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IL GRILLO MILIONARIO DEI PRECARI è INDIGNATO.

Nella sua Genova direbbero che «o meize de ciòule o ven pe tutti». Il periodo delle cipolle (e quindi delle lacrime) viene per tutti. Anche per Beppe Grillo, più abituato a sudare che a piangere. Per mandare in crisi il governo ombriciattola di Savonarola è bastato poco: giusto l’ennesimo intervento sul sito. Che stavolta però ha raccolto ben pochi proseliti tra gli adepti dei «vaffa» e che rischia di diventare un boomerang tra quanti già contestavano al comico l’invito all’astensione in occasione delle elezioni politiche. Tutto nasce dalla presenza del reddito di Grillo nella tabella pubblicata da Italia Oggi: nel 2005, nelle sue tasche sono finiti 4.272.591 euro. Come Maurizio Costanzo, il triplo di Caltagirone, più di quanto dichiarato da Santo e Donatella Versace insieme. Vuoi per l’attenzione molto zeneize alle palanche, vuoi per un’improvvisa passione per la privacy dopo mesi di strali contro i truffatori, fatto sta che Grillo si indigna: «È una follia. Dopo l’indulto, questo ex governo di imbelli, presuntuosi e deficienti fornisce ai criminali le informazioni sul reddito dei contribuenti. Pagare le tasse così è troppo pericoloso, meglio una condanna per evasione fiscale. Scriviamo a Tremonti perché ristabilisca le regole». Insomma, fuoco e fiamme contro l’operazione trasparenza, tacciata di fomentare «odi familiari», «rapine in villa» e racket. Fuoco e fiamme spente tuttavia dai suoi discepoli, allibiti, delusi o adirati. «La mafia non ha bisogno di internet. Caro Beppe, hai qualcosa da nascondere? ». «Devi fare il bastian contrario anche quando ci sono aperture sulla trasparenza? La gente poi si stanca. Anche di te».«Vogliamo la libertà di informazione? Questa era la volta giusta. Hai sbagliato». Quel che secca ai grillini è che da lui, censore del malcostume, ci si aspettava un plauso all’apertura. Invece, ecco che Grillo si avvita sul suo livore e strepita. C’è chi rilancia e chiede di «allungare» la lista di Visco, chi chiede al comico un prestito, chi lo prega di dare «una risposta più riflessiva». Il clima che si respira è ben teso e i commenti negativi si moltiplicano. C’è il caustico Leonardo Perazza: «Sputtanato in pieno! Sei peggio di Wanna Marchi, ecco qual era lo scopo delle tue chiacchiere». Facciamoci il V-Day 3, anche contro Grillo, se lui non è d’accordo!». Perché a Genova dicono pure «sciuscià e sciorbì no se pêu». Soffiare e succhiare non si può. Come non si può fondare un blog al grido di «Internet è la nostra unica speranza» e poi indignarsi se in rete ci finiscono i propri guadagni. Non è che la trasparenza è diventata di parte come i giornalisti?

 

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Europa: non c'è lavoro!

Post n°64 pubblicato il 26 Settembre 2008 da disokkupatiprekari

Nero. Il colore che i lavoratori europei associano al loro futuro lavorativo è mai come ora il nero. Tanto che molti di loro, stando ai sondaggi fatti un po’ ovunque, si sentono poco produttivi perché costretti a convivere con la paura di essere mandati a casa da un giorno all’altro. In Europa il tasso di disoccupazione ha smesso di scendere dopo tre anni di incremento lieve ma continuo. A dirlo sono i risultati del Labour Market Review della Commissione Europea. Ma il futuro prossimo è ancora più cupo: per l’ultimo trimestre dell’anno la percentuale di disoccupati del Vecchio Continente rischia addirittura di tornare a salire.

