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Linee guida

Post n°590 pubblicato il 24 Giugno 2020 da carlopicone1960
 

Sono state rese pubbliche le anticipazioni delle Linee guida per il ritorno a scuola, in sicurezza, nel mese di settembre. Fermo restante che non è stata ancora ufficializzata la data del rientro, dopo il lungo stop iniziato il 6 marzo scorso, il Ministero dell’Istruzione dimostra di non perdere il suo carattere d’incertezza, affidando buona parte dei provvedimenti, pensati per ogni grado d’insegnamento, alle decisioni di enti locali e presidi. Una clamorosa delega di responsabilità che non solo getta nello sconcerto i capi d’Istituto, sui quali viene trasferita gran parte dell’impegno di organizzare classi e orari secondo le esigenze del post Covid, che potrebbe ritornare in una seconda ondata ancora più letale, fin quando non sarà disponibile un vaccino efficace per tutti; ma finisce per caratterizzare in maniera decentrata le modalità della delicata ripresa delle attività didattiche. 

A scorrerli velocemente, infatti, nell’attesa della negoziazione con i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni di categoria, le cosiddette “parti sociali”, colpisce la densità degli interventi, ideati dalla scuola d’infanzia alle superiori, assemblati insieme, senza dare le doverose indicazioni specifiche e dettagliate per attuarli. Si legge, ad esempio, di ore ridotte (a 45 minuti); raggruppamento di alunni provenienti anche da classi diverse e di età differente (grandi e piccoli insieme); possibilità di mixare didattica in presenza e didattica a distanza; alternanza di turni; azzeramento del sabato festivo per chi ne usufruisce. 

Tuttavia, nulla si dice sull’effettiva applicazione del distanziamento fisico, che resta una priorità indispensabile nella socializzazione della scuola post Covid. Perché, se permane l’obbligo del metro e mezzo o due da osservare rigorosamente, gli spazi delle aule non sono cambiati, come le “classi pollaio” di cui la ministra Azzolina aveva annunciato l’eliminazione. A meno di non intendere come possibile la loro riforma mediante lezioni per gruppi separati da spalmare durante la giornata, secondo criteri che ancora s’ignorano. Se non si aspettano le dovute soluzioni da parte dei dirigenti scolastici. 

Di certo, nell’assenza di una linea unitaria per tutto il territorio nazionale, fra istituti ipermoderni e molti altri fatiscenti, le lezioni on line torneranno a fare capolino specie per le classi più numerose. In un caotico guazzabuglio che rimanda ai singoli ogni iniziativa. 

Tra le svariate misure di sicurezza, peraltro, mancano non solo indicazioni stringenti sulla necessità di indossare le mascherine, ma si trascurano quasi completamente quelle riguardanti la didattica, il processo d’insegnamento-apprendimento che rischia di essere travolto dalla serie infinita di misure ancora emergenziali. 

Sanificazione degli ambienti a parte, liquidi disinfettanti, misurazioni della temperatura, ingressi dilazionati e vigilanza sulle uscite degli alunni per i corridoi, non bastano infatti ad assicurare un “fare scuola” che sia davvero efficace in funzione formativa. Come sono insufficienti i controlli sulla salute dei docenti, con test sierologiche e tamponi, che lasciano il tempo che trovano. Con l’eliminazione della figura mitica del “compagno di classe”. Il demandare a presidi e Regioni, e le maestre dell’infanzia con la visiera protettiva. 

Tutto questo, senza che si sia provveduto ad adeguare le scuole esistenti ai nuovi bisogni, lascia il sapore amaro del solito disinteresse con cui le istituzioni guardano all’agenzia educativa per eccellenza. Da sempre maltrattata ed economicamente depotenziata. Ad essa ci si affida per curare la crescita culturale delle nuove generazioni, ma nella generale incertezza. Ci saremmo aspettati nuovi spazi e strutture, indirizzi adatti all’anno scolastico in arrivo, anche rispetto ai programmi disciplinari e agli orari di lezione. Nuovi assunti per le esigenze raddoppiate delle classi da dividere nella prossima stagione, che vedrà diverse migliaia di pensionamenti ed i soliti duecentomila precari. 

Se puntare sull’istruzione costituisce un requisito indispensabile per lo sviluppo di un Paese, non si può dire che la scuola post Covid delineata dal Ministero sia sulla strada giusta. Piuttosto, non se ne intravedono le linee. Nella speranza che qualche orientamento più concreto possa venire dalle prossime contrattazioni sindacali.  

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