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La riapertura delle scuole, in Campania fissata per il 24 settembre, una decina di giorni dopo rispetto alle altre zone del Paese, pare essere finalmente diventata una delle questioni centrali dell'attuale dibattito italiano. Con notevole ritardo, si deve riconoscere, nei confronti di altre nazioni più preveggenti, che hanno fatto già importanti passi verso l'adeguamento delle norme antivirus alla situazione strutturale dei propri istituti scolastici. Qui, in Irpinia, tra endemica carenza di fondi e la proverbiale superficialità con cui si affrontano i temi del diritto all'istruzione, a cui si deve aggiungere lo stato confusionario che caratterizza le politiche ministeriali in materia, i tempi appaiono ulteriormente dilatati. Tanto che la Provincia, ridotta ad ente di secondo livello, solo ieri 9 luglio ha deciso darsi da fare per ottimizzare i due mesi circa che ci separano dalla ripresa delle attività. Con molte incognite. In buona parte legate all'applicazione delle fumose Linee guida emanate dagli esperti del dicastero guidato dal ministro Lucia Azzolina. Il problema dei problemi di più difficile soluzione è quello di assicurare gli spazi idonei al distanziamento fisico, all'impossibilità di mantenere in piedi "classi pollaio" di oltre 20 alunni, nel rispetto delle disposizioni di sicurezza in un frangente in cui il coronavirus resta vivo e vegeto, con l'autunno in cui la pandemia potrebbe tornare ad essere ancora più virulenta, se non arriverà il vaccino.

Il raddoppiamento delle aule e di conseguenza del personale docente, da sottoporre a controlli seriologici e tamponi, costituisce dunque una priorità essenziale. Ma, al momento, nessun istituto della provincia, a quanto pare, ha avviato i necessari lavori di ristrutturazione. Né tantomeno si è provveduto alle richieste assunzioni. E così si continua a scherzare col fuoco e con la salute di migliaia di lavoratori della scuola, tra insegnanti, bidelli e amministrativi, oltre che degli studenti irpini.

Sicché aver ascoltato un'intervista su Primativvù-Telenostra al presidente della Provincia, Domenico Biancardi ha fatto aumentare notevolmente le preoccupazioni. Si sa che l'Ente possiede strutture destinate all'istruzione ed è chiamato alla manutenzione delle scuole secondarie, mentre è il Comune ad essere impegnato nella cura delle scuole d'infanzia e primarie. Ma il presidente, con un ripetuto giro di parole, ha lasciato intendere che i fondi destinati alle scuole sono ridotti al lumicino o non ce ne sono affatto. Eppoi, mancano le necessarie deleghe da parte del governo per operare gli interventi necessari. Non resta dunque, per il primo cittadino di Avella, che affidarsi ai presidi chiamati a farsi sentire presso il Ministero della Pubblica Istruzione, perché si sblocchino finalmente i finanziamenti, al momento a zero.

Dichiarazioni, quelle di Biancardi, che stridono non poco con l'ottimismo con cui lui stesso aveva salutato nuove iniziative a favore del Liceo scientifico "P. S. Mancini", riportato di ricente nella sua sede centrale di via De Conciliis, chiusa per lungo tempo. E soprattutto con quello che nella stessa giornata di ieri affermava, seppur con una buona dose di attendismo, il delegato provinciale all'Istruzione, Giacquinto, annunciando l'inizio dei lavori, a comininciare dall'incontro a Palazzo Caracciolo con i vari dirigenti delle scuole irpine.

Insomma, non c'è da rimanere tranquilli, mentre i giorni passano ed il personale scolastico insieme ai nostri studenti continuano a vagare nell'incertezza di come sarà il ritorno in classe il prossimo 24 settembre.