Ma cosa c’è alla base di questo preoccupante scenario? Le turbolenze globali dell’economia e della finanza in primis, ma secondo gli analisti della Commissione in troppi Paesi il mercato del lavoro è statico e legato indissolubilmente a regimi di flessibilità sempre più marcata. Effettivamente l’unico dato con il segno “+” davanti in Europa è quello relativo ai precari (anche se in decelerazione rispetto ai mesi scorsi). Questo si riflette sul potere d’acquisto e, a catena, su quelle aziende che ora si trovano in crisi per via della brusca diminuzione della domanda. Paura di rimanere a casa dunque, che in alcuni Paesi si sta trasformando in psicosi: nel Regno Unito si prevede che due milioni di persone si ritroveranno senza lavoro entro fine anno. In Italia le cose vanno male dall’inizio dell’anno (oocupazione a solo + 0,1%).

Giovani senza lavoro oltre ogni previsione   Dopo la stroncatura dell’Ocse al nostro sistema scolastico, arriva anche la tirata d’orecchie della Banca Centrale europea in materia di lavoro giovanile e formazione. In generale, i giovani disoccupati stanno crescendo oltre le previsioni in tutta l’area euro (15,3% in base ai dati 2007). Ma questi dati europei, precisa la Bce, sono figli di situazioni di Paesi come il nostro, dove la disoccupazione nella fascia tra i 15 e i 26 anni fa segnare picchi (18,6% nel 2007) che non si registravano dal 1983. Francoforte punta il dito sulla scuola, i cui problemi sono alla base delle difficoltà per i giovani di trovare una loro via. «Un elevato livello di formazione è fondamentale per sostenere l’occupazione delle nuove generazioni ». Ma la causa scatenante, per la Bce, sono «le regolamentazioni che irrigidiscono il mercato del lavoro: rigidità salariali, lavoro flessibile che spesso diventa sfruttamento e mancanza di tutela dei lavoratori. Bisogna intervenire».

 
 
 

Orientarsi nel mondo del lavoro!

Post n°63 pubblicato il 19 Maggio 2008 da disokkupatiprekari

Chi consegue un titolo di studio, diploma o laurea, non è pienamente a conoscenza di quali opportunità tale qualifica gli offra o di quali approfondimenti potrebbe avere necessità per intraprendere un percorso lavorativo. Una volta terminati gli studi è importante effettuare un’autovalutazione cercando di mettere a fuoco interessi e motivazioni, considerando tutte le conoscenze acquisite nella formazione scolastica ed evidenziando le eventuali carenze, che dovranno successivamente essere colmate. Suggerisco pertanto di prendersi uno o due giorni di pausa e riflessione isolandosi in una zona tranquilla, o in alternativa, ritagliarsi uno spazio mentale sgombro da pensieri, al fine di indagare serenamente dentro se stessi. È questo il momento per “tirare fuori” tutto quanto abbiamo dentro in termini di aspettative per il futuro. Avremo in tal modo un quadro più chiaro della nostra persona e del nostro potenziale: ciò ci permetterà di rivolgerci all’esterno con maggior consapevolezza. Sarà necessario a questo punto fare delle verifiche, chiedere consigli e suggerimenti a persone più mature che hanno intrapreso diversi percorsi professionali. Esiste, inoltre, la possibilità di rivolgersi a dei professionisti dell’orientamento. Una volta acquisite più informazioni possibili cercheremo di proporci al mondo del lavoro. Consiglio, almeno inizialmente, di prendere in considerazione tutte le opportunità di lavoro che ci vengono offerte purché ci sia la possibilità di apprendere e di fare esperienze varie e diversificate, in modo da capire se stiamo percorrendo la strada giusta e di svolgere con entusiasmo il lavoro affidatoci, scegliendo di investire sulle nostre capacità e ponendo in secondo piano, in questa fase, l’entità del rapporto economico. È inoltre importante ribadire che per molte aziende oggi l’unica risorsa davvero preziosa è quella umana. Le assunzioni quindi non vengono mai lasciate al caso, ma viene richiesto sempre più spesso l’intervento di un esperto. Le società che operano nel settore della selezione del personale oltre a ricercare le persone giuste devono svolgere un servizio di consulenza, assistere le aziende nel pianificare lo sviluppo delle carriere, aiutandole a definire piani di crescita professionale personalizzati, valorizzando e incentivando nel tempo i propri collaboratori e dipendenti. Il compito fondamentale di chi opera in questo campo diventa allora quello di aiutare ad identificare questi percorsi in base ad una diagnosi approfondita delle esigenze, capacità, propensioni, esperienze e aspirazioni personali di ognuno e ad un’analisi attenta delle opportunità concretamente offerte dal mercato della formazione e del lavoro.

