia sentiva che avrebbe pesato sulla mano, che avrebbe gravato il suo passo, che gli avrebbe sporcato ogni letizia con l'ombra di una nostalgia strana, inspiegabile. Sapeva che gli avrebbe riaperto sotto gli occhi un mondo di intime parole ancora troppo vivide per lasciarsi seppellire. E che gli avrebbe agganciato il cuore alla terra di ieri. Al di là delle nuvole. Ophelia
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LovingOphelia
LovingOphelia il 29/08/05 alle 20:38 via WEB
Il viaggio di ritorno alla vita di sempre aveva immancabilmente un sapore diverso. Fresco di entusiasmo, sorridente di progetti. Ogni volta che ci galleggiava sul pavimento di nubi spesse distese sotto le ali dell'aereo, lo turbava piacevolmente un sentimento di letizia. Sapeva che in fondo non lo avrebbe che atteso un anno di lavoro gemello a tutti quelli a cui, in quella terra straniera, aveva ceduto la polpa più matura del suo tempo di Uomo. Ma questa consapevolezza non lo distraeva dalla seduzione del sogno, dalla speranza irriducibile che potesse soprenderlo l'imponderabile e che questo imponderabile potesse avere il nome impronunciabie della Felicità. Pensava che anche questo viaggio potesse respirare il mistero dell'attesa senza attesa, quel vagheggiamento ubriaco del domani incerto, quando lo pretendiamo amico, lo corrompiamo amico. Pensava. Se dentro la valigia non fossero capitati, per mano incauta, pensieri dell'estate, venti dell'estate, che aveva creduto svaporati per solo repulisti del cuore, e della mente. E quella valigia sentiva che avrebbe pesato sulla mano, che avrebbe gravato il suo passo, che gli avrebbe sporcato ogni letizia con l'ombra di una nostalgia strana, inspiegabile. Sapeva che gli avrebbe riaperto sotto gli occhi un mondo di intime parole ancora troppo vivide per lasciarsi seppellire. E che gli avrebbe agganciato il cuore alla terra di ieri. Al di là delle nuvole. Ophelia
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