paese reale

Rifondazione in parti


In questi tempi di leghismo dilagante, neofascista e razzista, qual è oggi il nuovo idealtipo coniato dalle cronache politiche con il termine di “salvinismo”, ci saremmo attesi una più significativa risposta da parte dell’intellettualità di sinistra, che ha perso invece l’egemonia culturale e ogni sorta di contatto con il popolo, sempre più orientato verso destra. Appurato che la dicotomia categoria tra conservatorismo e progressismo, o meglio tra destra e sinistra, spiegata da Norberto Bobbio, è tramontata soltanto per i sostenitori del nuovo dispotismo giallo-verde attualmente al potere in Italia, mentre assume i toni, sempre più drammatici per la democrazia, della contrapposizione fra ricchi, da una parte, e poveri, dall’altra, traducendosi, sul piano politico, nell’azzeramento delle istanze di sinistra, completamente soffocate dal populismo di destra; la situazione è quantomai critica. Se si considera lo stato del cosiddetto “centrosinistra”, sempre più lontano dalle masse, coi tentativi di rinascita da parte del Partito democratico, stupisce però la deflagrazione della sinistra estrema. Quella rimasta fuori dal Parlamento, che in maniera problematica vive un’esistenza alquanto contrastata. Di dimensioni assai limitate dal punto di vista quantitativo, essa ha quasi subito mostrato divisioni poco comprensibili e irrimediabili, sin dalla fine del Partito comunista, divenuto di seguito Pds e Ds, prima di fondersi con i popolari di sinistra nell’ambizioso Pd. Ebbene l’atomizzazione del dissenso comunista, classificabile come “sinistra antagonista” ha prodotto innumerevoli sigle, micro-partiti ed un punto di riferimento un po’ più solido e strutturato: il Partito della Rifondazione comunista. Ora da con confondere, sulla scheda elettorale per le Europee del 26 maggio, con il Partito comunista di Rizzo, che gli ha preso pure il simbolo. Mentre Rifondazione ha aderito al neo-raggruppamento rappresentato da “La Sinistra”.L’impressione, insomma, è quella di una frammentazione difficile da sostenere da parte dell’elettorato illuminato. Un corpo, di per sé già fragile, fratturato in più punti, con intitolazioni che nascondono una triste povertà di pensiero e prospettive, mancante, inoltre, di un’anima solo minimamente unitaria. Com’è quello dei sopravvissuti del post-comunismo, attualmente meno influenti degli esponenti dei Centri sociali o dei gruppi anarchici, tuttora resistenti.La lunga premessa introduce una riflessione sulla disintegrazione in atto ad Avellino tra i reduci del Prc. Sì, perché, stando alle notizie di questa caotica fase di presentazione delle liste e dei candidati sindaci alle prossime amministrative, una duplice spaccatura si appresta ad assottigliare ulteriormente il fronte della sinistra comunista e post-comunista nella città capoluogo. Infatti, dopo la nascita di “App-Avellino prende parte”, che faceva sperare nella forza innovativa di un gruppo davvero alternativo alle logiche del potere locale, ritroviamo adesso una parte di Rifondazione schierata con il centrosinistra alternativo, per ripetere l’esperienza che, tempo fa, portò alla candidatura a sindaco di Antonio Gengaro, ora reiterata sostituendo solo il nome dell’aspirante primo cittadino con quello di Amalio Santoro. Entrambi, Gengaro come Santoro, di formazione democristiana. Mentre il nucleo principale di “Prende parte”, composto da molti sostenitori del Prc, ha deciso di allearsi con il centrosinistra più moderato, ovvero il Pd ed il suo sorprendente candidato sindaco, Luca Cipriano. A rendere ancora più confusa la scelta dei “progressisti” nostrani, il centrosinistra alternativo ha perfino incassato l’appoggio di Paolo Foti, sì proprio lui, l’ex sindaco dello sfascio cittadino, scopertosi vicino alla sinistra di Giancarlo Giordano, di “Possibile” e “Si può”. Tanto per pareggiare la svolta filodem dei D’Alessandro e Iandolo, quest’ultimo ex responsabile provinciale di “Libera”. Così i duri e puri sembrano essere rimasti quelli di “Controvento”, a meno che qualcuno di loro non preferisca divergere dall’intento di non presentarsi alle elezioni comunali finendo in qualche lista. Il tempo per ricostruire la sinistra è di là da venire.