PONTE MAMMOLO

IL 29 NOVEMBRE SI VOTERA' LA SFIDUCIA A BONDI


ROMA - L'Aula della Camera esaminerà il prossimo 29 novembre la mozione di sfiducia dell'opposizione nei confronti del ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, avanzata dopo il crollo della Domus dei Gladiatori nel parco archeologico di Pompei. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. L'esame della mozione è stato richiesto dal Pd, che ne ha preteso la calendarizzazione nello spazio riservato all’opposizione nel calendario di novembre, ritirando la mozione sulle madri in carcere.IL PDL INSORGE - Dura la reazione del Pdl: «Lo consideriamo - ha denunciato il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto al termine di oltre un’ora di riunione dei capigruppo con il presidente Gianfranco Fini- una grave lesione dell’accordo istituzionale che era stato raggiunto sulle mozioni riuguardanti la fiducia al governo a garanzia dell’approvazione senza traumi della legge di stabilità, anche in considerazione della delicata situazione economica internazionale». «La mozione di sfiducia al ministro Bondi - ribatte invece deciso il capogruppo Pd Dario Franceschini che ha chiesto e ottenuto il voto comunque sulla mozione di sfiducia individuale al ministro - non c’entra assolutamente nulla con l’intesa istituzionale raggiunta e che noi intendiamo rispettare». LO SCENARIO - Il ragionamento del centrosinistra è che un conto è la sfiducia all'esecutivo, perché un voto ad esso sfavorevole ne comporterebbe la caduta con la conseguente apertura di una crisi che avrebbe ripercussioni sui mercati (di qui l'intesa sul voto rimandato a dopo l'approvazione della finanziaria); cosa ben diversa la sfiducia individuale, che toccherebbe il solo Bondi. Dal punto di vista politico, però, il voto su Bondi potrebbe dimostrare l'esistenza di una maggioranza variabile: molti esponenti finiani che a dicembre potrebbero convincersi a sostenere Berlusconi e la sua squadra potrebbero avere meno remore - come del resto annunciato nei giorni scorsi - ad esprimere un voto contrario sull'operato del ministro. Il quale, dal canto suo, aveva già ribadito in aula di non sentirsi responsabile per i fatti di Pompei. In caso contrario, aveva detto, «sarei statoio stesso a rassegnare le dimissioni».