In Nome di Dio!Il rapporto fra violenza e religione è antico e generalizzato. Tutte le mitologie sono caratterizzate dalla presenza di dèi "specializzati" in guerre, come Assur a Babilonia, Thor nel mondo germanico e Marte in quello romano. E’ noto che l'Antico Testamento gronda sangue: «Fu volere di Dio che quelle città si ostinassero a combattere affinché gli Israeliti potessero sterminarle senza usar loro pietà» si legge nel Libro di Giosuè. Guerre giusteAnche dopo la svolta cristiana, il pacifismo del messaggio evangelico cedette ben presto il passo a un atteggiamento belligerante. «Basta che si tratti di una guerra giusta» sosteneva Sant'Agostino nel IV secolo. Per arrivare alla "guerra santa", però, bisognerà attendere San Tommaso, che per primo parlerà di «una spada sguainata come per ordine di Dio». Crociate Quando Tommaso scriveva queste parole, nel XIII secolo, la guerra che si pretendeva voluta dall'alto aveva già prodotto otto crociate, con la spianata del tempio di Gerusalemme inondata dal «sangue che arrivava sino alle ginocchia» e un milione di morti. Duecento anni di guerre forse con obiettivi più di tipo socio-economico, ma comunque caratterizzati da un'esplicita chiamata in causa della divinità ("Dio lo vuole!") e dalla partecipazione di monaci-guerrieri (templari, fratelli di Calatrava, cavalieri teutonici). Logiche non solo da Medioevo, se si pensa alle guerre di religione fra cattolici e protestanti nell'Europa del XVI e XVII secolo. Sforzo La jìhad islamica (letteralmente "sforzo", sottinteso "per percorrere la strada di Allah") citata nel Corano, indica sia la lotta contro l'infedele, sia il pacifico impegno missionario, sia lo sforzo interiore per prestare a Dio la dovuta ubbidienza. L'ultima jìhad "della spada" fu quella lanciata dal sultano di Costantinopoli all'inizio della I guerra mondiale, e da allora mai più utilizzata da qualcuno con l'autorità religiosa sufficiente per proclamarla. Eppure, come si vede dalla cartina (sotto), il tempo delle guerre a sfondo (o pretesto) religioso non è tramontato.
In Nome di Dio!
In Nome di Dio!Il rapporto fra violenza e religione è antico e generalizzato. Tutte le mitologie sono caratterizzate dalla presenza di dèi "specializzati" in guerre, come Assur a Babilonia, Thor nel mondo germanico e Marte in quello romano. E’ noto che l'Antico Testamento gronda sangue: «Fu volere di Dio che quelle città si ostinassero a combattere affinché gli Israeliti potessero sterminarle senza usar loro pietà» si legge nel Libro di Giosuè. Guerre giusteAnche dopo la svolta cristiana, il pacifismo del messaggio evangelico cedette ben presto il passo a un atteggiamento belligerante. «Basta che si tratti di una guerra giusta» sosteneva Sant'Agostino nel IV secolo. Per arrivare alla "guerra santa", però, bisognerà attendere San Tommaso, che per primo parlerà di «una spada sguainata come per ordine di Dio». Crociate Quando Tommaso scriveva queste parole, nel XIII secolo, la guerra che si pretendeva voluta dall'alto aveva già prodotto otto crociate, con la spianata del tempio di Gerusalemme inondata dal «sangue che arrivava sino alle ginocchia» e un milione di morti. Duecento anni di guerre forse con obiettivi più di tipo socio-economico, ma comunque caratterizzati da un'esplicita chiamata in causa della divinità ("Dio lo vuole!") e dalla partecipazione di monaci-guerrieri (templari, fratelli di Calatrava, cavalieri teutonici). Logiche non solo da Medioevo, se si pensa alle guerre di religione fra cattolici e protestanti nell'Europa del XVI e XVII secolo. Sforzo La jìhad islamica (letteralmente "sforzo", sottinteso "per percorrere la strada di Allah") citata nel Corano, indica sia la lotta contro l'infedele, sia il pacifico impegno missionario, sia lo sforzo interiore per prestare a Dio la dovuta ubbidienza. L'ultima jìhad "della spada" fu quella lanciata dal sultano di Costantinopoli all'inizio della I guerra mondiale, e da allora mai più utilizzata da qualcuno con l'autorità religiosa sufficiente per proclamarla. Eppure, come si vede dalla cartina (sotto), il tempo delle guerre a sfondo (o pretesto) religioso non è tramontato.