 
 
 

La Soddisfazione nel lavoro!

Post n°62 pubblicato il 19 Maggio 2008 da disokkupatiprekari

È scontato e semplicistico affermare che si lavora per far fronte alle proprie esigenze economiche. Ma il lavoro, perché sia gratificante, va visto con altri occhi. Spesso non ci fermiamo a riflettere sui ritorni positivi che il lavoro ha su ognuno di noi. Dal mio punto di vista, chi vuole avere un giusto approccio col mondo del lavoro deve vedere in esso la realizzazione di una parte importante della propria persona e trovare nel lavoro un’autogratificazione, come persona inserita in un contesto produttivo e sociale. Ognuno di noi è un anello della catena della vita e deve dare il proprio contributo, cercando di mantenere un buon equilibrio interiore e un buon rapporto con gli altri. Per stare bene una persona deve sentirsi soddisfatta del proprio lavoro e vedere riconosciute ed apprezzate le proprie capacità nel contesto in cui opera. L’autostima di ciascuno di noi è legata a diverse aree: la sfera affettiva, lavorativa e sociale si intrecciano per formare l’immagine che ognuno di noi ha di se stesso. Anche chi per varie circostanze non ha “bisogno” di lavorare per vivere, vuole comunque essere parte attiva ed integrante della società e si fa promotore di attività utili a se stesso e a chi lo circonda. Chi viceversa si sente costretto a lavorare solo sulla base del bisogno o fa qualcosa che non lo gratifica in alcun modo, finisce per sentirsi frustrato e rendere il proprio lavoro sterile. Un’altra parte importante della vita lavorativa è la socializzazione che avviene nel momento in cui si instaura un regime di interscambio tra le persone: dare e ricevere informazioni per un arricchimento reciproco. Non solo è importante continuare a ricercare nuove conoscenze per migliorarsi, ma lo è altrettanto trasmettere agli altri quanto si è appreso per creare valore aggiunto. Il coinvolgimento nella circolazione delle idee all’interno del gruppo di lavoro è la testimonianza principale di un buon funzionamento dello stesso.

 
 
 

Rai: ecco l'orgia del potere!

Post n°61 pubblicato il 16 Maggio 2008 da disokkupatiprekari

Centoquattordici parrucchieri, 67 addetti ai camerini, 66 arredatori, 61 falegnami, 34 consulenti musicali, 36 scenografi, un'orchestra leggera di 16 elementi che non viene utilizzata da anni. Numeri "pesanti" quelli che l'Espresso pubblica in un ampio servizio dedicato alla Rai, un servizio su quella che viene chiamata "l'orgia del potere". Nell'inchiesta emerge una "radiografia della scandalosa gestione della televisione pubblica".

Una tv di Stato con un esercito di 13.248 dipendenti e che conta anche oltre 43mila contratti di collaborazione. Numeri che vengono dall'interno della Rai, perché - a quanto si sa - riportati nero su bianco in un corposo documento dal titolo "Situazione dell'organico del Gruppo Rai" messo a punto dal cosiddetto Comitato istruttorio per l'Amministrazione, emanazione diretta dell'attuale Cda Rai e composto in formazione bipartisan da Sandro Curzi, Marco Staderini, Nino Rizzo Nervo e Giuliano Urbani.

Comitato da cui arriva anche la raccomandazione di verificare "la capacità dei capi" di gestire risorse umane e processi produttivi. Raccomandazione anch'essa pesante. Chi e perché abbia passato, e proprio ora, al settimanale il documento non è dato saperlo. Certo è prevedibile l'ennesima ondata di commenti e reazioni.

