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Alla ricerca di soluzioni comuni per la pace e la libertà nel mondo

 

 

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Realtà nel Mondo (Sesta Parte)

Post n°83 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da Piero_Calzona
 

Realtà inquietante

 

(Indagine nel mondo dei poveri)

 

WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio)

FMI (Fondo Monetario Internazionale)

Banca Mondiale

Debito del Terzo Mondo

Povertà e Ricchezza

La Mongolia è un basket case, secondo i criteri di Henry Kissinger? Una misteriosa «fatalità» spiegherebbe le disgrazie dei bambini mongoli?

Naturalmente no. Queste disgrazie hanno un nome: debito.

Nel 2004 il debito ammontava a 1,8 miliardi di dollari, una cifra che corrisponde quasi esattamente al prodotto interno lordo, ovvero alla somma di tutte le ricchezze prodotte in Mongolia in un anno.

La Mongolia è strangolata. Tutti i pericoli che la minacciano, tutti le catastrofi di cui è vittima potrebbero essere evitati o combattuti con una tecnologia adeguata. Questa tecnologia è disponibile sui mercati occidentali, ma costa.

E praticamente tutti i soldi di cui dispone la Mongolia sono assorbiti dal servizio del debito.

Le donne e le ragazze, spesso di una straordinaria bellezza, subiscono una crudele discriminazione, sessuale e sociale. Praticamente in tutti i gruppi etnici le ragazze vengono fatte sposare appena raggiungono la pubertà. I primi rapporti sessuali hanno luogo spesso fin dalla prima mestruazione. La ragazza diventa allora madre all'età di dodici, quattordici o quindici anni. A venticinque anni avrà già messo al mondo tra otto e dieci figli.

 

La donna etiope viene sfruttata tre volte: a casa, nei campi e sessualmente. Una ragazza di quindici anni sposata a forza non riceverà mai, è chiaro, una formazione scolastica completa. Non avrà mai un'adolescenza che le permetta di intrecciare liberamente amicizie, di scoprire il mondo e di forgiarsi una personalità autonoma. Dalla capanna del padre, dove insieme alla madre e alle sorelle svolge i lavori domestici più duri, passa direttamente ai lavori forzati imposti dal marito.

L'Unicef ha svolto un'inchiesta nelle regioni orientali del paese, dove vivono clan di origine somala: l'infibulazione mutila oltre il 70 per cento delle ragazzine. In altre regioni domina l'escissione.

Debito e fame, fame e debito costituiscono un ciclo mortale, in apparenza senza uscita. Chi ha dato inizio a questo ciclo? Chi ne trae profitti astronomici?

I feudi capitalisti.

 

Oggi gli affamatori, gli speculatori e i furfanti denunciati da Jacques Roux, Marat e Saint-Just sono tornati. La mano criminale del monopolista, evocata da Gracchus Babeuf, colpisce di nuovo.

 

Assistiamo a una rifeudalizzazione del mondo. E il nuovo potere feudale ha il volto delle società transnazionali private.

Ricordiamolo: le cinquecento più grandi società capitaliste transcontinentali del mondo controllano oggi il 52 per cento del prodotto interno lordo del pianeta. Il 58 per cento di queste società è originario degli Stati Uniti. Insieme danno lavoro solo all'1,8 per cento della manodopera mondiale. Queste cinquecento società controllano ricchezze superiori a tutti i beni dei centotrentatré paesi più poveri del mondo messi insieme.

Essendo depositarie delle più avanzate conoscenze tecnologiche, elettroniche e scientifiche, e controllando i principali laboratori e centri di ricerca del mondo, le società transcontinentali indirizzano il processo di sviluppo materiale della condizione umana. E i vantaggi che offrono a coloro che possono assicurarsi i loro prodotti e servizi è indiscutibile. Ma il controllo privato che esercitano su produzioni e scoperte scientifiche per natura destinate al bene comune ha conseguenze disastrose, perché l'unico motore di questi nuovi feudatari è l'accumulo del massimo guadagno nel minor tempo possibile, la continua estensione del loro potere e l'eliminazione di qualsiasi ostacolo sociale che si opponga alle loro decisioni.

Una delle cause principali del costante aumento del debito estero dei paesi dell'emisfero meridionale è il trasferimento verso le sedi centrali, in divise estere, dei profitti d'impresa o dei guadagni in Borsa realizzati dalle società transcontinentali nel paese di accoglienza.

 

A questo si deve aggiungere il sistema delle royalties. Prendiamo l'esempio della Nestlé. Come la maggior parte delle società transcontinentali, la Nestlé è organizzata in profit centers relativamente indipendenti gli uni dagli altri. I cinquecentoundici stabilimenti Nestlé sparsi in tutto il pianeta usano brevetti appartenenti alla casa madre, o più precisamente alla holding. Questi brevetti devono essere remunerati.

Guardiamo cosa accade in Brasile. La Nestlé realizza in quel paese profitti astronomici, una parte dei quali viene reinvestita nelle venticinque fabbriche e società locali, mentre un'altra serve a finanziare l'espansione e la conquista di un nuovo mercato locale, per esempio quello del cibo per animali domestici. Ma la maggior parte del denaro guadagnato ritorna a Vevey, dove si trova il quartier generale della Nestlé.

Questa emorragia viene finanziata dalla Banca del Brasile, perché la Nestlé non trasferisce, naturalmente, reais, moneta priva di un consistente valore di scambio, ma dollari (o altre valute dette «dure»). Sono dunque le riserve in valute estere della banca centrale del paese di accoglienza a essere messe sotto pressione per permettere il trasferimento dei profitti e di altre entrate dovute alla cessione dei brevetti, realizzate in moneta locale o in valute estere. Questi profitti attraversano immediatamente l'Atlantico, aggravando ulteriormente la gestione del debito estero del paese.

L'affare è appetitoso; l'importanza dell'Europa continua a diminuire nel portafoglio Nestlé. Nel 1994 i profitti europei rappresentavano il 45 per cento del volume d'affari della società svizzera; nel 2004 la percentuale è scesa al 33 per cento. La conquista trionfale di mercati sempre nuovi ha luogo in Asia, in Africa e in America Latina.

 
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