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Post N° 55

Post n°55 pubblicato il 30 Maggio 2007 da settoreprc

La Pianificazione Territoriale

La pianificazione territoriale in Italia non è mai stata oggetto di attenta valutazione interdisciplinare. Per valutazione interdisciplinare si intende l'analisi delle medesime dinamiche territoriali attraverso angolature differenti. Diviene pertanto essenziale studiare il territorio dal punto di vista economico, geografico, geopolitico, sociale,urbano, storico, ambientale mbientalee culturale.
A monte di ogni progetto di pianificazione dello sviluppo del territorio deve esserci una visione di medio e lungo periodo che riguardi non solo il settore dell'intervento (per esempio un intervento di natura economica) ma che pensi al "divenire" del territorio in questione per tutto ciò che lo concerne.
Un territorio è inclusivo di ogni azione umana che vi avviene e quindi ogni intervento di pianificazione ne tocca inesorabilmente, in modo più o meno diretto, il tessuto sociale. Questo accade in un gioco di ripercussioni di scale di cui è difficile controllare tutti gli effetti.
Uno degli elementi chiave della pianificazione territoriale, nel nuovo contesto istituzionale sia legislativo che consuetudinale, è proprio il bisogno di prendere in considerazione gli interventi che ciascun attore politico e amministrativo attua al proprio livello.
Ogni
intervento deve prima di tutto prendere in considerazione le diversità contenute sul proprio territorio e quindi "calibrare" il tiro rispetto a questo; al tempo stesso deve prendere in considerazione le strategie dei comuni della stessa provincia. I Sindaci, per quanto spesso limitati dalle proprie capacità finanziarie, hanno una propria linea di sviluppo, spesso si uniscono con altri comuni e riescono a mettere in atto diverse azioni d'intervento. E' necessario prendere in considerazione questi elementi nel rispetto del principio di governance e quindi nella ricerca di un certo tipo di consenso, visto che oramai è impensabile qualunque tipo d'intervento verso il basso senza prendere in considerazione i bisogni delle comunità amministrate.
 

L
a scala di principio per la pianificazione territoriale è quella regionale, ma senza con questo intendere che la Regione è la sola depositaria delle decisioni di Pianificazione. L'idea è quella di disegnare un'idea comune di pianificazione alla quale tutti si rifanno, comprese le Provincie e i Comuni, che restano sicuramente sovrani delle loro scelte. Quello che conta è che si abbia un "progetto" comune di sviluppo nel quale ciascuno si inserisce evitando decisioni conflittuali o comunque incoerenti tra loro.

 
 
Spesso gli enti locali, quando si trovano in conflitto con un ente "superiore" da un punto di vista di scala istituzionale, invocano il principio di sussidiarietà, ma in realtà si tratta di un alibi dietro il quale ci si nasconde per fare quello che si vuole.
La sussidiarietà non vuol dire che ciascuno attua il suo progetto in modo cieco nei confronti del contesto in cui opera. Lo sviluppo locale, la coesione territoriale, la protezione dell’ambiente, sono tutte cose che si raggiungono positivamente solo se esiste un progetto comune di sviluppo: nel caso contrario si ottiene solo dispendio di risorse finanziarie e disgregazione dei territori.


Una visione d'insieme e di sviluppo coerente è non importante ma vitale proprio per la preservazione del territorio stesso (e si intende con la parola territorio tutto ciò che vi accade e vi vive: a cominciare dalle persone!).
Se gli enti non dicono chiaramente dove vanno e che progetto hanno per il futuro a lungo termine, questi stessi interventi si fanno nella sordità comune e con i danni colossali che si possono facilmente immaginare.
La Geopolitica interna aiuta, come metodo d'analisi, a dirimere tutti questi problemi, che sono sempre dei conflitti tra attori politici. Con l'analisi geopolitica si possono cercare di capire le rappresentazioni e i progetti altrui, sui vari livelli di scale e quindi cercare di adottare una linea di sviluppo condivisa; un progetto articolato nei suoi interventi, che prenda in considerazione le diversità territoriali e che riguarda le attività produttive, come l'urbanistica o la paesaggistica ambientale. Questo è un approccio già diffusissimo nel resto dell'Unione Europea ed è auspicabile che prenda sempre più piede nelle strategie degli Enti Locali e Nazionali di questo Paese: una democrazia occidentale che ha la pretesa di essere la quinta potenza industriale del mondo non può non avere una sua visione del divenire del suo territorio e questo comincia proprio dalle Regioni le quali devono ricordarsi di avere un territorio e non solo uno spazio.