Quei numeri iniziali sono - dice l'Espresso - esempi limite del mare magnum della popolazione Rai, fatta di 9.889 contratti a tempo indeterminato per la capogruppo (11.250 in totale) e di 1.998 contratti a tempo determinato per produzione e gestione. Un totale di 13.248, "quanto gli abitanti di Lavagna; il doppio di quelli di Asolo; la metà di quelli di Enna", scrive il settimanale, parlando di "radiografia aritmetica della stratificazione elefantiaca della televisione di Stato, gravata da anni di blocchi, clientelismi, raccomandazioni. Un minuzioso elenco che snida figure antropologiche-spot, presenti, non si sa perché, soltanto in alcune sedi".

E gli esempi arrivano: un geometra, ma solo a Firenze; cinque annunciatori tra Bolzano, che ne ha tre, e Trieste, che ne ha due. Poi arrivano i numeri relativi agli addetti ai piani alti di viale Mazzini: in 28 alla segreteria del Cda d'amministrazione, in 49 alla Direzione generale (compresi i distaccati verso società del gruppo), in 397 ai Servizi generali, in 114 alla Pianificazione controllo, in 142 all'Amministrazione e 133 all'Amministrazione e Abbonamenti, in 679 alle Riprese pesanti, in 252 alle Risorse umane con 21 dirigenti di fascia alta.

Lo studio del Comitato istruttorio per l'Amministrazione non fa sconti: "Abnorme il numero delle strutture a diretto riporto dal vertice. Duplicazioni di attività. Onerosa rete di controllo formale sulla cui efficacia è legittimo nutrire più di un dubbio. Eccessiva polverizzazione delle testate giornalistiche che non ha confronto con gli altri servizi pubblici europei".

L'organico è fatto poi anche di giornalisti: tra contratti a tempo indeterminato e determinato sono 1.771 (di cui 54 vice direttori, quasi cinque per ognuna delle 11 testate). Quindi 931 programmisti-registi, 76 aiuti registi, 476 assistenti ai programmi. La somma dei dipendenti di Rai Way, gestore degli impianti tv e radio (nata nel 2000, ha 648 addetti) e Sipra, la concessionaria di pubblicità, arriva a 1.405 persone. Il documento muove obiezioni anche al numero di squadre di riprese: 22, dislocate nel territorio, non ha pari in nessun broadcaster pubblico o privato in Europa.

Quanto alla radio, tra programmi, Gr e Gr Parlamento si tocca quota 754 persone. Di Raitalia, ex Rai International, diretta da Piero Badaloni è detto che ha 39 giornalisti assunti (e quasi altrettanti a tempo determinato), di cui 22 sono "graduati" e cinque hanno qualifica e stipendio di vice direttori. La rete nell'insieme conta 152 persone, quanto RaiDue (153) e poco meno di RaiTre (166), scrive L'Espresso. "Un numero sorprendente visto che RaiUno, l'ammiraglia di viale Mazzini, ne ha 206".

E Rai News 24 diretta da Corradino Mineo ha un organico di 122 persone, di cui 94 giornalisti: "solo dieci in meno di quelli del Tg5 di Mediaset", dice ancora il settimanale. Che aggiunge: "Il canale satellitare allnews rappresenta una risorsa nevralgica, anche per il futuro digitale. Ma lo share non brilla e nella sfida con l'aggressivo Tg24 di Sky (39 edizioni di telegiornali giornalieri che L'Espresso dice essere seguitissimi, 141 giornalisti), in progressivo boom di ascolti, arranca.

Anche nel paragone con gli altri tg, dove la stratificazione di personale è già degna di nota, come il Tg3 (104 giornalisti, in tutto 140 persone) o il Tg2 (126 giornalisti su 167 addetti), la squadra di Mineo appare più che consistente". E persino "il Confronto dei confronti", cioè quello con il Tg1, testata diretta da Gianni Riotta, "la dice lunga", perché il Tg1 conta 136 giornalisti (su un totale di 180 persone). Cioè "solo 40 in più di Rai news". E non manca Televideo, diretto da Antonio Bagnardi: 96 persone a disposizione, di cui 49 giornalisti. Oppure Rai Parlamento, cui L'Espresso assegna una virtuale "palma di platino per la più alta densità di graduati".

