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Precari:"malpagati e senza tutele".


Una ricerca dell’Eurispes su un campione di 446 lavoratori atipici tra i 18 e i 39 anni, ha evidenziato come ansia e stress siano il risultato automatico di una vita e non solo di un’occupazione “precaria”. Il 61,7% degli uomini ed il 62,8% delle donne tra gli intervistati hanno sempre lavorato con contratti atipici; non si tratta solo di giovani tra i 18 e i 25 anni, ma anche e soprattutto di persone che hanno già raggiunto la piena maturità ( il 66,9% tra i 26 e i 32 anni ed il 67,8% tra i 33 ed i 39 anni). Il 57% degli uomini ed il 52% delle donne lavora con l’attuale datore di lavoro da un periodo di tempo considerevole. L’atipicità in questi casi è ormai diventata permanente, mentre l’idea di un inserimento a tempo indeterminato sembra rimasta uno”slogan”. Il tutto per un segmento lavorativo molto qualificato: il 55,9% degli intervistati è in possesso di un master o specializzazione post-laurea, l’83,2% è LAUREATO. Gli effetti sulla vita e sulla possibilità di progetti a lunga scadenza sono spesso drammatici: ottenere un mutuo per una casa si presenta come un problema per il 71% degli intervistati, l’89,7% è celibe o nubile mentre appena il 6,5% ha uno (3,4%) o più figli (3,1%). Anche la salute ne risente tra ansia (52% per le donne contro il 37% degli uomini) s e lo stress ( 56% contro il 32%) e frequenti stati depressivi. Tutto il futuro è del resto avvolto nell’incertezza tanto che il 71% delle donne pensa che a termine dell’esperienza lavorativa la pensione sarà inesistente o comunque insufficiente. Prima della previdenza preoccupa soprattutto lo STIPENDIO, “irregolare” e “basso”: il 75% percepisce una retribuzione mensile entro i 1000 euro netti e i 2/3 sono insoddisfatti del loro reddito; mancano le “tutele sociali” e quelle “sindacali”: anche fare sciopero e ammalarsi più che diritti sono problemi. “La flessibilità purtroppo in ITALIA è stata interpretata soltanto come possibilità per l’imprenditore di modificare in qualsiasi momento le condizioni del rapporto di lavoro con il proprio dipendente e non come strumento per rendere flessibile l’organizzazione del lavoro”.