La Programmazione Economica



Le azioni delle amministrazioni pubbliche, nei differenti livelli istituzionali, costituiscono lo strumento d'intervento strettamente correlato agli obiettivi programmatici. In particolare, la necessità che l'autorità pubblica intervenga nella vita economica e sociale della collettività, allo scopo di promuovere lo sviluppo territoriale, appare oggi come ieri, incontestabile. Se negli anni 1948-1990 le azioni delle amministrazioni pubbliche italiane, in un sistema centralista e a finanza derivata, sono state caratterizzate dal continuo intervento dello Stato nell'economia e dalla gestione diretta delle attività economiche, le profonde trasformazione dell'ultimo decennio, consentono di asserire oggi, che è generalmente ammesso che sull'autorità pubblica debba incombere la responsabilità di promuovere un piano di sviluppo coerente con le proprie funzioni e i propri compiti, fino a curarne l'attuazione.

La necessità dell'intervento statale per la promozione, la regolazione e la guida dei processi di sviluppo territoriale, determina come logica conseguenza l'utilità di una programmazione corretta.

Programmazione significa coordinare l'intervento delle amministrazioni pubbliche al fine di conseguire gli obiettivi stabiliti nella fase di definizione delle strategie strettamente connesse agli obiettivi politici.


In altre parole, un piano di programmazione consiste di un insieme di obiettivi da raggiungere, di strumenti da utilizzare per raggiungere questi obiettivi e di uno schema logico che ne esprima le relazioni, cioè di un modello.

Gli obiettivi rappresentano risultati economici, sociali, ambientali che chi formula il piano, ritiene in relazione alle strategie e agli obiettivi politici, importante raggiungere. Inoltre per garantire un'adeguata efficacia del piano, occorre che esso sia flessibile, che sia impostato in relazione a un orizzonte temporale sufficientemente esteso e allo stesso tempo continuamente adattato in relazione alle variazioni delle prospettive. In tale accezione quindi, il piano non può che essere comprensivo di tutti i settori economici, sia pubblici che privati.

Le ragioni teoriche per cui un corretto sistema di programmazione appare necessario ai sistemi economici moderni, sono figlie di antiche esigenze sempre attuali (come le incertezze sui livelli di crescita e i rischi potenziali di diseconomie esterne) e nuove esigenze strettamente correlate alla nuova architettura istituzionale (coordinamento tra i diversi livelli istituzionali, valutazione dei costi, coinvolgimento di capitali privati). Proviamo a sintetizzare in questo schema le definizioni:

Incertezze sui livelli di crescita. Eliminare gli effetti che l'incertezza può avere sui livelli di crescita di un paese o di un singolo territorio, favorendo un maggiore e qualitativamente miglior coordinamento tra i vari programmi produttivi.
Rischi relativi a diseconomie esterne. Fornire una formulazione efficiente delle decisioni più opportune in relazione alle diseconomie esterne che provocano nuove e impreviste decisioni di operatori privati e pubblici; un caso classico di questa esigenza è rappresentato dai problemi ecologici.
Coordinamento tra i livelli istituzionali. Il coordinamento tra i diversi livelli (Unione Europea, Stato centrale, regioni, province e comuni) nei sistemi di programmazione influisce positivamente nella definizione di comuni linee di sviluppo e nell'adozione di strumenti omogenei.
Valutazione dei costi. Valutare i costi che il perseguimento dei singoli obiettivi comporta al fine di programmare per tempo la capacità di spesa e la gestione delle politiche di sviluppo.
Coinvolgimento dei capitali privati. E' questo infine il punto d'approdo della nuova programmazione. Il coordinamento sulle diverse scale (istituzionali e territoriali) deve consentire un maggior coinvolgimento dei capitali privati nei progetti di sviluppo.

Se queste, appena esposte, rappresentano le ragioni teoriche sottostanti il concetto di programmazione, le finalità che la stessa si propone di cogliere sono:

1. la piena ed efficiente occupazione delle risorse; non solo c'è la necessità che tutte le forze di lavoro siano occupate, ma vanno fatti tutti gli sforzi per tentare di occuparne quante più è possibile al più alto livello di rendimento e remunerazione.
2. Il miglior assetto territoriale delle attività produttive al fine di evitare spopolamenti di alcune aree e congestioni di altre.
3. Un più rapido sviluppo di alcuni consumi e servizi essenziali, fino al raggiungimento di livelli o standard che possono essere considerati adeguati rispetto al confronto con la media comunitaria.
4. Una più corretta distribuzione dei redditi al fine di ridurre le disuguaglianze ed un mantenimento, nello stesso tempo del saggio di crescita che, se lasciato in balia dei processi di sviluppo, potrebbe subire per effetti delle inevitabili ciclicità pericolose flessioni.

Queste finalità, si rivelano compatibili e suscettibili di armonizzazione solo se considerate nell'ambito di un periodo di tempo sufficientemente lungo; solo da un'analisi delle finalità e della loro reciproca compatibilità può essere definito il periodo di tempo necessario per il conseguimento delle stesse: la programmazione, in ultima analisi, ci consente, in qualunque sistema economico, di rispondere a tali esigenze.

 

 

 
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