paese reale

Il Casino della Principessa


Qui dove scarseggiano i monumenti capita che uno storico caseggiato, un tempo casino di caccia dei principi Caracciolo, dopo un lungo e dispendioso restauro, venga trasformato in un suggestivo ristorante, ogni tanto adibito pure a qualche iniziativa culturale, una mostra, una conferenza, un'esposizione fotografica. Altre volte ospiti serate di musica dance, dj set per allegri cocktail riservati ai più giovani. Tutto questo ceduto ad un prezzo assolutamente stracciato dal Comune proprietario dell'immobile, con un contratto della durata addirittura di sei anni sei. Grazie al beneplacito dell'assessore alla cultura, Nunzio Cignarella, che, nella sua fervida fantasia, non ha trovato niente di meglio, finendo per destinare un bene comune all'utilizzo privato. Con scarsi guadagni per il Comune e lauti introiti per il gestore privato. Che poi, nella fattispecie, esso sia costituito da un'associazione che fa capo ad una consigliera comunale della maggioranza, già in commissione cultura, può essere solo un dettaglio. Comunque emblematico di come vanno le cose pubbliche ad Avellino. Ad un anno dalla discutibile sottoscrizione della convenzione tra l'amministrazione civica e Be food, ci ritroviamo a scrivere della stessa indignazione. Da queste parti, infatti, ci vuole poco per far stemperare completamente le polemiche. Com'è accaduto puntualmente anche in questo caso, appena dopo qualche settimana di diatribe sui media locali. Prima si grida allo scandalo, si aprono dibattiti altolocati, si contrappongono posizioni; poi, rapidamente, l'oblio si impadronisce dell'uditorio, intanto che lo scandalo è bell'e consumato.Oggi il Casino del Principe è diventato un luogo di ristoro polifunzionale, dove comprare frutta ed insalata, la domenica mattina; mangiare pietanze costose, a cena o a pranzo, rigorosamente senza fattura; assistere ogni tanto ad un concerto, fare due salti fra i ciottoli di pietra, in occasione di feste danzanti o apericene dell'Avellino da bere. Tutto così impunemente.Di fatto espropriato dalla fruizione del cittadino comune che magari sarebbe invogliato a visitarlo proponendogli eventi artistico-culturali, sempre che la gestione fosse dell'amministrazione, il monumento ristrutturato con denaro pubblico è stato completamente privatizzato. Ed un visitatore ignaro non potrà che essere respinto dalla presenza di quei camerieri all'ingresso.Ma questa è Avellino, che ci vuoi fare...