paese reale

Dalla città marginale


C'era un tempo in cui era convinzione diffusa che aprire un'Università ad Avellino sarebbe stato superfluo. C'era già l'Ateneo di Salerno collocato nella vicina Fisciano, a metà strada fra i due capoluoghi, che sembrava proprio essere sorto per rispondere alla richiesta di studi universitari dal bacino irpino. E così si è andato avanti negli anni, nella certezza che il comune capoluogo fosse più adatto ad ospitare corsi di specializzazione di facoltà decentrate che avessero qualche interesse da queste parti. Tipo quelli di Medicina e Scienze infermieristiche, all'Azienda ospedaliera "Moscati", o ancor di più Enologia della "Federico II", grazie al connubio con lo storico Istituto Agrario "De Sanctis" di Avellino. Per una piuttosto risicata compartecipazione all'offerta di formazione universitaria proveniente dalla regione Campania.Né la situazione è di molto migliorata con l'ulteriore decentralizzazione di una sede della partenopea "Vanvitelli" - ora in dismissione - a Grottaminarda, oppure con l'eccellenza della ricerca scientifica alla Biogem di Ariano Irpino.Isolate esperienze hanno toccato e continuano a toccare il capoluogo e la sua provincia, ma non basta. Né può bastare per un comune di sessantamila abitanti ma soprattutto "capitale" dell'Irpinia qual è Avellino. Forse l'unico capoluogo di provincia italiano ancora privo di Università. Di fronte all'insieme di vantaggi che compoterebbe avere un ateneo in città, come ad esempio quelli riscontrabili prima del terremoto a L'Aquila: senza dubbio una notevole vivacità culturale, dovuta alla frequentazione e permanenza di studenti e professori, con l'indotto di negozi, cartolibrerie, punti di ristoro ed altri servizi riservati agli universitari, che alimenterebbero il mercato dei fitti di alloggi, camere e appartamenti.La proposta di aprire un polo universitario, che vada ad affiancare quelli di Napoli, Caserta, Benevento e Salerno-Fisciano, potrebbe risultare fuori tempo massimo. Di difficile realizzazione. Ma sta di fatto che l'ormai vetusto discorso sull'inutilità di un nuovo ateneo in Campania non regge più, vista la crisi in apparenza irreversibile delle zone interne del Meridione, sul quale solo un imponente investimento infrastrutturale dedicato alla cultura e alla formazione potrebbe incidere positivamente.L'effetto di rivolgersi altrove come punto di riferimento negli studi universitari è stato invece solo quello di marginalizzare sempre di più nel tempo la realtà avellinese, fino alla desertificazione attuale.Un intervento consistente è quindi l'unica possibilità che ci resta. Per uscire da questo ruolo di città dormitorio all'interno di un altro dormitorio più grande e desolato come pare destinato a essere l'entroterra provinciale, dove si transita allegramente ma senza mettere mai le radici e contribuire alla crescita economica e culturale del territorio. Oppure rassegnamoci ad essere il luogo d'elezione di università telematiche e altri diplomifici a pagamento.