poetastrazioni

PER OTTAVIO RICCI

A te l'Appennino autunnale:

le foglie di ruggine, il vento,

le case chiuse nel sonno,

gli occhi chiusi per sempre.

...

La giovinezza muore, sui monti

le siepi sono nude e stracciate.

Ora il tuo passo s'è perduto, addio

e addio ancora, viene

...

un inverno favoloso

di nevi e fiamme, un tempo quieto

che ci scorderemo di te.

                                                 Dicembre 1944

Non è rarità imbattersi in poesia struggente ed intensissima, di radice resistenziale. Per questo non dedicherò troppe righe al commento di questo piccolo capolavoro che apre le anime di tutti, anche a distanza siderale di anni. Perché l'umanità non conosce tempo. Ognuno si soffermi su ciò che più l'ha colpito, sulla musica, sulle sentenze, sugli accorgimenti retorici. E solo alla fine (sempre per la considerazione contro lo storicismo biografico, per cui la vita accaduta non deve influenzare troppo il giudizio su ciò che viene vergato sulla pagina) solo in forma di saluto quotidiano, serve ricordare la figura del diciannovenne Ottavio Ricci, morto, trucidato dai nazifascisti, il 20 novembre 1944, nel tentativo, generoso, di ridonare un senso a un popolo da vent'anni dormiente. La giovinezza muore, appunto, scrive Bertolucci; o forse vive in eterno, suggerirebbe l'enfasi retorica. Ma Bertolucci non è di quella pasta, non è di quelli che spargono cordoglio a piene mani: Bertolucci era stato insegnante di quel ragazzo morto; aveva - forse - contribuito a risvegliare il senso di giustizia, da troppo tempo assopito nelle spire della dittatura. Per questo il suo dolore non è fratello del cordoglio sempre pronto delle autorità. Il poeta è autorevole, il suo sguardo, pietrificato dal dolore, sa già cosa accadrà oltre, dopo il passare degli anni: viene / [...] un tempo quieto / che ci scorderemo di te.//