E poi i dati della Tgr diretta da Angela Buttiglione: 851 persone di cui 689 giornalisti. E il Coordinamento delle sedi regionali (che non si occupa dei centri di produzione sparsi per il Paese) conta 656 dipendenti. E' vero che la Rai è obbligata a dare voce alle 21 regioni, come notano a viale Mazzini, ma - dice il settimanale - "1.507 addetti rappresentano un numero più che pulp". 

C'è poi il capitolo cause di lavoro: mille quelle in corso, 100mila euro il costo medio di ognuna, 150 circa l'anno quelle in cui la Rai viene sconfitta (15 milioni di euro circa tra avvocati e risarcimenti). Motivi? Soprattutto il reintegro delle funzioni e i riconoscimenti del lavoro precario, "vero motore propulsivo e produttivo dell'azienda che deve a questa forza buona parte della messa in onda dei programmi". Eppure la Direzione produzione Rai conta 3851 persone. E qui scatta il confronto con il numero di dipendenti del Gruppo Mediaset, che arriva a 4635 unità, di cui 4506 a tempo indeterminato.

Ma nonostante la mole del personale (che, secondo le previsioni, entro il 2009, è destinato ad aumentare di altre 1732 unità, a meno di nuove soluzioni gestionali e sindacali), il 22% delle produzioni Rai è affidato all'esterno. Di qui le conclusioni degli analisi, ovvero insistono nella necessità di una pianificazione strategica con regole aziendali rigide "che impongano alle direzioni editoriali - scrivono, e L'Espresso riporta - di saturare prioritariamente le risorse interne. E di verificare, vista la significativa dimensione d'organico, con una doverosa, attenta ricognizione, la loro affidabilità professionale e la capacità dei 'capi', a ogni livello di responsabilità, di governare uomini e processi produttivi".

 
 
 

Tasse, un italiano su 4 non paga!!

Post n°60 pubblicato il 16 Maggio 2008 da disokkupatiprekari

Oltre 9,6 milioni di contribuenti dichiarano un reddito nullo. Se si considera che il totale è di quasi 40 milioni, in pratica un connazionale su 4 non paga le tasse. La scoperta viene da un'inchiesta del settimanale Panorama. Nei dettagli, meno della metà di questi non-contribuenti sono pensionati con la minima e famiglie indigenti con assegni sociali, altri non hanno realmente reddito, altri ancora guadagnano meno dei 7.500 euro (no-tax area) e altri ancora sono finti poveri.

Non bastava la pubblicazione on line dei 730 del 2005 dei contribuenti italiani da parte dell’Agenzia delle entrate. Dopo quella bufera che aveva scatenato il Garante della Privacy e magistratura, un'altra polemica è destinata ad abbattersi sul Belpaese.

Panorama rivela che il 25 per cento degli italiani non deve neppure compilare il 730. Ma, tra questi, se si escludono le categorie che effettivamente hanno entrate nulle o limitate (anziani, disoccupati, famiglie numerose) si nascondono coloro che invece si concedono lussi come la casa, la barca e vacanze in località esotiche.  

Anche nel reddito d'impresa c'è chi non versa nulla all'Erario: il 3,4% circa del 25% di cui sopra. 

Panorama ha poi analizzato per aree geografiche dove si collocano questi poveri e ha confermato la spaccatura tra Nord e Sud anche in fatto di tasse. Nella classifica per regioni, la Sicilia è la prima: i contribuenti a reddito zero sono il 36,8 per cento del totale. La seguono Calabria (36,1%), Molise (35%), Basilicata (34%), Campania (33,9%), Puglia (33%): cioè territori in cui oltre un terzo della popolazione dichiara un reddito nullo sia sulle persone fisiche (Irpef) sia nel reddito d’impresa.

