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Il labirinto esoterico

Post n°68 pubblicato il 06 Agosto 2015 da angi137
 
Foto di angi137

 

IL LABIRINTO ESOTERICO

 

Se nel labirinto medievale è impossibile perdersi, col passar dei secoli la sua struttura si fa assai meno universale. Più legata al quadrato, e dunque alla terra, piuttosto che al cerchio e al cielo. Al centro non aspetta la liberazione dell'anima dai vincoli della carne, ma il tesoro della conoscenza, l'albero del bene e del male, l'oro dell'alchimista.

Non si entra più nel labirinto per liberarsi del peccato, ma è lo stesso entrarvi peccato di superbia, di qui la facilità di perdersi. Eppure quanto fascino in questa sfida!

Come lo si affronta? Certo, la mappa facilita assai le cose e i punti di riferimento sono abbastanza chiari da rendere improbabile perdersi a lungo, ma è inevitabile pensare all'esilarante avventura del labirinto di Hampton Court narrata da Jerome. In alternativa si possono provare i suggerimenti di frate Guglielmo da Baskerville nel Nome della Rosa di Eco.

Quello che alla fine risulta abbastanza chiaro è che il Labirinto della Masone, fatto costruire da Franco Maria Ricci nei pressi di Fontanellato, è una specie di gioco esoterico. Intanto è fatto di bambù, pianta che cresce in fretta, eccellente per creare boschetti impenetrabili, ma lontanissima dall'idea ordinata e irreggimentata del giardino all'italiana. Tuttavia i suoi vialetti ombrosi sono una gradevole alternativa alla canicola della Bassa padana in agosto e il suo simbolismo non può che irretire con la sua apparente (solo apparente) semplicità.

Dunque ci avventuriamo, muniti di mappa, all'interno di questo spazio concreto e illusorio insieme, dove inevitabilmente ci si perde, ma altrettanto facilmente si ritrova la strada. Quando, dopo un girovagare in cui l'orizzonte si chiude in un verde riposante, arriviamo alla corte centrale, lo spettacolo si fa sorprendente, non solo perché lo sguardo si apre in un'ampia corte vuota, ma perché ci troviamo davanti ad una serie di edifici dalla geometria settecentesca che sembrano usciti da un trattato di alchimia.

La piramide, prima di tutto, elevata a supremo simbolo esoterico da quando gli Arcani Maggiori si appropriarono di un'improbabile ascendenza egizia, e dentro la piramide però spuntano un labirinto medievale (quello dove NON ci si perde) e un altare barocco posto al centro di un'abside luminosa. Poi il rettangolo degli edifici che la circondano, le colonne a pianta quadrata, i pieni e i vuoti, le luci e le ombre studiate con grande cura. Nulla a che vedere con il fasto rinascimentale della costruzione all'ingresso, piuttosto la proiezione di un'idea che diventa pietra e la solidità della pietra che ritorna idea, il tutto ammantato da un velo di mistero leggermente teatrale, da chiromante.

Dopotutto, si esce dalla tenda della chiromante ridendo e scrollando le spalle con fare superiore, nessuno però ammette mai che  il brivido resta nella pelle con la forza delle possibilità inespresse. E se...

Meglio, allora, incantarsi alla grazia un po' manierista delle statuine déco, al lusso estetico di Erté, alla potenza primigenia di Ligabue. Meglio gustare una buona cucina emiliana servita con raffinatezza, contadina col vestito della festa, e poi uscire col senso di trionfo di chi ha sconfitto il labirinto, ma col dubbio di esserne, in realtà, stati sconfitti per sempre.

 

 

 
 
 
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