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L'allume è stato considerato un minerale importante e utile fin dall'antichità. Tuttora viene impiegato nell’industria tessile, in medicina, nella produzione della carta e nella depurazione delle acque. Ma nel XV secolo, quando lo stato pontificio era un grande produttore di allume, questa industria fu al centro di una vertenza di carattere religioso. Secondo quanto scrive il prof. Giorgio Nebbia nel Messaggero dell’11 febbraio 1984, "il papa Paolo II, succeduto a Pio II, nell’aprile 1465 promulgò un anatema ‘merceologico’ che imponeva ai cristiani di tutta Europa, pena la scomunica, di usare soltanto l’allume papale. La scusa", prosegue lo studioso, "era costituita dal fatto che i proventi delle imposte sull’allume erano destinati a finanziare una grande crociata contro i Turchi". Per un certo periodo l’unica concorrenza importante fu quella del Regno di Napoli che estraeva l’allume a Pozzuoli, ma "più tardi i Papi ottennero la chiusura delle miniere di Pozzuoli per operare... in condizioni di monopolio assoluto". Quanto era diverso il modo di operare di allora nel campo economico rispetto a quello odierno? "Con quest’imposta sulle esportazioni di una materia prima ottenuta in condizioni di monopolio i Papi si procuravano soldi più o meno con la stessa logica con cui operano oggi i paesi esportatori di petrolio".