La città con meno contribuenti attivi è Enna, dove il 42,43 per cento degli abitanti non paga. La seguono Agrigento con il 42,37%, Caltanissetta al 40 per cento, Crotone al 39 per cento e Benevento al 38,9%. Le percentuali aumentano invece risalendo verso il Centro e il Nord della penisola. All'altro capo della classifica, la Lombardia presenta il 16,6 per cento di persone esentasse, in Val d’Aosta, Emilia Romagna e Piemonte il 17%, in Veneto il 19%, in Toscana il 19,6% e il 25 per cento nel Lazio.

In testa ai capoluoghi con un maggior numero di cittadini attivi nel versare le imposte si trova Bologna: solo il 13,99 per cento non paga le tasse. Milano è seconda in classifica, con il 14% di non dichiaranti, seguita da Lodi (14,6%). Le prime 61 province con minor numero di dichiarazioni a reddito zero sono tutte del Nord e Centro.

Considerando poi le professioni, in Italia 689.348 aziende (il 17,61%) rientrano nella no-tax area. Le categorie agricole sono in testa a quelle meno abbienti. I pastori sono i meno redditizi in assoluto con l’84 per cento che non versa neanche un centesimo all'Erario; seguono i coltivatori di piante ornamentali all’83%; agricoltori e allevatori al 70 per cento; coltivatori di ortaggi al 73% e i coltivatori vitivinicoli al 51 per cento. Insoliti anche professionisti con attività ritenute remunerative: avvocati (l’11,9% dichiara zero) e architetti (11%); esercenti di bar (15,9%) e ristoratori (21,3%), parrucchieri (8%) e costruttori edili (21).

Quanto all'età dei connazionali che non versano nulla alle casse dello Stato sono perloppiù anziani oltre i 70 anni: il 34,21% di loro non deve neppure un euro, seguiti a sorpresa dai 40-60 enni (26%), dai 20-40 enni (22,45%), dai 60-70 enni (15,69%) e dai più giovani (0-20 anni) con l'1,62%.

 
 
 
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Un blog di: disokkupatiprekari
Data di creazione: 17/09/2006
 
 

VOLTAIRE

 Il lavoro allontana da noi tre grandi mali:

LA NOIA, IL VIZIO ed IL BISOGNO!!

 

OBIETTIVO DEL BLOG!!

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro"....
Per troppi anni questo articolo era ed è rimasto inattuato.
Per troppi anni abbiamo dovuto sopportare le ingiustizie, le umiliazioni, che derivano dalle stesse definizioni, ormai di uso comune di "status di disoccupato" o di "precario".....
Per troppi anni noi cittadini abbiamo dovuto assistere, impotenti, alla debacle della politica, dei sindacati, delle organizzazioni imprenditoriali, delle agenzie interinali e delle aziende, che si sono spartiti il potere di decidere sulla nostra vita, sul futuro nostro e su quello dei nostri figli.    

BASTA alla disoccupazione e alla precarietà e basta allo sfruttamento con scuse che non hanno più senso....abbassare il costo del lavoro sulle nostre vite è un'ingiustizia che si sta rivelando fallimentare per nascondere i bachi che il nostro Paese ha, facendo pesare tutto sui più deboli, contratti di ogni tipo e leggi inadeguate si stanno rivelando tali, noi che sognamo una casa ed una famiglia ed un lavoro che ci dia dignità e soddisfazione personale, perchè vogliamo vedere i nostri sforzi e sacrifici riconosciuti VERAMENTE!
SEI DISOCCUPATO O LAVORATORE PRECARIO INSODDISFATTO? SEI IL BENVENUTO TRA NOI......E' ORA DI CAMBIARE LE COSE CON I FATTI E CI STIAMO MUOVENDO PER TE E PER TUTTI COLORO CHE VOGLIONO UNA VITA DIGNITOSA.
VIENI CON NOI!

Siamo soli quando tutti ci dicevano e ci dicono: "mi dispiace, noi abbiamo bisogno di gente con esperienza"

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