RELI JOHN

BRAVO TETTAMANZI, MA NON SULLA SCUOLA !


Ieri il cardinale Tettamanzi ha inaugurato il Convegno di Verona con un discorso che contiene vari spunti degni di nota. Ha richiamato “lo stile del Vaticano II”, caratterizzato dalla capacità da parte della Chiesa di parlare al mondo “con speranza” (e non solo “di speranza”). Ha citato Paolo VI, che il 7 dicembre 1965, chiudendo il Concilio, ne “esaltava l’atteggiamento «volutamente ottimista» e lo indicava come stile tipico della Chiesa”: «Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo». Ha infine parlato del ruolo dei laici nella Chiesa, specificando che è l'ora di passare dalla teoria alla pratica.Insomma, il discorso mi è piaciuto. Ma un particolare non mi convince. Potrebbe sembrare una minuzia, ma dal mio punto di vista non lo è affatto.Il cardinale ha detto che nella società odierna si registra “un’interruzione o un rallentamento dei canali ecclesiali classici di trasmissione della fede, come la famiglia, la scuola, la stessa comunità cristiana”.Mi chiedo: da quando la scuola costituisce un “canale ecclesiale classico di trasmissione della fede”? E come può assolvere a tale funzione? Forse attraverso l'Insegnamento della Religione Cattolica (IRC)? O attraverso l'opera educativa della Scuola Cattolica? Non è chiaro.Non riesco proprio a capire come la scuola possa essere intesa come un "canale di trasmissione della fede".