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Celibato

Post n°110 pubblicato il 16 Febbraio 2009 da Piero_Calzona
 

CELIBATO

 

Perché i Preti non si possono sposare?

 

Come è stata manipolata la Bibbia

 

 

 

celibato

 


Nella Lettera a Tito, in una sezione intitolata «condizioni dei vescovi», San Paolo scrisse la seguente istruzione: «Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e per­ché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato: il candidato deve essere irreprensibile, sposato una so­la volta, con figli credenti e che non possano essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati. Il vescovo infatti, come am­ministratore di Dio, dev'essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto» (27 1, 5-7).

 

Imporre ai membri del primo clero la condizione - certa­mente ispirata da Dio - di essere «mariti di una sola donna» non poteva significare, come oggi comanda la Chiesa cattolica, che dovevano essere celibi, ma piuttosto, che fossero sessualmente fedeli a una sola donna, cioè, a quella con la quale si fossero spo­sati. Una norma morale che, come documenta la storia ecclesiastica del primo millennio, non è stata granché rispettata dal cle­ro cattolico: da papi, vescovi e sacerdoti, che sono stati sposati e nemmeno da coloro che sono rimasti formalmente celibi.


Per di più, il presunto e inappellabile magistero divino del­l'Antico Testamento, espresso nel capitolo intitolato «leggi circa la purezza abituale dei sacerdoti» della Legge proclamata nel Levitico - la cui validità è stata ratificata da Gesù in Mt 5, 17-18 - prescrive: «Sposerà una vergine. Non potrà sposare né una vedova, né una divorziata, né una disonorata, né una prostitu­ta; ma prenderà in moglie una vergine della sua gente. Cosi non disonorerà la sua discendenza in mezzo al suo popolo; poiché io sono il Signore che lo santifico» (Lv 21, 13-15).

Sembra, dunque, che Dio si sia preoccupato persino di legiferare sulle caratteristiche che dovevano avere le spose dei sacerdoti.


 


 


 

 

 
Rispondi al commento:
Piero_Calzona
Piero_Calzona il 17/02/09 alle 18:59 via WEB
Come hai potuto leggere nel post, il celibato è una manovra speculativa della chiesa cattolica, difatti come ho scritto prima nel commento di Occhi curiosi, nel Protestantesimo e soprattutto nell’Anglicanesimo non solo i preti si possono sposare, ma anche le donne possono essere ordinate sacerdote. Nel 1400 era cosi frequente che i clerici avessero concubine, che i vescovi hanno stabilito la cosiddetta “renta di putane”, ossia una somma di denaro che i sacerdoti dovevano pagare al vescovo ogni volta che trasgredivano la legge sul celibato. Avere amanti era così frequente, che molti vescovi hanno preteso la renta di putane da tutti i sacerdoti della loro diocesi senza eccezione. Chi difendeva la propria purezza era comunque obbligato a pagare perché il vescovo sosteneva che era impossibile non avere rapporti sessuali di alcun tipo. A questo stato di cose ha cercato di porre rimedio il tumultuoso Concilio di Basilea (1431-1435), che prescrisse la perdita delle entrate ecclesiastiche a chi non abbandonasse la concubina dopo essere stato avvertito e aver subito un ritiro momentaneo dei benefici. Con la celebrazione del Concilio di Trento (1545-1563), Papa Paolo III, protagonista di una vita dissoluta, che ha favorito il nepotismo all'interno del suo pontificato, e padre di diversi figli naturali, fece applicare in modo definitivo le disposizioni disciplinari di Laterano e proibì, inoltre, l'ordinazione di maschi sposati. Tuttavia, la Chiesa cattolica, trasformando un inesistente «consiglio evangelico» in legge canonica obbligatoria, è rimasta lontana anni luce dal potenziare ciò che Paolo VI riassume come «una relazione personale più intima e più completa con il mistero di Cristo e della Chiesa, per il bene di tutta l'umanità». Anzi, al contrario, ciò che si ha ottenuto la Chiesa con l'imposizione della legge del celibato obbligatorio è uno strumento di controllo che gli permette di esercitare un potere abusivo e dittatoriale sui propri lavoratori. Una strategia fondamentalmente economicistica per abbassare i costi di mantenimento della sua squadra sacro-lavorativa e incrementare il proprio patrimonio istituzionale. Evidentemente, l'unica «umanità» che trae profitto da questo stato di cose è la stessa Chiesa cattolica. Il carattere obbligatorio del celibato nel clero lo converte in una gran massa di mano d'opera a basso prezzo e ad alto rendimento, che favorisce una mobilità geografica e una sottomissione e dipendenza gerarchica assolute. Un sacerdote celibe è molto più economico di un altro che avesse il diritto di mettere su famiglia, in quanto, in quest'ultima ipotesi, l'istituzione dovrebbe almeno triplicare lo stipendio attuale del sacerdote per fare in modo che questi possa condurre un tenore di vita materiale sufficiente a mantenere un nucleo familiare. Dunque, quando si sente parlare del rifiuto della gerarchia cattolica alla possibilità di matrimonio dei sacerdoti, in realtà ciò che si vuole negare è un incremento delle spese di personale.
 
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