opinioni e poesie

AMARE IL POTERE


  Ci siamo arrivati. I ben-andanti della politica - illusi o corrivi non è dato saperlo – che ritenevano il presidente del Consiglio un uomo politico “normale” hanno materia per ricredersi. Alla prima occasione utile con la freddezza, il cinismo e l’abilità che contraddistinguono Silvio Berlusconi è partita la fase due della costruzione del regime. E, per cortesia, non si venga a dire che non si tratta di regime: quando al potere economico e al controllo assoluto sull’informazione, si unisce anche il dominio politico, siamo alla costruzione di un regime, per quanto adeguato ai tempi post-moderni;e quindi suadente e dissuasivo allo stesso tempo,che vuole essere amato più che temuto, benché all’occorrenza sappia usare il pugno di ferro. L’offensiva contro il presidente della Repubblica Giorgio Napoletano ne è la prova. La fase uno della costruzione del regime si è modulata lungo un quindicennio, con la costruzione del mito dell’uomo della provvidenza, con la demonizzazione dell’avversario e l’instaurazione di un clima da guerra civile a bassa intensità, con la creazione di un gigantesco sistema di interessi grazie all’uso spregiudicato di sconfinate risorse economiche, con il consolidamento dell’impero mediatico e il suo intelligente uso ad usum delphini. Tutto questo è stato costruito dal nulla in 15 anni grazie a eccezionali capacità e risorse, e alla miseria cultural-politica degli avversari, incapaci di cogliere i passi falsi e le battute d’arresto in cui questo progetto di tanto in tanto incappava. Ora è troppo tardi. Annichilito il Pd a causa delle sue debolezze interne, di personale politico nazionale innanzitutto, e di progettualità e strategia in secondo luogo, non ci sono barriere. La fase due dell’instaurazione del regime è tutta in discesa. Bastava aspettare il momento buono per avviarlo. E questo è arrivato sfruttando un tema di fortissimo impatto emotivo come la vicenda di Eluana Englaro. Berlusconi non aveva alcuna idea su questa dolorosa vicenda. Ancora due giorni prima del consiglio dei ministri di venerdì 6 febbraio il presidente del Consiglio dichiarava di non averne maturato una precisa. Poi il suo staff ha suggerito una strategia d’attacco su questo tema per introdurre una nuova , drammatizzante, contrapposizione politica tra la maggioranza  identificata come il fronte della vita e l’opposizione marchiata come i portatori della falce della morte. Semplificazioni volgari ma efficacissime, che si depositeranno nella memoria collettiva perché l’opinione pubblica non si interessa affatto del federalismo, della legge elettorale, della riforma della giustizia, ecc., ma ha una sua posizione su questa vicenda che tocca la vita (e la morte) di ciascuno. Riuscire a politicizzare questo confronto brandendo lo stendardo immacolato della vita contro lo spettro della morte è un’operazione di grande abilità e di sicuro, duraturo , successo. Sarà questo il leit-motiv dei prossimi mesi e anni, e sarà dura strappare all’appassionato e compassionevole presidente del Consiglio l’aura del salvatore degli inermi e dei più deboli presso tanta parte dell’elettorato, soprattutto quello più disattento alla politica e meno provvisto di strumenti culturali. Messa l’opposizione in un angolo terribilmente buio (buio come la morte), Berlusconi può procedere al suo obiettivo ultimo: impiantare un regime personalistico di tipo peronista che si fondi sul rapporto mediatico-medianico con il popolo, azzerando ogni contropotere e ogni impiccio al dispiegamento della benevola e benevolente attività del “capo”. Ovviamente la separazione e l’equilibrio tra i poteri andranno a quel paese, ma che importa: di fronte al fine ultimo , cioè l’eliminazione politica della sinistra – un remake, con qualche adattamento al palato del XXI secolo, del 1922 – anche i dubbiosi si allineeranno. Del resto il principio della democrazia delegata, tanto caro agli inglesi, è stato abbandonato un po’ da tutti. La mitologia delle primarie “aperte al popolo” che tanto ha affascinato la sinistra negli ultimi tempi e da cui fatica a rinsavirsi, ha picconato anch’essa la concezione della lenta e graduale formazione delle scelte, saltando d’un balzo tutte le mediazioni e aprendo la strada  al plebiscitarismo ed alla presidenzializzazione dei partiti. Gli anticorpi culturali al dilagare del populismo berlusconiano sono oggi più deboli rispetto a quindici anni fa per il lavorìo continuo ed abile  condotto dalla destra e per la scarsa consapevolezza della sinistra. E il tema sul quale si innesterà il cambiamento istituzionale , “per la vita contro la morte”, è così emotivo e tranchant che sarà assai difficile contrastare. O quanto meno ci vogliono convinzioni forti e persone coraggiose , all’altezza della sfida. Ancora una volta, attendiamo il Godot democratico.