LIMITE IGNOTO

Scomparso Giovanni Bollea


 È morto ieri a Roma il prof. Giovanni Bollea, fondatore della moderna neuropsichiatria italiana. Il prof. Bollea si è spento al Policlinico Gemelli dopo un lungo ricovero. Aveva 98 anni. La camera ardente sarà allestita in Campidoglio, nella sala della Protomoteca, martedì 8 febbraio, a partire dalle ore 10.
Molti anni fa un bambino pesarese delle scuole elementari cominciò a manifestare tic nervosi e disturbi di comportamento sempre più marcati: batteva gli occhi per ogni piccolo motivo di tensione, aveva continui movimenti compulsivi delle braccia e delle spalle, emetteva strani gridi gutturali. Il bambino era figlio unico in una famiglia borghese del tutto normale, era assistito da un pediatra e le analisi non mostravano problemi fisici o neurologici. "Passerà", dicevano i medici e ripetevano a se stessi i genitori, "col tempo e con la crescita tutto andrà a posto". Ma il disturbo non passava, anzi cresceva di intensità e di frequenza. Il bambino continuava ad emettere i suoi versi animaleschi facendo girare la gente per strada, nonostante l'assunzione di qualche blando sedativo. I genitori non sapevano più a che santo votarsi, finché qualcuno li consigliò di andare a Roma per un consulto col più famoso neuropsichiatra infantile del nostro Paese.Il professore lo visitò brevemente, parlò con i genitori e col bambino, poi li congedò con una ricetta che diceva (più o meno) così: 1) Giocare a tennis; 2) Andare in bicicletta col papà per i viali di Pesaro; 3) Frequentare il più possibile gli amici boy-scout; 4) Aiutare qualche volta la mamma nelle faccende di casa; 5) Sfogliare ogni giorno un giornale insieme al padre, per commentare insieme i titoli più importanti. Non era prevista alcuna analisi neurologica, né l'assunzione di alcun farmaco.La ricetta ricordava curiosamente un racconto dell'umorista inglese Jerome K. Jerome, dove un medico compila una prescrizione simile (integrata da bistecche e vino rosso) per un suo paziente che, dopo aver letto un trattato di medicina, aveva scoperto di avere i sintomi di tutte le malattie, tranne "il ginocchio della lavandaia". Comunque funzionò perfettamente. Quasi sempre, in questi casi, non c'è una persona da curare ma un contenitore familiare da modificare, disarmonie da correggere; anche quando esistono patologie fisiche "che sono le più facili da diagnosticare". Probabilmente il professore aveva identificato un eccesso di pressione psicologica su quel bambino, o una caduta di auto-stima o una proiezione dell'ansia dei genitori. Poco tempo dopo la ‘cura', le manifestazioni del bambino si attenuarono e poi scomparvero del tutto.